Diritti
Pazzi per un affitto
In tutta Italia, la crisi degli affitti per gli studenti non si è mai risolta. E il turismo e il Giubileo complicano ancora di più le cose.
Questo articolo è stato pubblicato sulla newsletter di PuntoCritico.info in data 10 Dicembre 2024
Una stanza in uno sgabuzzino, con il fornello come comodino? Un video circolato di recente a firma Ansa dimostra che non è un’offerta così peregrina da trovare nel mercato immobiliare italiano. Non sono bastate le tende fuori dai campus: per quegli studenti, anche lavoratori, che si trovano in difficoltà nel mercato immobiliare saturo l’emergenza non è mai finita. Dopo due anni di Dad, il ritorno alle lezioni in presenza negli atenei e dei turisti nelle città d’arte ha strangolato un mercato che già da tempo avrebbe avuto bisogno di riforme.
Secondo uno studio di Immobiliare.it, noto sito di cerco e trovo affitto, nel 2024 il caro affitti è cresciuto fino al 7% rispetto agli anni precedenti, così come la domanda che ha sfiorato il 27% di aumento di richieste. La città più cara resta Milano, dove il mercato degli affitti è strozzato anche a causa della gentrificazione e della sempre più ridotta permeabilità dell’hinterland: se una volta chi non poteva permettersi un affitti fuggiva nella prima cintura all’esterno della città, ora la situazione trasporti e il caro affitti colpiscono anche lì. E così un monolocale di dimensioni appena vivibili può arrivare a costare 1.311 euro, mentre una singola fino a 637. Lo stima un’indagine della start up Maiora Solutions. Non va meglio a Bologna e Torino, dove i prezzi per una stanza singola schizzano in alto rispettivamente del 23% e del 24%. Proprio la stanza-appartamento (appena 6 metri quadri) del micro reportage di Ansa, sotto le due Torri, viene a costare 600 euro al mese. Anche il Sud si adegua: città come Napoli, una volta più abbordabili, oggi offrono una camera singola a 566 euro, 12% in più rispetto al 2023.
Tra Airbnb e Alberghi dei poveri (in tutti i sensi)
La situazione affitti era rimasta “bloccata” durante gli anni della pandemia, quando le restrizioni e la didattica a distanza avevano tenuto molti fuorisede lontani, a casa di parenti o genitori. Un rallentamento analogo ha visto il mercato degli affitti a brevissimo termine destinati al turismo. Ma dopo il 2022, spiega Luca Scacchi, responsabile docenza universitaria FLC CGIL: «Gli Airbnb delle città turistiche, in particolare, sono tornati a pieno regime. Questo ha provocato un aumento dei prezzi degli affitti e ha ridotto il numero di stanze disponibili per affitti lunghi». Complice, anche, un sistema che rende più appetibile per gli affittuari riservare la casa ai turisti: «Anzitutto la tassazione è ridotta e i controlli sono meno frequenti. Inoltre – aggiunge Scacchi – adibendo l’appartamento ai turisti si può imporre un prezzo di circa 70/80 euro a stanza per notte, quindi il ritorno dell’investimento è più alto». Questo ha provocato un’esplosione del fenomeno, dovuto anche a una rinnovata crescita dei flussi turistici. A Roma, ad esempio, a complicare la situazione già non ottimale visto il numero di viaggiatori che affluiscono nella Città Eterna ogni anno, è intervenuto il Giubileo. Così, molti decidono di affittare i loro appartamenti a reddito non più agli studenti, ma ai pellegrini. E i prezzi di un monolocale lievitano, secondo Maiora, dell’80% con affitti medi intorno ai 1078 euro.
Non va meglio in città non tradizionalmente universitarie, dove cioè la presenza di fuorisede e studenti è meno tangibile. A Genova ad esempio la questione degli studentati è diventata un problema politico e motivo di scontro tra amministrazione comunale e realtà sociali. Famigerato il caso dell’ex sede di Economia: dapprima occupata dal centro sociale Buridda, che è poi stato costretto a lasciarla, era stato promesso che sarebbe stata riqualificata e trasformata in studentato. L’annuncio fu fatto nel 2014; dieci anni dopo l’edificio versa nello stesso stato di degrado precedente all’occupazione. Non è stato possibile raggiungere l’attuale sindaco ad interim, Pietro Piciocchi. Abbiamo pertanto chiesto a Filippo Bruzzone (lista rosso-verde) di raccontarci di più su un nuovo progetto edilizio, in un’altra sede storica universitaria: l’Albergo dei Poveri. «Per ora abbiamo visto solo i rendering, che ci raccontano un progetto per 180 posti di cui alcuni calmierati. Considerando che lo stabile in questione come palazzo storico ha bisogno di molti interventi specifici, e che di questi 180 posti alcuni sono in camere doppie, abbiamo fatto presente all’amministrazione che nell’ottica di un reale investimento per l’edilizia studentesca sono troppo pochi».
Dopo i primi sopralluoghi, in presenza anche di esponenti dell’opposizione, almeno sulla carta tutto sembra essersi fermato: «La commissione sull’Albergo non è stata aggiornata, e non abbiamo nemmeno ricevuto ulteriori informazioni sugli spazi Aliseo, sulle operazioni all’ex Buridda e così via. Abbiamo visto quel progetto solo una volta, il 19 Aprile 2024, nei due anni in cui è stato lanciato. Praticamente dovevamo discutere del progetto Albergo dei Poveri un anno fa, e siamo ancora al rendering». Se è vero che Genova ancora non subisce i flussi turistici e studenteschi congiunti di altre città (con annessi i loro problemi) «il rischio che questi problemi emergano c’è: mancano tavoli di lavoro ad hoc e strategie. Se l’Albergo dei Poveri non perde il suo obbligo sociale, cioè quello di offrire soluzioni accessibili, può essere un esempio virtuoso. Allo stesso tempo però rischiamo di avere comunque problemi sui troppi affitti brevi in altre aree: nel centro storico zone come Pre, Molo e Maddalena c’è già una crisi di questo tipo, con conseguente spopolamento in luoghi già problematici per le infiltrazioni della criminalità organizzata». Con le elezioni in arrivo tra sei mesi circa «è difficile che se ne parlerà, anche se cercheremo di sollecitare delle risposte. La visibilità di questo tema è legata alla campagna elettorale: se è un tema appetibile nel senso di “acchiappalike” e se nel mentre sono andati avanti, forse capiremo di più». Rimangono delle perplessità sulle procedure «che per carità, sono state assolutamente legittime. Ma è particolare che una parte degli operatori economici coinvolti sia la stessa che è già presente in altri progetti dell’amministrazione Bucci, come il Waterfront».
Un’altra (solita) storia italiana
Certo, il Covid non ha migliorato la situazione caotica del mercato affitti italiano. Ma non è l’unica ragione dietro i prezzi folli di diversi immobili. Secondo Luca Scacchi, la carenza di strutture abitative universitarie sarebbe dovuta anche a una particolare politica, degli ultimi 15 anni, in riferimento al diritto allo studio. «Le risposte istituzionali, locali e nazionali, hanno portato verso le residenze private come gli student hotel. Salvo alcuni casi però, che mettono a disposizione il 15% o 20% circa delle camere a prezzi calmierati, si tratta di soluzioni non alla portata di tutti: ad esempio a Roma le stanze in studentato privato possono costare fino a 800 euro». Secondo lui, gli investimenti del PNNR in materia (1 miliardo di euro) che avrebbero dovuto portare a un aumento dei posti disponibili (130 mila) non sono sufficienti. «Intanto, gli studenti fuorisede in Italia censiti sono circa 800 mila. Inoltre, sono investimenti e politiche che sono stati rivolti soprattutto a facilitazioni sui processi edilizi e sugli obblighi progettuali. Ma non cambiano le dinamiche – puntualizza Scacchi – perché intervengono comunque in contesti privati». In più: «sono state fatte rientrare nei finanziamenti case dello studente già ultimate, il che probabilmente causerà qualche rimprovero dall’Unione Europa. E non trovando soggetti pubblici che si prendano in carico i progetti di edilizia studentesca, è difficile che riescano a spendere tutti i fondi concessi».
Si tratta di politiche che comunque, secondo Scacchi: «Sono state attuate da centro destra tanto quanto dal centro sinistra. I finanziamenti alle case dello studente così come ad altri servizi rivolti agli universitari, ad esempio le mense, sono stati tagliati con l’accetta già dal 1993, quando si decise che con l’autonomia universitaria anche i servizi di questo tipo sarebbero stati messi a carico degli studenti. E nel 1993 i governi in carica furono quello di Amato e Ciampi». Una storia di ritardi e disattenzioni italiana insomma, tristemente frequente nel nostro Paese. Di ritardi anche nei confronti di altri Paesi europei: in Germania, Francia e Belgio agli studenti sono concesse agevolazioni sia nella forma di veri e propri assegni (nel caso del Belgio, e fino a 500 euro) sia con bandi per posti in studentati pubblici. Certo, anche lì non mancano le proteste per la scarsità degli alloggi, soprattutto a Parigi dove si trovano rinomate università come SciencePo. Ma perlomeno, sembra che tentino di affrontare il problema.
Intanto, le attuali risposte sono quantomeno discutibili: ok all’abitabilità anche per appartamenti con altezze non superiori a 2,40 metri e superfici non superiori a 20 metri quadrati per i monolocali e a 28 metri quadrati per i bilocali. Forse meglio le tende, per gli studenti in cerca di un posto dove costruire il proprio domani.
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