Diritti
Una lite tra ragazzini è una notizia? Se sono rom sì
Due gruppi di ragazzini si prendono a parolacce sulla metro, urlano un po’, secondo un testimone “volano calci e pugni”. Un solerte passeggero riprende la scena e la posta su Facebook. Il Corriere.it non perde tempo e la pubblica con il titolo: “Metrò, lite tra bande di ragazzini rom”. Non fosse stato per quell’ultima parola il materiale sarebbe passato inosservato. E invece uno dei più importanti quotidiani d’Italia decide di metterlo online.
Nel breve filmato si vedono in lontananza delle figure alte non più di un metro e venti che gesticolano alzando la voce, in una lingua sconosciuta ai più; poi l’immagine si blocca su tre di loro che scendono a una fermata.
Queste scene bastano al giornale per decidere che un battibecco tra quelli che sono poco più che bambini sia in realtà una “lite tra bande”. Probabilmente se si fossero mandati al diavolo in romanesco al massimo si sarebbero sentiti sottovoce commenti del tipo “che maleducati i giovani di oggi”, ma due lettere in meno fanno la differenza e dei ragazzi che parlano romanes diventano i pericolosi componenti di bande.
Cosa non si fa per un pugno di click. Insieme alle gallery dei gattini, gli articoli sui rom assicurano visualizzazioni, soprattutto se confermano il pregiudizio che li associa a fenomeni delinquenziali. Lo spazio riservato ai commenti diventa immediatamente lo speaker’s corner in cui si susseguono insulti di ogni genere verso gli zingari, ormai riconosciuti dai più come causa della maggior parte delle disgrazie nel mondo.
Nel caso in questione, però, il tentativo sembra fallire. Mentre scriviamo il video ha un solo commento: “Grazie Marino, PD e SEL! Diamogli pure le case popolari”. Nulla di originale, il binomio edilizia residenziale-rom è un altro must per il commentatore professionista che schifa i campi nomadi, ma non vuole che i rom abbiano un’abitazione. “A casa loro” è la soluzione di solito proposta. E a nulla serve spiegare che molti di loro sono italiani, che Romlandia non esiste e che rom e rumeni non sono sinonimi. Insomma, i pregiudizi non mancano e di certo non c’era bisogno di soffiare sul fuoco del razzismo già grandemente attizzato. Triste che a farlo sia stato un importante quotidiano nazionale.
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