Diritti
Tutti solidali con Erri De Luca ma nessuno che difenda «Pro Vita» dai gay
In queste ore moltissimi che non amano Erri De Luca, che lo detestano come scrittore, ad esempio Christian Raimo, che lo considerano uno speculatore di sentimenti (sempre Raimo e immaginiamo molti altri), si dicono inorriditi per quegli otto mesi che il pubblico ministero vorrebbe infliggergli, sabotando lui il codice penale ma soprattutto il senso del ridicolo di cui parrebbe non disporre neppure in misura minima.
In questi e in molti altri casi, nel nostro paesone vige un’abitudine neppure troppo simpatica e in fin dei conti anche un filo discriminatoria. Per difendere Tizio, la possibilità ch’egli possa esprimere le sue idee, in nome dei sacri principi di libertà intellettuale, si deve inevitabilmente premettere che il medesimo ti è sempre stato ampiamente sui coglioni, che delle sue opere, delle sue idee, delle sue parole, non hai mai condiviso nulla, così da assegnare uno spessore morale ancora più ragguardevole allo sforzo che ci metti nel difenderlo. È una forma di fastidiosa autocertificazione estetico-morale che passa sulla pelle degli altri, i quali generalmente, incassando un quid di utile solidarietà, alla fine nulla eccepiscono.
Se in questi giorni Erri De Luca sta facendo il pieno di attenzione, meno rilevante appare il fronte che dovrebbe cingere di solidarietà l’associazione «Pro Vita», che è stata attaccata furiosamente dai movimenti omosessuali solo per aver comprato una pagina pubblicitaria sul Corriere della Sera contro il ddl Cirinnà. In questa pagina, sotto il titolo «Stop ai matrimoni e adozioni gay! Stop Cirinnà!», sono elencati sei punti nei quali si contestano gli indirizzi del disegno di legge del governo, né più né meno come succede ogni giorno sui quotidiani italiani da parte dei sostenitori della famiglia tradizionale, da Giovanardi al cardinal Bagnasco, con la non trascurabile differenza ch’essi vengono intervistati dai giornali come libera scelta intellettuale.
Nei sei punti non v’è nulla di scandaloso, nel senso di inedito, tutte cose strasentite, compresa quella che più ha scatenato la reazione dei movimenti. «Il ddl Cirinnà è “Dannoso” – si legge – perché ogni legge ha una forza pedagogica e situazioni problematiche e innaturali sarebbero percepite dalla comunità come “normali”». Anche al peggior Giovanardi, anche nella sua giornata meno eccitante ed eccitata, anche a un Giovanardi depresso, si diceva, la definizione delle famiglie omosessuali come di «situazioni problematiche e innaturali» parrebbe di un moscio bestiale. E provvederebbe, rientrato in sè, a metterci qualcosa di decisamente più consono alla sua onesta carriera.
Invece no, i movimenti si ribellano, strillano contro il Corriere che ha pubblicato quella pagina a pagamento, scrivono di “istigazione all’odio”, non solo, vogliono addirittura denunciare «Pro Vita» allo IAP, l’istituto dell’autodisciplina pubblicitaria, una sorta di authority, perché in qualche modo sanzioni il committente e magari anche il ricevente (Corriere). Insomma, qui si vuole semplicemente difendere il diritto di «Pro Vita» a diffondere le proprie idee, anche quando possono toccare le altrui sensibilità.
PS. Su «Pro Vita» non abbiamo detto nulla in premessa. E nulla diremo alla fine.
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