Diritti
Razzismo e definizioni
Qualcuno sa dare una definizione di razzismo? Noto infatti molta confusione. Non c’entra solo il colore della pelle. La parola stessa non riesce a esprimere completamente il concetto. Non si tratta soltanto di una razza che vuole prevaricarne un’altra. La domanda infatti è: la parola razza ha ancora senso? Per i bambini che, nelle scuole, hanno da anni compagni che arrivano da ogni parte, il problema non si pone. Per indicare un loro amico utilizzano il nome, poi solo a una nostra domanda ci rispondono da dove viene. E questo, a Milano, vale per le scuole fighette (dove gli stranieri sono magari figli di manager, modelle, gente benestante) e le scuole più di frontiera e periferiche.
Il razzismo è moltissime cose e si insinua dappertutto, anche dove non ce ne accorgiamo.
È razzista la prepotenza, è razzista la prevaricazione sui più deboli e i più fragili. È razzismo negare diritti, è razzismo sparare addosso alle persone (anche con l’aria compressa), è razzismo tacere, è razzismo minimizzare un fatto grave. È razzismo pensare che noi siamo migliori perché certe cose non le penseremmo nemmeno. Però taciamo.
È razzismo non aiutare chi è in difficoltà.
È razzismo sentirsi superiore a un altro essere umano. È razzismo pensare che se a qualcun altro è andata male è perché se l’è cercata. È razzismo maltrattare le donne. È razzismo l’ignoranza ma anche l’ignavia.
E’ razzismo dire tu si e tu no. E’ razzismo la diseguaglianza. E’ razzismo girarsi dall’altra parte.
E’ razzismo la divisione della povertà in più categorie, a seconda di dove sei nato (tra i poveri italiani e i poveri stranieri). E’ razzismo credere senza informarsi. (Quanti sanno quanti sono gli ebrei in Italia? Meno di 40.000 una esigua minoranza se confrontata ai 60 milioni della popolazione italiana, però c’è ugualmente un razzismo strisciante).
È razzismo insinuare dubbi sui racconti di qualche vittima. È razzismo pensare che se lo meritino. È razzismo usare il razzismo come una clava politica. È razzismo non pensare che stiamo parlando di essere umani. È razzismo escludere. È razzismo pensare solo al profitto, economico o politico, che si avrà da una situazione. È razzismo fare finta di non sapere che c’è sempre qualcuno che sta soffrendo (e che raccoglie i pomodori).
Non ho ricette, ma dai, chiamiamoli,”duelli verbali”, anche educati nei toni che ho avuto su FB ho provato a riflettere su un punto: il razzismo, a volte, è addirittura un comodo alibi, una parola contenitore in cui buttare tutto dalle cose più gravi a episodi senza senso o magari involontari.
Una parola che tutti possono usare disinvoltamente per accusare qualcun altro.
E’ sicuramente la cultura che non ha saputo produrre anticorpi adeguati al razzismo, una cultura per cui conta il successo, la visibilità, il denaro; meno la solidarietà. La cultura della meritocrazia nel senso che devi meritarti di vivere, se sei nato in una zona del mondo sfortunata, sono affari tuoi.
Occuparsi dell’altro (malato, immigrato, senza casa, povero, affamato, sfruttato, ferito etc..) è roba da samaritani. Che non fa fare fatturato. E’ razzismo, infine, negare i diritti umani.
Tutti parlano di razzismo dalle loro tiepide case, anche chi propone di combatterlo, ma pochi vanno sul campo. Non ci vanno nemmeno coloro che hanno fatto di certi concetti il loro core business (cit. Jacopo Tondelli), attaccano o si difendono. Poi vanno al mare.
Marc Gasol è andato a vedere (forse a capire) quanto sia stato fortunato nella vita. Ecco qualcuno ancora non ha capito la fortuna che ha avuto di vivere in un paese con la democrazia, lontano dalle guerre. Un paese che non ha fatto abbastanza per i suoi cittadini in difficoltà e che adesso sventola gli immigrati come una causa dl problema.
Non c’è nessuno che ti dice di “mollare le menate e di metterti ad urlare”.
Che magnifico paese l’Italia dove, tanto, c’è sempre il perdono. Anche per i razzisti. Perché una cazzata di gioventù vuoi non perdonarla? se hai buttato l’alcol addosso un senza tetto e lo volevi bruciare, sei un razzista?
Un paese in cui ci sono state le leggi razziali e il fascismo è considerato, da alcuni (che non sono pochi), una fase storica superata.
E allora cosa ne stiamo sempre a parlare?
Ne stiamo sempre a parlare perché sono ancora vivi alcuni sopravvissuti, italiani, che hanno sentito il razzismo inciso sulla pelle. Come i numeri di chi è stato ad Auschwitz.
Un paese in cui il papa che tacque sull’olocausto lo volevano fare santo.
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