Diritti
“Che il veleno possa diventare medicina”, intervista a Vladimir Luxuria
Dopo il faccia a faccia fra Asia Argento e Vladimir Luxuria avvenuto nella puntata di Carta Bianca del 12 dicembre, sui social si è scatenata la tempesta, che ha investito soprattutto l’attivista foggiana. Luxuria, cinque giorni dopo la trasmissione, ha postato sulla sua pagina Facebook un lungo messaggio di scuse ad Asia Argento, al quale l’attrice ha risposto con un tweet di sorellanza, e pace è stata fatta. Ma cosa ha portato a un retro front così intenso e alla scelta di farlo pubblicamente? L’abbiamo chiesto direttamente a Vladimir.
Dopo la puntata di Carta Bianca, abbiamo letto il tuo post di scuse ad Asia Argento: cos’è successo?
Avevo cominciato a vacillare già dietro le quinte della trasmissione, mentre sentivo Asia parlare con Bianca Berlinguer, e nonostante io fossi stata invitata proprio per le opinioni che avevo già espresso, ho cominciato a dubitare delle mie idee. Poi sono entrata e mi sono seduta di fronte ad Asia, che giustamente mi guardava con rancore, e la la verità è che nonostante io mi fossi resa conto della sua sincerità, non sono riuscita a cambiare atteggiamento in corsa e a chiederle scusa. Meno ci riuscivo e più mi arrabbiavo con me stessa e ho convogliato quella rabbia nei suoi confronti. Da quel momento mi sono sentita come risucchiata in un vortice negativo dal quale non credevo sarei mai riuscita a uscire, ho riguardato la puntata e ho visto una persona incattivita e severa nella quale non mi riconoscevo. Ho cominciato a stare male, non dormivo e non riuscivo a concentrarmi su nulla. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’incontro con una donna che si è confidata con me riguardo una violenza subita, sulla quale ha mantenuto il segreto per tanti anni. Nelle sue lacrime ho rivisto quelle di Asia, che non avevo saputo leggere quando era davanti a me. Sono stata malissimo, anche perchè non credevo fosse così difficile chiedere scusa, ma alla fine ho trovato la forza di farlo. Detto ciò, non ritengo che tutto sia risolto con questo gesto, sto ancora elaborando e ne sto uscendo un po’ alla volta, ma da quando l’ho fatto mi sono liberata da un peso. Ringrazio chi mi ha creduta ma non biasimo chi non l’ha fatto, perchè so cosa significa essere diffidente. A loro dico: tenetemi d’occhio e vi mostrerò che sono sincera, voglio essere in prima fila come sono sempre stata, dalla parte delle vittime e per chi ha subito violenza, di ogni tipo.
Ti aspettavi da parte di Asia una risposta così accogliente?
Avevo già sperimentato la sensibilità di Asia, io e lei ci conosciamo da tempo, ma era da molto che non ci frequentavamo. Diciamo che me lo auguravo ma non lo davo per scontato, e certo non immaginavo la sua immediatezza. Immagino che lei si aspettasse quel tipo di attacchi da altre persone ma non da me, la prontezza della sua risposta dimostra che mi ha creduta e penso che quel passaggio sia stato un sollievo anche per lei.
Meno male che ha accettato le mie scuse!
Tra le tante reazioni, nei commenti online è emersa anche una bella dose di violenza e transfobia, che online imperversano: come ti senti al riguardo?
Stavo così male che, a dire la verità, questo aspetto è passato in secondo piano. C’è tanto odio in rete e noi non dobbiamo prestare il fianco a queste persone, nemmeno quando sono “dalla nostra parte”.
Alcuni sostenitori di Asia hanno utilizzato linguaggi e argomentazioni transfobiche, un livello al quale lei ha il merito di non essere mai scesa nonostante il male che le ho causato. Anche alcune persone che mi davano ragione l’hanno fatto con argomentazioni e linguaggi che non mi rappresentano. Certamente ho fatto arrabbiare e deluso tanta gente, ma non li giustifico per i loro toni o per le cose offensive che hanno scritto.
Alle offese non presto attenzione, bisogna imparare a farsele scivolare, mentre sono state davvero utili le riflessioni – anche molto severe – di chi con me ha condiviso percorsi di vario tipo e quelle degli amici, perchè le critiche mi hanno aiutata a rinforzare la consapevolezza che stavo via via acquisendo.
La violenza contro le donne e l’omotransfobia vengono dalla stessa forma mentis, il patriarcato, che ritiene che l’essere umano maschio, bianco, eterosessuale e sano sia il modello base dell’umanità e tutti gli altri siano esseri minori o difettati. Il nemico è comune, ma non si riesce a fare fronte comune: secondo te perché?
E’ una realtà concreta ed evidente, i Paesi in cui le donne hanno meno libertà sono anche quelli in cui omosessualità e transessualità sono più pesantemente sanzionate. Dove una donna non può guidare o muoversi liberamente, anche le libertà riguardo identità di genere e orientamento affettivo / sessuale non sono rispettate.
Misoginia, omofobia e transfobia vanno di pari passo, perchè chi pensa che essere maschio eterosessuale sia un punto di riferimento e tutto il resto inferiorità, assume un atteggiamento ostile riguardo tutti gli altri.
Vorrei che tutto questo veleno potesse trasformarsi in medicina, ma per farlo dobbiamo sostenendoci e ricordare sempre che non esiste una gerarchia delle sofferenze. Chi ha sofferto per questo, come le persone trans (perchè questo sistema ritiene che se nasci uomo non puoi “diventare donna”, che sia una scelta degradante), deve sostenere tutte le donne che hanno sofferto per altri motivi e viceversa. Mi piacerebbe che quello che è successo potesse servire a farci camminare mano nella mano, nelle piazze come nella vita.
Un altro nemico che hanno in comune donne e persone lgbt è il giudizio, o il pregiudizio. Ma, pur subendolo forse più di altre categorie, non siamo immuni all’istinto di giudicare le vite e le scelte degli altri. Secondo te perché non impariamo da ciò che abbiamo subito sulla nostra pelle?
Purtroppo lo so bene, anche io che ho sempre combattuto contro il pregiudizio alla fine ne sono stata artefice.
In questo momento nel dibattito interno al movimento LGBT ci sono questioni importanti e molto divisive, come la GPA (gestazione per altri, o “utero in affitto”) sulla quale mi sono molto interrogata, e alla fine credo che dovremmo cercare di evitare di farci guidare da egoismi, certezze assolute e prese di posizione dogmatiche. Abbiamo bisogno di unità, di liberarci dell’idea che qualcuno di noi possieda la verità e di cercare di ascoltare davvero gli altri, sforzandoci di confrontarci su tutto e di comprendere le ragioni altrui. Ricordiamoci che dividerci e litigare ci indebolisce e rafforza i nostri nemici, perciò la battaglia deve essere comune, persone LGBT ed etero solidali, tutti insieme.
Un altro nodo su cui spesso ci si scontra sono le definizioni, ma abbiamo solo le parole per capirci e quindi dobbiamo necessariamente partire da lì. Spesso vengono comparate o contrapposte due categorie di donne: le “native, biologiche, cisgender” e le “trans, transessuali, transgender”. Difficile dire diverse e difficile dire uguali: tu come la vedi?
Naturalmente ci sono tante differenze: è chiaro che una cisgender essendo nata donna non può conoscere cosa significhi cercare di ribadire il proprio diritto di diventarlo, e dall’altro lato non sarà una sorpresa se dico che non so cosa sia un ciclo mestruale o cosa significhi avere la consapevolezza e la potenzialità di diventare madre o di avere un seno che potrà allattare. Ma non sono differenze che mi portano a sentire chi è nata donna come lontana o altro da me, forse si può dire che la solidarietà è donna. Ecco, aldilà delle differenze, direi che per me diventare davvero donna significa riuscire a essere solidali fra noi.
Come saprai, dopo il caso Weinstein sono diventati virali gli hashtag #metoo e #quellavoltache, con i quali le donne di tutto il mondo hanno raccontato le molestie subite, e le dimensioni (e la pervasività) del problema sono diventate evidenti agli occhi di tutti. Come donne lgbt subiamo una doppia discriminazione e l’incidenza per noi aumenta. Che ne pensi?
Conosco bene questa “doppia tassa”, anche perchè ho tante amiche lesbiche e ho visto la rabbia che può provocare nell’uomo dominatore la notizia che due donne non lo considerano indispensabile, è una consapevolezza che fa cadere la sua fallocrazia come il monumento del dittatore, per lui è inconcepibile essere escluso. Quando ero direttrice artistica di Mukkassassina dovevo spesso intervenire per difendere coppie di donne da uomini etero, più o meno ubriachi, che davanti a un bacio si sentivano autorizzati a farsi avanti e non riuscivano ad accettare un rifiuto. Una volta, più o meno in questo periodo, mi sono presa anche un pugno che mi ha conciata per le feste appena prima di Natale! E’ una questione di educazione, tanti ragazzi crescono nutrendosi di video pseudo lesbo dove a un certo punto arriva il lui di turno e “si mette in mezzo”, secondo un’atavica e irreale visione patriarcale.
Ma la realtà è ben diversa da questi film e quando alcuni uomini ci si scontrano non riescono a farsene una ragione, perchè manca ancora una corretta educazione alla sessualità.
Di solito dopo i grandi scossoni si guadagna un nuovo orizzonte o si estende quello esistente: cosa ti piacerebbe sapere che ti aspetta, nel tuo futuro?
La mia carriera è un misto tra contesti impegnati e altri un po’ meno, che è poi anche la vita in generale ad essere fatta così. Vorrei tornare ad esprimermi maggiormente sui temi che hanno contraddistinto la mia militanza iniziale e poi mi piacerebbe fare teatro. Vorrei poter ascoltare in contesti pubblici le voci delle donne sui temi che ci riguardano. Penso che il giorno – speriamo presto – che avrò la possibilità di condividere la mia sensibilità ed esperienza con quella di altre donne in una battaglia comune per la dignità, mi farà sentire, come tante mi hanno scritto in questi giorni, “bentornata fra noi”.
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