Diritti
L’Ucciardone non è proprio un hotel stellato
Certo, qualche passo avanti è stato fatto, le tetre mura dell’Ucciardone, lo storico carcere borbonico protagonista anche di tante oscure vicende cittadine, non possono essere considerate, come lo furono in anni passati, l’anticamera dell’inferno, e tuttavia, appare insopportabile, un vero schiaffo alla cultura dei diritti umani che, ancor oggi, ci si trovi di fronte a condizioni spesso al limite della vivibilità e che, in ogni caso, difficilmente soddisfano i canoni fissati dall’art. 27 della Costituzione per ciò che riguarda l’esecuzione della pena.
La visita che la delegazione del Partito Radicale, guidata da Donatella Corleo, ha effettuato il 20 dicembre scorso nel detto reclusorio, ha confermato l’esistenza di tutta una serie di criticità, a cominciare dal superamento del rapporto fra capienza e ospiti, che debbono essere portate a conoscenza dell’opinione pubblica anche se, spesso, la stessa pare disinteressata al tema.
Basta infatti fare mente locale sui dati che citiamo per renderci conto della necessità di un intervento. Attualmente, infatti il reclusorio ospita 450 detenuti, mentre la capienza regolamentare effettiva , visto che un’intera sezione è chiusa per lavori di ristrutturazione, è di 433 posti. I locali, almeno in alcune sezioni come la nona, non sicuramente sono adeguati alla normativa. Le celle hanno una metratura insufficiente – lo spazio vitale per ogni detenuto non supera i tre mq – e presentano evidenti tracce di umidità a fronte dell’inesistenza di qualsiasi sistema di riscaldamento e della mancanza di acqua calda.
Si può ben dire, senza rischio di esagerazioni, che nella sezione indicata, siamo ben lontani dai parametri fissati dalla normativa penitenziaria e che solo la grande professionalità del personale di custodia, peraltro sottodimensionato, riesce ad evitare possibili degenerazioni.
Uno dei grossi problemi del reclusorio è quello della “carenza di opportunità di lavoro” per i detenuti cui si aggiungono la inesistenza di palestre e luoghi ricreativi fatto che, come è evidente, incide sulla condizione psicologica del detenuto.
La presenza, poi, di una consistente fetta di extracomunitari fra i detenuti, valutata intorno al 20%, mette in luce altri problemi, primo fra tutti la necessità di disporre di mediatori linguistico-culturali la cui assenza crea qualche problema di incomprensioni con il personale di sorveglianza.
Un altro problema di notevole rilevanza è la lamentata mancanza di adeguata assistenza sanitaria. Alcuni detenuti affetti da evidenti patologie che richiedono una più responsabile assistenza, ne sono di fatto privi.
Molte di queste criticità, soprattutto quelle relative al lavoro, potrebbero a breve essere superate mettendo a regime attività per le quali sono già pronti gli impianti, tempi sicuramente molto più lunghi richiedono invece i lavori relativi all’adeguamento strutturale, cioè la ristrutturazione di sezioni come appunto la nona che non fanno onore ad uno Stato che si annovera fra quelli civili.
Lasciando dietro, dopo la visita, le mura del reclusorio la delegazione ha manifestato una certa amarezza e, appunto, la convinzione che è necessario lavorare perché quei passi, di cui scrivevamo in avvio, conducano a qualche risultato positivo proprio in nome di quella tutela dei diritti umani di cui tanto si blatera ma che troppo spesso restano solo un manifesto di buone intenzioni senza nessun risultato pratico.
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