Diritti

Una nuova guerra di religione in Ucraina?

30 Agosto 2024

Pertanto condanniamo come non ortodosso e respingiamo qualsiasi insegnamento che incoraggi la divisione, la sfiducia, l’odio e la violenza tra i popoli, le religioni, le confessioni, le nazioni, gli stati. Inoltre condanniamo come non ortodosso e respingiamo la demonizzazione di coloro che lo stato o la società considera “altri”, compresi gli stranieri, i dissidenti politici e religiosi, altre minoranze sociali stigmatizzate…E’ particolarmente malvagio condannare altre nazioni attraverso speciali petizioni liturgiche della chiesa, elevando i membri della chiesa ortodossa e le sue culture come spiritualmente santificati in confronto agli “eterodossi” carnali e secolarizzati  (Dichiarazione sulla dottrina del “Mondo russo”, 13 marzo 2022, sottoscritta da 65 teologi ortodossi)

In Ucraina alla guerra militare si sta  sovrapponendo una guerra di religione in un panorama assai complesso e frutto di una secolare storia di conflitti.

I cristiani ortodossi sono circa il 72% della popolazione totale. Di questi circa il 40% sono fedeli dell’Arcivescovato ortodosso di Kiev, chiesa autonoma nell’ambito del patriarcato di Mosca; l’altra chiesa, il patriarcato di Kiev, rappresenta il 55% dei fedeli circa.

La prima è guidata dal metropolita Onufry, conta 9000 parrocchie ed è accusata di essere filorussa e di collaborare con i russi, nonostante la guerra. In realtà gode di uno statuto di ampia autonomia e si è dichiarata indipendente, pur preservando il legame spirituale con il patriarcato di Mosca.

L’altra chiesa ortodossa, diretta dal metropolita Epifanio, con 8500 parrocchie, ha ricevuto il tomos di autocefalia (di autogoverno) dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Questa chiesa autocefala ucraina si pone così sullo stesso piano delle altre chiese ortodosse, ma è avversata dal patriarca di Mosca Kirill che considera l’atto di Bartolomeo un abuso e con lui ha rotto ogni relazione. La Chiesa autocefala ha raccolto vescovi e parrocchie prima autonome e alcune provenienti dalla giurisdizione di Mosca.

Ad arricchire il quadro c’è in Ucraina, specie nella parte occidentale, anche una Chiesa greco-cattolica che pratica il rito bizantino, come le altre, ma è unita a Roma. Violentemente soppressa dai sovietici nel 1946, fu incorporata in quella ortodossa, perché accusata di essere al servizio del Papa e dell’Occidente. Le parrocchie furono costrette a votare il passaggio all’ortodossia e i preti e i vescovi incarcerati e condannati.

Vi fu una legalizzazione di questi credenti, alla vigilia dell’incontro tra Giovanni Paolo II e Michail Gorbačev (1° dicembre 1989) che restituì la libertà religiosa ad alcuni milioni di fedeli; ma questa ricomparsa dalla clandestinità delle comunità greco-cattoliche aprì un lungo contenzioso, a tratti violento, con le comunità ortodosse per la proprietà degli edifici di culto. La tensione tra le due chiese condusse anche a uno stallo nel dialogo teologico ortodosso-cattolico.

In Ucraina vi è anche la presenza di piccole minoranze di cristiani armeni, luterani e battisti.

Il 20 agosto, il Parlamento ucraino ha messo al bando la Chiesa ortodossa ucraina che non ha rotto il legame spirituale con il patriarcato di Mosca. Un collaboratore del presidente Zelensky ha affermato che «non può esservi una Chiesa moscovita in Ucraina». La nuova legge pretende entro nove mesi una chiarificazione del rapporto con Mosca e spinge le parrocchie ad entrare nell’altra Chiesa ortodossa, anche se la posizione ufficiale di Onufry è stata di condanna dell’aggressione ucraina e ad oggi nella sua liturgia, non viene più ricordato il nome del patriarca di Mosca Kirill.

Il provvedimento contro la Chiesa ortodossa (legata a Mosca) trova consenso nel patriottismo di un Paese aggredito dai russi. Viene motivata con il fatto che un’organizzazione religiosa non può dipendere da un ente con sede in un paese in guerra con l’Ucraina.

Ma sorgono vari dubbi, il più importante è se la nuova legge non limiti la libertà religiosa.

Domenica 25 agosto all’Angelus il Papa è intervenuto in modo deciso: «Non si commette il male perché si prega. Se qualcuno commette un male contro il suo popolo, sarà colpevole per questo, ma non può avere commesso il male perché ha pregato. E allora si lasci pregare chi vuole pregare in quella che considera la sua Chiesa. Per favore, non sia abolita direttamente o indirettamente nessuna Chiesa cristiana. Le Chiese non si toccano!».

Il Consiglio ecumenico delle chiese (sorta di ONU del dialogo e della fraternità dei cristianesimi con sede a Ginevra) ha espresso con chiarezza perplessità sulla legge approvata dal Parlamento ucraino: «Né i crimini di alcuni individui, né le affiliazioni storiche di una particolare entità religiosa, possono essere una base sufficiente per misure equivalenti a punizioni collettive di una comunità religiosa vivente e devota in Ucraina. Il governo dell’Ucraina è responsabile della protezione dei diritti di tutti i suoi cittadini».

L’Ucraina non è solo un paese con una storia tragica, ma è anche un incrocio di culture, di religioni, di lingue, di eredità storiche, legate da un lato all’Occidente e dall’altro alla Russia: un laboratorio possibile, sia sul piano religioso sia sul piano politico, di un’unità che provi a non soffocare le minoranze, ma lasci a ciascuno la sua voce. 

A patto che i credenti insieme cerchino (e così giungano a persuadere la politica) di recuperare nella propria memoria non solo l’amarezza delle reciproche ferite, ma anche il luminoso esempio di cristiani esemplari della loro lunga storia.

Semen Franck, uno dei principali rappresentanti della filosofia religiosa russa, fu braccato dai sovietici, considerato nemico incorreggibile, e nel 1922 costretto all’esilio a Berlino. Lì venne identicamente braccato dai nazisti perché, pur convertito al cristianesimo, restava pur sempre un ebreo. Nel 1930 trovò rifugio in Francia e poi a Londra. A novembre del 1942 arrivò a dire: «In questa terribile guerra, in questo caos disumano che ormai regna nel nostro mondo, il vincitore, alla fine dei conti, sarà quello che comincerà a perdonare per primo».

 

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