Diritti

Trovare gioia nella forza gentile

23 Luglio 2023

“Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano” (Martin Luther King)

«Ora che lo Stato ha intrapreso la cosiddetta “operazione speciale”, la posta in gioco è molto più alta. Lo Stato non è più un poliziotto svogliato che tira manganellate a destra e a manca, ora è una dittatura a tutti gli effetti, è un criminale di guerra.

È uno Stato che è riuscito a terrorizzare tantissime persone, che le ha costrette a tacere e a non dire cosa pensano di questa guerra.

Quello che penso io in questi giorni è una cosa soltanto: come lottare contro questa paura così forte. Come andare avanti e aiutare gli altri, quando in realtà vorremmo solo scappare, nasconderci in un bozzolo e far finta che tutto questo non stia accadendo.

I russi non vogliono la guerra, sono così contro la guerra che a volte non riescono nemmeno a credere che stia accadendo davanti ai loro occhi.

Potrei dire la mia sul nostro processo, certo. Potrei dire che l’accusa è assurda e che è impossibile da provare. Il pubblico ministero non ha trovato un solo adolescente che abbia visto il nostro video e che sia andato a una protesta, si sia preso il coronavirus e sia morto, e questo perché di casi simili non ne esistono. Ma faccio fatica a capire quali parole dovrei pronunciare in quest’aula per farmi ascoltare.

Quindi, a prescindere dalla sentenza, faccio appello ai giovani di tutta la Russia, e faccio quello stesso appello che secondo l’accusa sarebbe un invito a protestare: non abbiate paura e non isolatevi. La paura è l’unica cosa che consente loro di dividerci».

Queste parole sono state pronunciate da Armen Aramjan il primo aprile 2022 in un processo contro quattro redattori dalla rivista studentesca “Doxa” in quel momento vietata in Russia. Prima che venga emesso il giudizio, gli imputati hanno la possibilità di parlare.

La sentenza viene emessa il 12 aprile 2022, con la condanna di tutti e quattro i redattori a due anni di servizi sociali.

E’ uno dei 24 discorsi “ultimi” pronunciati da imputati, tutti poi condannati, nella Russia di Putin per reati di opinione tra il 2017 e l’agosto 2022, e proposti in un bellissimo libro: Proteggi le mie parole, edizioni e/o. Il volume è il risultato di una iniziativa promossa da due membri di Memorial – Sergej Bondarenko, dell’organizzazione russa Memorial (Insignita del premio Nobel per la pace 2022) e Giulia De Florio, di Memorial Italia (sorta nel 2004).

Ciò che non dobbiamo dimenticare è questo apparato di repressione è il frutto di un disegno politico che dai primi anni duemila ad oggi ha portato al sistema totalitario e oppressivo della Russia di Putin di oggi.

«Dal 7 novembre del 1957 vivo nel villaggio di Kurčaloj. Da allora sono trascorsi 61 anni, durante i quali molto è cambiato. Si sono avvicendati sette capi di Stato, l’Unione Sovietica non c’è più, il socialismo appartiene al passato e al suo posto c’è la democrazia. Almeno è quel che dicono: nel nostro paese c’è la democrazia. Ma è una democrazia un po’ strana. In un paese democratico non si arrestano le persone per un “like” su internet, non si ferma la gente per strada per metterla dietro le sbarre. Ogni anno il numero dei nostri doveri aumenta, mentre quello dei diritti diminuisce» (Ojub Titiev, ceceno, difensore dei diritti umani).

Il libro deve la sua bellezza all’intensità delle parole pronunciate da veri e propri lottatori contro la macchina russa di distruzione della libertà di opinione e di parola.

Sono testimonianze che riguardano anche noi che viviamo in un paese democratico in cui è possibile dissentire, manifestare, protestare, dibattere e votare.

Perché la libertà è un cristallo fragile che corre facilmente il rischio di andare in frantumi. E se pure non c’è all’orizzonte un ritorno in Italia degli oscuri anni del ventennio fascista, vi sono “democrature” anche nell’Europa vicino a noi, in cui non tutti i diritti sono garantiti e rappresentano pur sempre un possibile esito del degrado della vita politica e di governo: rispetto delle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale.
Il libro contiene anche perle di ottimismo e speranza che lasciano attoniti.

Per esempio quella di Julija Galjamina, docente di filologia all’Università di Mosca, considerata la più importante oppositrice del regime russo. Ha subito vari processi e condanne, l’ultima il 5 marzo 2022 per aver incitato a manifestare contro la guerra in Ucraina.

Il 18 dicembre 2020 ha reso questa dichiarazione durante uno dei processi che ha subito: «Cari amici! Voglio iniziare la mia ultima dichiarazione con la parola “grazie”. Grazie a tutti coloro che mi sostengono, alla mia famiglia e ai miei amici, alla mia squadra e ai miei collaboratori, ai colleghi e agli insegnanti e agli studenti, ai deputati, ai politici, e naturalmente ai miei elettori in ogni angolo della nostra patria, ai milioni di persone che rappresento in questo processo.

Come diceva Indira Gandhi: “Non c’è una strada per la libertà; è la libertà ad essere la strada”. Cari compatrioti, cari abitanti di Mosca e di tutta la Russia, crediamo in noi stessi, raddrizziamo la schiena, indossiamo l’abito migliore e il vestito della festa, non dimentichiamo di trovare gioia nel coraggio e nella forza gentile e imbocchiamola, questa strada».

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