Diritti
Università: più donne con lauree scientifiche ma pagate meno degli uomini
Rispetto alle percentuali internazionali le iscrizioni alle materie ad indirizzo tecnologico, ingegneristico e matematico rimangono sotto il 40%. Con una busta paga dopo cinque anni di lavoro che vede per le persone di sesso femminile almeno 200 euro mensili in meno rispetto ai maschi. Un andazzo che si conferma anche nelle professioni ereditate in famiglia
Le laureate nostrane nelle materie scientifiche con indirizzo tecnologico, ingegneristico e matematico, pare proprio non riescano a reggere il confronto con le colleghe straniere. Eppure, sono quelle che, rispetto agli uomini, conseguono più risultati brillanti. Quando si parla di numeri occupazionali, o di prospettive di carriera, le eccellenze accademiche sembra siano relegate ad un ruolo marginale, con una busta paga mensile media per le donne, che vede almeno 200 euro in meno rispetto agli uomini.
Il 60% sul totale degli studenti universitari laureati presso gli atenei italiani è donna. Sebbene, si siano intavolate battaglie per abbattere pregiudizi e stereotipi sociali ormai cronicizzati da diversi anni, la differenza di genere, è in grado di condizionare le persone di sesso femminile nella scelta della propria carriera accademica ad indirizzo scientifico (tecnologico, ingegneristico e matematico). In una finestra temporale di 10 anni, si è avuto un +4,9% di laureate in Ingegneria Civile, per esempio, un +4,8% in Ingegneria Industriale, ma un -4,8% in Statistica e un -8,6% in Matematica. E stando all’ultimo rapporto Anvur (agenzia governativa per la valutazione delle università), sarebbe inferiore al 40% la percentuale di donne iscritte a facoltà universitarie di natura scientifica. Benché, le laureate in queste materie percepiscano stipendi più alti rispetto alle colleghe di altri corsi, i guadagni sono comunque inferiori rispetto agli stessi uomini.
Ancora, i dati diffusi dal Focus di Almalaurea sul divario di genere, parlano di un guadagno mensile medio per le donne pari a 1.720 euro a fronte di 1.984 degli uomini. Il corso di studi che sembrerebbe offrire i migliori margini di guadagno è Informatica. Ma, trascorsi 5 anni dalla laurea, una donna percepirebbe almeno 300 euro in meno rispetto ad un omologo di sesso maschile, pur avendo conseguito un voto accademico conclusivo più alto del collega uomo (1.793 euro a fronte di 2.085 euro), 102, 8 di media contro 102,3. E così continuando per l’Ingegneria Industriale. ecc.
Circa la questione di alcuni pregiudizi e stereotipi sociali contro cui si cerca di combattere da diversi anni, la situazione che si registra all’interno della nostra popolazione, risulta ancora più impietosa. Le laureate proverrebbero per la maggior parte dalle famiglie meno abbienti, molto spesso sono anche i primi componenti del nucleo familiare a conseguire un diploma di laurea. E, perfino quando si tratta di professioni ereditarie, come per esempio in caso di notai, medici o avvocati, quindi liberi professionisti, sono molto meno le figlie al posto dei figli (33,9% donne contro 45,4 % uomini, sempre secondo i dati di AlmaLaurea).
“Noi siamo gli ultimi per occupazione femminile, per fecondità, ma la Costituzione italiana tutela la parità di condizione. Io mi domando: ma la gente che paga meno le donne degli uomini sa che sta andando contro la Costituzione italiana?”
Queste sono stata le parole l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi, in una recente intervista.
Occorre rammentare che il principio della parità salariale è sancito dall’articolo 37 della Costituzione italiana e stabilisce che “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”. Tuttavia, il divario di genere soprattutto da un punto di vista salariale che le donne si ritrovano a dover vivere ancora oggi è una questione tutt’altro che superata.
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