Diritti

Primo caso di suicidio assistito in Lombardia: “Serena” è morta nelle scorse settimane

Primo caso di suicidio assistito in Lombardia, sesto in Italia. L’Associazione Luca Coscioni fa sapere che a “Serena” il farmaco e la strumentazione sono stati forniti dal Servizio sanitario, dopo 9 mesi dalla richiesta.

14 Febbraio 2025

Dopo aver atteso 9 mesi dalla sua richiesta, “Serena” (nome di fantasia a tutela della privacy), cinquantenne affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, è morta nelle scorse settimane a casa sua, in Lombardia, a seguito dell’autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale, insieme alla strumentazione necessaria.

A causa della malattia era paralizzata e costretta a una condizione di totale dipendenza e necessità di assistenza continuativa.

L’iter legale per il suicidio assistito

“Serena” aveva inviato la richiesta di verifica delle sue condizioni a inizio maggio 2024. L’azienda sanitaria a fine luglio 2024, dopo l’acquisizione del parere del comitato etico, le aveva comunicato il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte con la Sentenza Cappato, ossia:

  • capacità di prendere decisioni libere e consapevoli;
  • patologia irreversibile;
  • sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili dal richiedente;
  • dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.

Successivamente, a novembre, l’azienda sanitaria aveva informato “Serena” che non avrebbe individuato il farmaco e la strumentazione per l’autosomministrazione, ma che sarebbe dovuto essere il suo medico di fiducia a indicare, con una propria relazione, il farmaco letale e la metodica per la sua autosomministrazione.

A questo punto “Serena”, con il supporto dell’avvocata Filomena Gallo e di un collegio legale  composto anche dagli avvocati Francesca Re, Angelo Calandrini e Alessia Cicatelli, aveva inviato all’azienda sanitaria la relazione medica con indicazione del farmaco, della quantità e della modalità di autosomministrazione a firma del dottor Mario Riccio, il suo medico di fiducia.

Ne è seguito un sollecito in assenza di riscontro e a dicembre la commissione di esperti, e poi il comitato etico, ne ha confermato l’idoneità e l’azienda sanitaria ha confermato la fornitura del farmaco. L’azienda però non ha comunicato la disponibilità di medici che, su base volontaria, avrebbero assistito “Serena” nella procedura di autosomministrazione e quindi la paziente è stata seguita dal dottor Mario Riccio, medico anestesista, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby e poi alcuni pazienti che fino a oggi hanno avuto accesso al suicidio medicalmente assistito.

“Serena” dopo avere indicato la data in cui voleva procedere, ha chiesto all’azienda sanitaria la fornitura del farmaco approvato dalla commissione aziendale da consegnare al dottor Mario Riccio che contattato dall’azienda sanitaria ha potuto ritirare tutto la mattina del giorno individuato e restituire successivamente strumentazione e materiali da smaltire. “Serena” ha potuto procedere con l’autosomministrazione del farmaco letale nel mese di gennaio 2025, nella propria abitazione, assistita dal dottor Riccio e circondata dai suoi cari.

Questo il messaggio che ha lasciato:

La mia breve vita è stata intensa e felice, l’ho amata all’infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l’amassi. L’ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà per tantissimi anni, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità. Quando però cominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l’anima, capisci allora che anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita. Questo è ciò che nessuno può toglierti e non deve mai accadere… libera.

Così si sono espressi Filomena Gallo e Marco Cappato:

La Regione Lombardia ha fornito l’aiuto medico per la morte volontaria a ‘Serena’ perché era suo dovere farlo. Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell’irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia. Se fosse stata in vigore la nostra legge di iniziativa popolare “Liberi subito”, Serena avrebbe potuto seguire una procedura chiara e definita invece di dover affrontare, insieme al personale sanitario, una corsa a ostacoli durata 9 mesi. Chiediamo al Presidente Fontana di tornare sulla materia, riesaminando il contenuto della nostra legge, e di emanare un atto di Giunta, come preannunciato dal Presidente Zaia in Veneto.

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