Diritti

Un nuovo e più aggressivo antisemitismo

25 Gennaio 2025

La celebrazione della Giornata della Memoria acquista quest’anno un significato che va molto al di là di una doverosa ritualità, si tratta infatti non solo di rianimare il ricordo di una tragedia che nella storia universale non ha raffronti perché “la dignità umana – come recentemente ha detto da monsignor Janus S. Urbańczyk – non venga mai più calpestata” ma, proprio per il riemergere di un rinnovato e diffuso antisemitismo la cui portata, rovinosa per la nostra idea di democrazia e di convivenza sociale, dai più viene sottovalutata ( e perfino, negata), di fare ancora una volta di quel ricordo che, qualcuno vorrebbe appannare, una concreta lezione, un monito per le generazioni presenti e future.

E questo perché,  in corrispondenza dei drammi che, dopo la disumana strage del 7 ottobre, sta vivendo la Palestina, l’antico livore antigiudaico – quella “persistente largamente inconscia di tracce di una antica e tenacissima giudeofobia, che tende a riprodurre diffidenza e sospetto” così l’ha definita luigi Manconi – nutrito di tanto scorrette che tendenziose narrazioni, negli ultimi mesi, è tornato a segnare anche le nostre piazze, esprimendosi in episodi di gravissima intolleranza nei confronti del mondo ebraico e degli italiani d’origine ebraica.

Livore e odio antigiudaici, sempre più diffusi, non hanno, infatti, risparmiato neppure i luoghi di culto come è recentemente accaduto a Bologna dove, da una teppaglia ignorante e violenta, è stata vandalizzata la locale sinagoga. “Se un ebreo sbaglia, scrive Edith Bruck, tutti gli ebrei sbagliano”, per gli ebrei la responsabilità non è più infatti personale ma si muta in responsabilità generale, l’errore del singolo appartiene a tutti, si tutti gli ebrei sono responsabili dell’errore del singolo ebreo. È il caso di quanto sta, appunto, accadendo in seguito, ai fatti di Palestina, per i quali si ragiona come se tutti gli ebrei del mondo fossero unanimemente concordi, o peggio complici, delle decisioni e azioni, più o meno opinabili, attribuibili ai governi di Israele.

Questo  pericoloso antisemitismo che, tradizionalmente, ha trovato spazio e quasi esclusivo ascolto in quella brutta destra estrema, di stampo fascista, oggi si espande, a macchia d’olio, trovando piena accoglienza, fino a divenirne patrimonio, anche a sinistra, soprattutto in quella alternativa, dentro la quale l’atteggiamento antigiudaico viene giustificato da un tanto vecchio che indegno stereotipo, quello dell’ebreo senza cuore – avaro, sporco e brutto – come il Fagin, il ricettatore e sfruttatore nella cui rete finisce il giovane Oliver Twist del romanzo di Charles Dickens. Proprio questa sinistra volutamente identifica, in modo tanto superficiale che infido, l’ebreo con il denaro e il capitalismo per cui, come atto rivoluzionario, anche le azioni più indegne nei confronti degli ebrei trovano ampia giustificazione.

Caso eclatante di questo modo di porsi della sinistra è quello, ad esempio, di Jean-Luc Mélenchon, leader del partito Insoumise con molti fan in Italia. Mélenchon si è, infatti, pubblicamente rifiutato di condannare la carneficina di cui si è reso responsabile il gruppo di Hamas proprio il 7 ottobre 2023.

Anche in Italia stiamo, dunque, vivendo, come denunciava già nel 2016 Jonathan Sacks, rabbino capo d’Inghilterra, una nuova fase, la terza, dell’antisemitismo. “Nel Medioevo, ha scritto Sacks, gli ebrei erano odiati per la loro religione, nel XIX secolo e all’inizio del XX per la loro razza. Oggi invece per il loro Stato nazione, Israele.” Ad arricchire queste forme di antisemitismo hanno contribuito giovani immigrati musulmani, anche di seconda generazione, che sempre più caratterizzano le ormai quotidiane manifestazioni pro-Palestina (in realtà veri e propri spettacoli di antisemitismo) che attualmente infiammano le nostre piazze.

Non si dimentichi che nella civilissima Milano, per bocca di costoro è risuonato il disgustoso grido “Aprite i confini, uccidiamo gli ebrei!” a cui, nella laica Bologna, si è associato un “Rivedrete Hitler all’inferno!”, campeggiante a caratteri cubitali in un cartello portato in giro da arrabbiati dimostranti.

Oggi, inoltre, la cronaca si arricchisce di una novità, mi riferisco al fatto che questo antisemitismo figlio, e ritorniamo a Manconi, della inconscia e tenace giudeofobia che aveva pudore a esprimersi nella pubblica platea, viene invece fuori ed esternato con cinica improntitudine fino a farsene vanto, è il caso di taluni intellettuali alla moda, che cinicamente esibiscono al petto con orgoglio la medaglia dell’antisemitismo per essere accettati nei circoli che contano.

Di questo rinvigorito antisemitismo, la cui portata, ripeto, qualcuno tende a minimizzare il peso, bisogna invece avere paura, sentirlo come minaccia e in quanto tale, soprattutto in questa Giornata della Memoria, richiamare le istituzioni pubbliche e private a farsene carico.

Appare, dunque, di grande attualità ciò che, in occasione di una di queste giornate celebrative, scrisse il presidente Giorgio Napolitano circa la “necessità di condurre una battaglia ininterrotta e conseguente contro l’antisemitismo in qualsiasi sua veste e forma…[una battaglia] non separabile da quella aberrazione storica e anche l’ideologica dell’antisionismo, vero e proprio travestimento dell’antisemitismo, al cui rifiuto si rende formale ossequio, ma che in realtà si esprime negando le ragioni storiche della nascita stessa dello Stato di Israele, e quindi della sua vita indipendente e della sua sicurezza”.

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