Costume
L’Italia, l’estate e la “fase 2”: ce la faremo?
Si parla molto, in queste lunghissime giornate, della cosiddetta “fase 2” e anche di una ipotetica “fase 3” nell’emergenza Coronavirus. Veri e propri periodi di mezzo – interregni delle libertà costituzionali – che dovrebbero durare diversi mesi, in cui, gradualmente, riaprire esercizi, fabbriche, imprese, e in cui consentire la circolazione e tirare fuori, infine e poco alla volta, la popolazione dalle proprie case. Bussola di tutto ciò, la volontà di far rispettare il reiterato diktat scientifico del “metro di distanza”, per cui tutti i pubblici esercizi dovrebbero garantire le distanze di sicurezza, contingentare gli ingressi, verificare l’utilizzo di mascherine e guanti specifici, sanificare gli ambienti periodicamente, etc. Un periodo durante il quale sarebbero vietati preventivamente gli assembramenti per antonomasia – leggi concerti, spettacoli, sport, discoteche, eventi pubblici e privati – e durante il quale verrebbe delegato l’evitarsi di qualsiasi assembramento di natura “privata” al controllo delle forze dell’ordine, da un lato, e alla naturale vocazione dei cittadini a rispettare le regole, dall’altro.
Tutto questo, s’intende, con l’estate ormai alle porte e con mesi di reclusione alle spalle.
Ecco, il fatto stesso che si stia solamente immaginando uno scenario del genere, la famigerata “fase 2” – con tanto di task force di esperti al timone della fase di transizione – lascia quantomeno perplessi, se non addirittura sconcertati. Perché la fase 2, per quanto probabilmente necessaria, potrebbe rivelarsi pericolosa, tanto quanto la fase 1, spostando il baricentro del problema dagli ospedali alla società civile.
Estate 2020, prendete posto. Benvenuti e spazio all’immaginazione.
Concerti, festival, eventi sportivi e di qualsiasi genere, locali all’aperto, discoteche: chiusi per impossibilità oggettiva di garantire il distanziamento. E fino a qua, tutto sommato, nessuna controindicazione. Se gli eventi sono annullati e i locali sono chiusi, no assembramenti = no contagi. Equazione a prova di scemo.
Rovescio della medaglia: qualche milione di posti di lavoro, lavoratori stagionali e dello spettacolo sul lastrico, un mancato indotto quantificabile nella solita manciata di miliardi, una depressione economica e umana di proporzioni enormi. Ma potrebbe non esserci scelta: ubi major, come si è detto e si dirà, di fronte alla salute pubblica, e su questo non si discute.
Ma potrà bastare? No, e non credo ci sia modo di pensare che gli assembramenti si eviteranno comunque e che si potrà garantire la distanza di sicurezza, pure con la migliore delle regolamentazioni. E non si può credere, allo stesso tempo, che il sacrificio dei molti servirà a qualcosa, se non a creare disparità e tensione sociale e a farci piombare nel mezzo di in una guerra fra poveri, fratricida e spietata.
Un esempio semplice e per tutti, un piccolo affresco dei tanti scenari e sottoscenari possibili: l’estate. “Un’estate italiana”, appunto, per dirla con la Nannini di trent’anni fa.
Qualcuno vuole lontanamente pensare che gli italiani, se autorizzati a muoversi da casa, rinuncino al mare? D’estate, con un numero di disoccupati mai così alto e dopo il lockdown? Siamo seri. E quindi:
- Lido attrezzato, il “bagno” di felliniana memoria. Ombrelloni a distanza di 2 o 3 metri l’uno dall’altro? Come sarà possibile garantire che sia mantenuta la distanza di sicurezza fra ombrelloni? Ci immaginiamo i bambini a non poter socializzare fra loro con formine e secchielli? Ci immaginiamo la distanza sul bagnasciuga? Sarà obbligatoria la mascherina, sul lungomare e sulla spiaggia? Bisognerà distanziarsi per prendere un gelato o una birra al chiosco? Possiamo immaginarci gli addetti ai bar o ai servizi di una spiaggia, sotto i 40 gradi e oltre, con la mascherina e i guanti? Avrà senso, per un concessionario, aprire se dovrà ridurre del 50% la propria capacità di occupazione?
- Spiaggia libera. Stesse valutazioni di cui sopra, con l’aggiunta del fatto che, se negli stabilimenti verrà indicato un responsabile della sicurezza, qui sarà vigente l’autoregolamentazione. E quindi, liberi per tutti, non ci riuscirebbero nemmeno gli svedesi. A meno di non prevedere, per ogni spiaggia libera dei 7.456 km di litorale italiano, una pattuglia in infradito e bermuda;
- Locali, ristoranti, bar, pub e affini. Discoteche chiuse, va bene. Ma se un esercizio si occupa di somministrazione di cibo e bevande, impossibile chiuderlo, a patto che venga rispettata la distanza di sicurezza, giusto? (E sul punto riguardante ristoranti e affini si potrebbe parlare per giorni, ma soprassediamo.) Ed è pensabile che nessun cliente delle centinaia di migliaia di locali e bar sulle spiagge, al ritmo del nuovo tormentone di Baby K o dei Boombadash, improvvisamente, complice qualche bicchiere di troppo, non si sognerà di mettersi a ballare? Avvicinandosi ad altri e valicando il sacro metro di distanza, magari durante l’aperitivo o in un dopocena o a tarda notte, in un locale che – sia chiaro – si occupa essenzialmente di somministrazione? E ovviamente, qui, interverrà la selezione naturale fra il gestore “buono”, che chiude un occhio e quello “cattivo”, che – in una fase di contrazione degli incassi che non ha precedenti nella storia repubblicana – non vedrà l’ora di cacciare i clienti, colpevoli di non osservare le regole. I quali, puntualmente, preferiranno frequentare locali dove è concessa maggiore tolleranza. Ovvero tutti, poco a poco, ché se vieni a fare la multa a me sappi che dovrai farla a tutti gli altri, quindi se il problema è di tutti non è più solo un problema. Ovviamente, c’è sempre la soluzione di disseminare pattuglie a piantone e controllo perenne per le centinaia di migliaia di locali sui sovracitati 7.456 km di costa: nulla di più facile, vero?
- Liberi cittadini. Si dovrà andare in giro da soli in macchina? Chi garantisce che le 4 persone che vengono al mare con me, sulla mia macchina, facciano parte del mio nucleo familiare e non siano sloveni e slovene (ma anche un gruppo di amici dalle Marche) che ho appena recuperato alla stazione o in autostop? Anche qui, posti di blocco e autocertificazioni a manetta, col traffico in perenne congestione? E il gruppo di universitari che va in campeggio nella pineta da manuale, dovrà aspettarsi come minimo il 41bis?
- Case al mare. Chi mi dice che una partita a burraco a 2 tavoli fra mia madre e 7 sue amiche non sia un assembramento, chi lo verifica? Devo aspettarmi una blitz della Guardia di Finanza in casa se organizzo una grigliata con 20 amici? E se qualcuno pensasse di organizzare una festa di compleanno ad Agosto, mandiamo veramente i carabinieri col lanciafiamme in tutte le villette al mare d’Italia? E se un amico con la villa a Forte dei Marmi organizza una festa privata con 300 persone e un deejay set (perché volete che non si organizzino, con le discoteche chiuse?), sarà o no un assembramento più pericoloso di una replica di “Aida” in Arena di Verona?
- Hotel e villaggi turistici. Quei pochi che riaprianno, dovranno garantire un rispetto ferreo delle regole, pare. E quindi, contingentamento degli ingressi ai ristoranti e buffet, distanza di sicurezza di un metro ai bar, nessuna attività di intrattenimento, quindi niente discoteca, spettacoli negli anfiteatri dei villaggi, nemmeno il servizio mini club per i bambini (come si fa, a un metro di distanza?). E nelle cucine? Serviranno degli hangar aeroportuali e non delle comuni cucine di una struttura turistica italiana per garantire che cuochi, camerieri e lavapiatti stiano a un metro di distanza. Ovviamente, anche loro con mascherine e guanti. Per non parlare di centri massaggi, estetici, benessere e SPA. E ovviamente, anche qui, una pattuglia di controllo per ciascuna struttura turistica italiana.
Esempi di scuola, forse un tantino esagerati, va bene, ma credo possano rendere l’idea.
Mi sembra chiaro che la fase 2 potrebbe essere risolta, garantendo il rispetto di tutte le regole, solo decuplicando il numero delle forze dell’ordine, che dovrebbero dedicarsi, interamente, al controllo capillare su tutto il territorio italiano. Ovvio, sarà più difficile garantire l’ordinaria amministrazione – quella della lotta al crimine, per intenderci. Ma anche qui ubi major, s’intende. Gli elicotteri della Polizia, per quest’estate, li utilizzeremo per controllare le grigliate nelle terrazze o a bordo delle piscine nelle ville di Arzachena e Taormina.
Il punto non è, tuttavia, soltanto questo. Difatti, cosa vediamo all’orizzonte, se immaginiamo il plotone di falliti, imprenditori in disgrazia, disoccupati dello spettacolo, degli eventi e del turismo stagionale, sommati a tutti gli altri che avranno perso il lavoro a causa dell’emergenza Covid-19, magari di tutt’altro settore, ma comunque disoccupati per riduzioni di personale, fallimenti, mancate riaperture, etc? Lavoratori e imprenditori ridotti alla fame a causa dell’emergenza, pronti, fino a ora, a sopportare stoicamente il destino avverso. Se questo destino fosse e restasse comune, s’intende. Ma è prevedibile che non lo sarà, perché tutti i casi di cui sopra (e ce ne saranno centinaia al giorno, e non perché siamo dei beduini irresponsabili ma perché siamo umani) non faranno altro che fungere da detonatore del malcontento e da moltiplicatore del sentimento di sofferta ingiustizia.
Perché, possiamo crederlo, tutto sarà perennemente documentato sui social, e pertanto continuamente amplificato. La delazione come nuovo sport nazionale, lo stato di Polizia fra cittadini. E già li vedo i post indignati e di denuncia contro mia madre che gioca a burraco con le sue amiche, contro il compleanno o la grigliata fra amici, contro chi sta troppo vicino in spiaggia, contro le feste private nelle case al mare, contro un gruppetto di ragazzi che balla e si struscia sul lungomare fuori da una macchina. La lista potrebbe essere infinita (e largo all’immaginazione), ma il risultato uno solo. L’indignazione, la frustrazione e la rabbia sociale di chi non potrà lavorare perché parte di quel settore degli assembramenti riconoscibili e ufficiali per il legislatore, contro tutti gli altri assembramenti, imprevedibili e derivanti dalla quotidianità della natura umana.
Ma chi saranno, “quelli degli altri assembramenti”? Saremo tutti noi, in un modo o nell’altro. Perché, inutile nasconderlo, quando si allenterà il lockdown (e questo, giocoforza, dovrà succedere, in barba a qualsiasi curva epidemiologica) almeno uno di questi comportamenti lo metteremo in atto, tutti. Non ci vedo nessuno, a Luglio inoltrato, in spiaggia con la mascherina e i guanti in lattice. Non è credibile che ad Agosto, col numero di contagi ridotto a zero o bassissimo, pur nelle limitazioni e con le regolamentazioni imposte, non ci si ritroverà davanti a un falò o non si rivedranno gli amici, anche solo per un pranzo o una partita a carte. E’ impossibile frenare a lungo l’essere umano dal suo essere animale sociale, di qualsiasi estrazione sociale, culturale, geografica esso sia. E in certi casi alcune prescrizioni saranno impraticabili o talmente onerose da risultare insostenibili.
Il risultato finale è che chi avrà perso il lavoro e chi soffrirà della depressione economica delle chiusure ufficiali sarà contrapposto, giocoforza, a chi, continuando a lavorare o produrre, avrà subito minori perdite (perché a perderci saremo comunque tutti). E la contrapposizione sarà il peggiore dei risultati, alimentando l’odio e la tensione, ché l’animale sociale di cui sopra è, per natura, maldisposto a tollerare le ingiustizie.
Quindi, la fase 2 potrebbe essere, paradossalmente, peggiore della fase 1. Finché siamo tutti (o quasi) sulla stessa barca, finché il lockdown livella i settori e le professioni, mal comune mezzo gaudio. Ma quando il male non sarà più comune, è allora che l’aporia di tutto ciò esploderà, rivelandosi devastante.
Soluzioni? Probabilmente no. La più manichea, forse, dirà qualcuno: una fase 1 prolungata a spese dello Stato, in attesa di una fase 2 di riapertura totale, anche se lontana nel tempo, ma sicuramente al riparo dalla tensione sociale di una riapertura per gradi.
In medio stat virtus, forse, ma non sempre.
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