Diritti
“Non sono razzista, ma prima gli italiani”: che fa rima con come se fosse antani
Una volta le parole erano importanti, non solo segni grafici impressi su un foglio o suoni soffiati dalla bocca. Il significato di un termine era condiviso e se non lo conoscevi prendevi il vocabolario e lo imparavi. Oggi le parole sono sempre più involucri del nulla, strumenti usati per infiocchettare le supercazzole. L’ultima ieri, in occasione della votazione della mozione di Liliana Segre per istituire una commissione straordinaria per il contrasto di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza su basi etniche e religiose.
Dice Matteo Salvini: «La Lega è contro il razzismo, la violenza, l’odio, l’antisemitismo, senza se e senza ma. Non vorremmo che però qualcuno a sinistra spacciasse per razzismo quella che per noi è una convinzione, un diritto, ovverosia il “prima gli italiani”».
Se cerchiamo “razzismo” sull’enciclopedia Treccani, troviamo questa definizione:
Concezione fondata sul presupposto che esistano razze umane biologicamente e storicamente superiori ad altre razze. È alla base di una prassi politica volta, con discriminazioni e persecuzioni, a garantire la ‘purezza’ e il predominio della ‘razza superiore’.
Ecco, una volta letta la definizione viene spontaneo chiedersi: può esistere (a livello logico semantico) una frase come quella pronunciata dal capo della Lega? No, se prendiamo per buone le regole imparate a scuola e su cui si fonda il vivere civile. Perché nel momento in cui si afferma che un gruppo ha più diritti di altri su base etnica (che poi le nuove teorie affermano che la razza non esiste), o per nascita, si spiana la strada a pericolosi fenomeni di cui la storia del Novecento, e non solo, è piena. Si sdogana quindi il razzismo.
Tornando alla domanda sopra, la seconda risposta è Sì, nel magico mondo di Matteo Salvini. Qui le regole, che siano linguistiche, semantiche, costituzionali, di buon senso, non sono importanti. Siamo arrivati al punto che Salvini può dire quel che vuole, invertire soggetto e predicato, abolire la punteggiatura, inventare una nuova lingua. Non ci sarebbe da meravigliarsi se un giorno il capitano pubblicasse un video con una serie di grugniti, piazzando solo e qua e là qualche parola, tipo “porti chiusi”, “italiani”, “tasse”, “sicurezza”. In fondo fa già questo. Lo dimostra ad esempio la pagina Facebook “Siamo tutti con te, Matteo”: una miscellanea di luoghi comuni salviniani abbinati a foto del leader della Lega. La cosa interessante è che le parole sono messe una accanto all’altra a casaccio. A titolo di esempio:
“Se questo è VERGOGNOSO: abbiamo presentato un progetto di legge che porta il suo tempo insultandomi sul bollettino della parrocchia…”, #tolleranzazero Contento dei miei interventi a W l’Italia su sicurezza, immigrazione, crescita in Italia c’è un diverso sistema elettorale, il centrodestra si può avere con questo caldo!”
Il fatto deprimente è che tanti sostenitori del capitano commentano accalorati, rispondendo con altrettante frasi senza senso e cliché. E soprattutto senza rendersi conto dell’intento della pagina: prendere in giro la strategia del loro idolo, fatta di slogan e priva di contenuti.
“Sono contro il razzismo, ma prima gli italiani” è una contraddizione, che crea una dissonanza cognitiva. Non si può lasciar passare tutto, altrimenti in breve tempo, ma forse ci siamo già, il mondo sarà un posto senza punti di riferimento minimi. Se per te gli italiani vengono prima, sei razzista. Se i diritti valgono di più per alcuni e meno per altri, sei razzista. Se pensi che la tua cultura e le tue tradizioni siano migliori di quelle di altri popoli, sei razzista. Quindi ripartiamo da qui, l’ammissione del problema è il primo passo per trovare una soluzione. Poi si potrà parlare del resto, a cominciare dal perché tanti italiani oggi si scoprono razzisti.
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