Diritti
Raccontare il male
Si può raccontare il male?
E’ la domanda a cui ha cercato di rispondere Vincenzo Passerini raccogliendo alcuni articoli pubblicati su diversi giornali dal 2018 ad oggi, e dando alle stampe il suo TEMPI FEROCI. Vittime carnefici e samaritani.
Passerini è stato bibliotecario e politico, membro del consiglio regionale trentino e assessore della giunta regionale. E’ assurto all’onore della cronaca per essere stato l’unico politico italiano che è riuscito a rinunciare al vitalizio.
In questi anni ha animato realtà di accoglienza e numerose iniziative culturali.
I “tempi feroci” che Passerini racconta sono quelli della storia italiana con numerosi suoi orrori spesso rimossi e mai portati all’elaborazione della coscienza civile (crimini del colonialismo, pagine nere dell’emigrazione italiana, promulgazione delle leggi razziali…). Ma tempi feroci sono anche quelli della cronaca odierna con la guerra sistematica agli immigrati: “il degrado è fare la guerra ai poveri. Invece di fare la guerra alla povertà si fa la guerra ai poveri. Invece di combattere la miseria, le guerre, il traffico di armi, le disuguaglianze si fa la guerra alle loro vittime: i profughi, i migranti, i senzatetto. Il degrado di una civiltà è questo. Un degrado che sta contagiando l’intera società” (p. 39).
Tempi feroci perché tempi che grondano dolore e sofferenza. Sui quali però si posa uno sguardo che non si ferma al cinismo della semplice registrazione degli avvenimenti.
La ricerca dell’autore si volge a scorgere in tutte queste vicende la presenza di profeti dell’umanità che accedono la luce della speranza: “c’è sempre qualcuno che sceglie di dire no al male, anche a costo della propria vita, e cerca di salvare la vita degli altri. Loro dimostrano, ancora una volta, che non siamo per forza schiavi del male” (p.36).
Qui sta tutta la tensione etica del libro che vuole spingere alla responsabilità, al coraggio.
Anzitutto nell’investire nell’educazione: “che deve essere educazione allo spirito critico, non al conformismo, non all’obbedienza. E le civiltà non precipitano nella barbarie finchè ci sono persone che si alzano in piedi e dicono di no, anche se le altre dicono di sì. Quando quelle persone spariscono, la civiltà muore” (p. 25).
Leggendo questo libro spesso ho sentito affiorare indignazione e rabbia.
Ma ho anche sorriso, ho sentito crescere fiducia in un’umanità smarrita ma anche spesso eroica nell’accogliere, nel prendersi cura, nel costruire giustizia.
Il libro è una miniera di storie, di analisi e di dati.
Lo consiglio in particolare agli insegnanti.
Ma anche genitori sagaci vi possono trovare spunti per raccontare la vita ai propri figli.
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