America

Trump, le leggi razziali e il giorno della memoria

30 Gennaio 2017

Mentre il governo Trump manda in onda il primo e terribile provvedimento di “difesa” del suolo americano dai rischi del terrorismo di matrice islamica, attraverso provvedimenti che avranno, con tutta probabilità, il solo effetto di radicalizzare in modo estremo i movimenti d’ispirazione integralista,   si festeggia il giorno della memoria, una ricorrenza stabilita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per tenere vivo il ricordo della tragedia dell’Olocausto. Vivo e attivo, perché certi orrori non si debbano mai più ripetere.

15 settembre 1935: leggi di Norimberga. Il Reich stabilisce che, al fine di “proteggere” il sangue tedesco e la “nazione” dalla minaccia rappresentata dal popolo ebraico, si rendono necessari dei provvedimenti restrittivi per la libertà professionale, sociale, familiare dei cittadini ebrei e “di sangue misto”. Nessuno parla di campi di concentramento e meno che mai di pulizia razziale. I tedeschi vanno difesi, un controllo e una precisa regolamentazione s’impongono.

Gennaio 2017: dopo una campagna elettorale giocata su muri innalzati e “make America great again”, Donald Trump nega l’accesso al suolo americano ai cittadini provenienti da Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria, Yemen. Fine del programma rifugiati per chi proviene da queste zone per 4 mesi, anche se già richiedenti asilo. Il divieto vale anche per i possessori della Green Card. In una nota si precisa che, in caso di richiesta di asilo, verrà data precedenza agli appartenenti a “minoranze religiose” nei paesi di provenienza, come ad esempio i cristiani residenti in territori a maggioranza musulmana.

Ma torniamo al giorno della memoria, ai muri che hanno diviso l’Europa e intere famiglie, alle persone a cui sono state chiuse in faccia le porte da chi avrebbe potuto salvarli dal campo di concentramento. Questa volta non sono i campi la minaccia, ma paesi in guerra da cui le persone fuggono per le stesse ragioni per le quali i campi di prigionia ci fanno oggi tanto orrore: fame, malattia, violenza. E degli ebrei, ai tempi delle persecuzioni, si diceva che non avevano un terra, che si erano arricchiti alle spalle dei tedeschi o italiani di turno, che portavano malattie, che avrebbero corrotto la razza pura, che avevano crocifisso il vero dio. Suona familiare?

E allora una domanda sorge spontanea: se oggi, celebrando la giornata della memoria, ricordiamo Anna Frank e tutti i bambini vittime delle deportazioni, se commossi celebriamo gli eroici gesti  di chi si è opposto alle leggi razziali proteggendo intere famiglie a rischio della propria vita, come mai non siamo in grado di riconoscere che la stessa cosa sta avvenendo ora, nel nostro civilissimo occidente? A che cosa serve celebrare la memoria in una giornata se questo ricordo non è ricordo vivo e attivo, ribellione rispetto a quanto sta (ri)capitando a casa nostra? Cosa sarebbe successo se nel 1935 fosse esistita una giornata della memoria?

Forse fra 70 anni leggeremo il diario di Aamaal e commossi ci chiederemo perché a una bambina siriana e alla sua famiglia è stata chiusa la porta in faccia da un popolo, quello americano, che dice di voler difendere, chiudendo i confini, libertà, democrazia e “ricerca della felicità”.

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