Diritti
Tutto può cambiare, di Andrea Riccardi
Un protagonista della storia contemporanea del nostro Paese, senza ombra di dubbio Andrea Riccardi, storico e lucido intellettuale, merita di essere considerato tale sia per la profondità degli studi sulla storia del cristianesimo sia per l’impegno sociale, e quindi politico, che ha spiegato nell’arco di mezzo secolo.
Il suo nome è legato alla Comunità di Sant’Egidio, un sodalizio di impegno “maturato nelle periferie umane e urbane del mondo. Di questa storia così densa di impegni, vissuta con profondità di fede cristiana, ci racconta “Tutto può cambiare” un libro intervista ma, piuttosto una conversazione, con un raffinato teologo come don Massimo Naro.
Il libro è stato presentato a Palermo nella splendida cornice della Chiesa di Santa Maria della Catena, capolavoro rinascimentale di Matteo Carnalivari, davanti ad un’affollata assemblea dall’arcivescovo Corrado Lorefice.
Con garbo e sapienza ne ha illustrato i contenuti lo stesso Andrea Riccardi che, parlando dell’esperienza di Sant’Egidio e dei suoi cinquant’anni dalla fondazione ha ribadito la necessità di essere “consapevoli che il passato c’entra con il presente non meno di quanto il presente c’entri con il passato”.
Riflessione dunque sulle origini ma anche proiezioni sul futuro; un futuro su cui si addensano le paure del cambiamento indotte da una globalizzazione che, troppo spesso, non trova una corretta interpretazione.
Anche Massimo Naro, vero e proprio coautore piuttosto che intervistatore, ha dato una sua interpretazione dell’opera evidenziando tre punti che emergono in modo chiaro dalla lettura delle quasi trecento pagine del libro.
Il primo punto riguarda la forma stessa del testo, Naro ha infatti tenuto a sottolineare che non si tratta, come già si è accennato, di un libro intervista, ma di un conversare insieme un modo per incrociare storie e riflessioni che nulla hanno a che fare con il cosiddetto “botta e risposta” ma che diventano “uno scambio di vedute sulle cose che ci stanno intorno.”
Il secondo punto riguarda la consapevolezza di puntare ad aspirazioni alte, dove le radici profonde sostanziano l’impegno, nel caso in specie della Comunità di Sant’Egidio.
Terzo punto è quello di guardare al lavoro fatto non come contemplazione e soddisfazione per i risultati raggiunti, ma come spinta ad “andare avanti”, culturalmente e spiritualmente guardando alla realtà in trasformazione facendosi soggetti stessi di cambiamento.
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