Diritti

Seppellire i morti. Possono tutti in Italia?

18 Febbraio 2021

Egli è Colui che vi ha creato d’argilla e vi ha decretato un termine, un termine designato che sta presso di Lui  (Corano 6:2)

Poche righe in qualche articolo di un piccolo giornale di provincia e un articolo di Giulio Cavalli.

Non ha prodotto nessun’eco mediatica la notizia che un bimbo musulmano di 8 anni, morto per un incidente domestico in una comunità di accoglienza del pavese, non ha trovato sepoltura.

Il rito islamico prevede che i musulmani siano seppelliti in terra (non all’interno di vani in muratura rialzati come potrebbero essere i loculi), in un’area distinta destinata specificamente ai musulmani e non è ammessa la cremazione.

Essere seppelliti nella terra in cui si è vissuto, anche se non è quella di nascita, significa costruire una memoria fisica legata agli spazi e una simbolica che riguarda la continuazione e riproduzione di una comunità religiosa attraverso le sue pratiche rituali. I morti sono elemento di memoria collettiva, non soltanto individuale, di coloro che li conoscevano

L’articolo 100 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria stabilisce la possibilità di richiedere espressamente ed ottenere reparti speciali, all’interno dei cimiteri comunali, destinati ai defunti appartenenti a culti diversi da quelli cattolico. Queste aree cimiteriali possono così essere assegnate alle comunità islamiche che lo richiedano, attraverso un atto di concessione dell’amministrazione e dietro il pagamento di un prezzo stabilito in un apposito regolamento comunale.

In Italia, i reparti cimiteriali islamici attivi presso i cimiteri comunali, nonostante la mancanza di ostacoli giuridici “sulla carta”, sono ancora pochi (l’UCOII, la principale rappresentanza islamica in Italia ne ha censiti 76 a fronte di circa 8000 comuni), sparsi a macchia di leopardo sul territorio e spesso assenti nei comuni minori e non sempre è possibile rivolgersi ai comuni che già hanno aree cimiteriali islamiche per chiedere la sepoltura. La quasi totalità di esse, infatti, accetta per il seppellimento nelle proprie aree cimiteriali solo coloro che abbiano la residenza nel comune stesso o vi siano deceduti.

La pandemia ha creato una vera e propria emergenza per la sepoltura dei fedeli musulmani.

L’UCOII ha diramato un vademecum per le ritualità islamiche, invocando lo stato di necessità e invitando all’adattamento.

Mai come in questa emergenza si è misurato il ritardo delle nostre istituzioni e della politica nel governo di una nazione ormai irrevocabilmente multireligiosa e multiculturale.

L’Islam, sebbene sia la confessione religiosa non cristiana numericamente più significativa in Italia, manca ad oggi di un’intesa con lo stato italiano.

Questo fatto, unito all’assenza di una legge quadro sulla tutela del diritto alla libertà religiosa, rende difficile all’Islam «l’esercizio pubblico e comunitario del culto» che, come la Corte Costituzionale ha più volte precisato va sempre «tutelato e va assicurato ugualmente a tutte le confessione religiose, a prescindere dall’avvenuta stipulazione o meno dell’intesa con lo Stato e dallo loro condizione di minoranza» (sentenza 63 del 2016, 195 del 1993, 59 del 1958, 254 del 2019). Certo l’esercizio pubblico e comunitario del culto si realizza anzitutto nei luoghi deputati alle riunioni e alla preghiera. Tuttavia anche i gesti di culto inerenti alla sepoltura sono preghiera e ad essi quindi va parimenti assicurata una tutela.

Immagino le obiezioni di coloro che leggono queste righe.

Con tutti i problemi che abbiamo in questo momento…

Certo è così. Tuttavia il ritardo nella costruzione di una comunità civile coesa e solidale si sconta ancora di più in un momento di emergenza come questo e ogni ritardo presenta il suo costo.

 

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