Diritti
Quando il Che chiudeva gli omosessuali nei campi di rieducazione
Ve lo immaginate cosa accadrebbe a chi volesse mettere in dubbio lo spirito umanitario di un libertador come Ernesto Guevara, universalmente noto come El Che ? Schiere di estimatori scenderebbero in campo gridando contro la dissacrazione del mito e, nella migliore delle ipotesi, accusando chi ha osato tanto di essersi messo al soldo dei poteri forti per falsificare ignobilmente la verità. Corro il rischio del linciaggio e per tributo alla verità, senza mezzi termini, voglio raccontare una storia sulla quale è stata operata una riprovevole rimozione storica. L’aureola di santificazione del dottor Guevara, inopportunamente indicato come cavaliere dell’umanità, perde infatti tutto il suo splendore se si fa mente locale sul fatto che , negli anni della sua permanenza a Cuba, imperante Fidel Castro, sia stato correo di una vergognosa vicenda. Da “Procuratore militare” a Cuba ebbe infatti l’incarico, datogli personalmente da Fidel, di far fuori quanti venivano considerati nemici della rivoluzione, un incarico al quale, da quel che sappiamo, il nostro si applicò con particolare cura. Guevara, infatti, redasse e presentò all’amico Fidel un “piano generale del carcere” che prevedeva dei “campi correzionali”, in una parole lager, dove sarebbero stati avviati coloro che, per l’idea rivoluzionaria del macho Castro e dei suoi accoliti, erano da considerare nemici della rivoluzione e corruttori dei costumi. Fin qui, anche se in questi lager furono avviati perfino bambini e gente che proprio nemica della rivoluzione non era, purtroppo nulla di particolarmente sconvolgente: la storia ci racconta di tanti episodi di personaggi che per rafforzare il proprio potere non si sono fatti scrupolo di imprigionare e condannare ai lavori forzati i loro nemici. Lo specifico sta nell’avere avviato verso questi campi di rieducazione anche omosessuali ai quali non si poteva addebitare alcuna colpa se non quella di essere tali. Le vittime erano in genre attori, ballerini ed artisti che, in molti casi, avevano anche preso parte alla rivoluzione. In questo modo si sfogavano le turbe di personaggi, come lo stesso Castro che, si direbbe oggi, segnati da forti pregiudizi omofobi. Proprio nei confronti degli omosessuali, per i quali erano state create sezioni speciali nei lager, la repressione, come ha raccontato Massimo Caprara fu atroce: venivano infatti sottoposti a “ punizioni corporali, dovevano salire le scale con scarpe zavorrate di piombo, tagliare l’erba coi denti, ed erano perfino immersi nei pozzi neri“. Il nostro grande Guevara, eroe umanitario, non solo non ebbe nulla da ridire ma fu proprio lui a rendere all’inizio operativo il sistema repressivo. Quell’incarico, il Che lo tenne il tempo necessario ad organizzare il sistema, poi passò la mano a Raul Castro, fratello di Fidel. Proprio a Raul si deve la creazione delle Unità Militari per l’Aiuto alla Produzione, formula criptica, dietro la quale ci stava una forza militare destinata esclusivamente alla persecuzione dei gay. Un bel risultato per rivoluzionari il cui programma era rendere giustizia al popolo. Per la cronaca, furono migliaia gli omosessuali, che solo per essere tali, subirono gratuite violenze. Questa della repressione dei gay resta, dunque, una macchia indelebile per il regime castrista, una vergogna insanabile che nel 2010 lo stesso Castro, in un’intervista ad un quotidiano messicano, riconobbe con queste parole “Personalmente non ho pregiudizi. L’aver inviato tutti quegli omosessuali nei campi di lavoro forzato è stata però una grande ingiustizia“. Purtoppo, non abbiamo notizia di un ravvedimento per quell’infamia da parte del cavaliere senza macchia, il dottor Ernesto Guevara, morto in Bolivia in circostanze non chiare, nell’ormai lontano 1967.
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