Diritti

L’irriducibile razzista

17 Novembre 2023

 

A smentire la narrazione che, anche nel periodo fascista, vede l’isola e i siciliani poco protagonisti di quanto di negativo avviene nel resto della penisola ricordiamo, per i nostri lettori, come il mefitico Antisemitismo abbastanza presente nella cultura nazionale che, a seguito dell’approvazione delle leggi razziali il 17 novembre 1938, caratterizzerà negativamente il regime fascista sia stato presente fra gli intellettuali dell’isola ed ha, purtroppo, profonde radici siciliane. Basta infatti ricordare la figura di Telesio Interlandi, “il miglior giornalista del fascismo” secondo la definizione di Leo Longanesi, che nacque a Chiaramonte Gulfi in provincia di Ragusa.

Interlandi che, nel ventennio, si era distinto per le sue posizioni estremiste – celebri i suoi attacchi alla parte moderata del fascismo e al filosofo conterraneo Giovanni Gentile – fu l’esempio più eclatante dell’antisemitismo fascista, inoltre ebbe, una grande influenza sul fascismo ed essendo particolarmente vicino a Benito Mussolini godette di grande potere tanto da influenzare, decisamente, la stretta che il regime impose alla stampa rendendosi, fra l’altro, responsabile della drastica epurazione che, nel 1927, si abbatté come una scure su molti giornalisti sospettati di essere poco allineati col regime.

Per dare voce al suo delirio, con il sostanzioso intervento finanziario di imprenditori vicini al fascismo, aveva fondato e diretto il quotidiano “Il Tevere”, giornale ben presto divenuto organo ufficioso del partito mussoliniano che, quando ancora non era argomento prioritario nell’agenda politica del regime, aveva introdotto nel dibattito pubblico il tema dell’antisemitismo.

Molti editoriali del quotidiano firmati dall’Interlandi sostenevano infatti la necessità dell’immediata adozione di una politica antisemita, e questo, nonostante nelle alte gerarchie fasciste ci fossero ancora parecchi ebrei. Si può ben affermare che “Il Tevere”, preparò il terreno sul quale si calarono le leggi razziali.

Ma Telesio Interlandi non si accontentò di ritagliarsi sempre più ampi spazi di comunicazione per diffondere le sue idee razziste ma si piccò anche di offrire strumenti per promuovere “scientificamente” l’idea di razza.

Nei primi di agosto del 1938, qualche mese prima che la svolta razzista del regime divenisse scelta istituzionale, promosse la pubblicazione di una rivista, “La difesa della Razza” per la quale chiamò a raccolta il meglio, si fa per dire, della cultura antisemita italiana. La rivista, con cadenza quindicinale, dai primi di agosto del 1938 e fino all’inizio del 1943, fu la voce culturale più autorevole dell’antisemitismo fascista.

Nel disegno di Interlandi – che intanto aveva scritto un discusso pamphlet, dal titolo “Contra Judaeos” che Mauro Canali definisce “il distillato del suo antisemitismo – c’era l’obiettivo orripilante di formare in Italia una solida coscienza antisemita che il filosofo esoterico Julius Evola, considerava poco presente in Italia mentre era molto presente in Germania.

Il primo numero “La difesa della Razza” ripubblicava, con caratteri in grassetto, il Manifesto degli scienziati razzisti, che indicava l’adesione alle correnti del razzismo biologico.

All’art. 1 di quel delirante manifesto si legge infatti che «Le razze umane esistono. L’esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.».

La rivista godette nei suoi primi anni di vita di un successo, forse, spropositato per i messaggi che rilanciava al punto da registrare una vasta diffusione e, in conseguenza, un’altissima tiratura. Infatti, nei primi anni della sua pubblicazione, che coincisero con gli anni delle epurazioni, la tiratura oscillò tra le 140 e le 150 000 copie.

Molto seguiti erano gli scritti del già citato filosofo idealista Julius (Giulio) Evola, anche lui di lontana origine siciliana, nemico della modernità nella quale individuava l’origine del caos e della disgregazione del suo tempo.

Evola perorava addirittura una vera e propria crociata contro la modernità che considerava causa della degenerazione e dei mali assoluti in cui, a suo dire, versava l’Occidente.

L’influenza devastante di Interlandi e la sua ossessione razzista, si fecero sentire anche nel momento in cui, scavallato Mussolini, venne fondata la Repubblica sociale italiana facendosi, insieme ad Alessandro Pavolini, quinta colonna dell’intransigentismo nazista.

In tale veste fu uno dei più autorevoli consigliori del duce e fra quelli che spinsero perché si celebrasse il processo di Verona.

Dopo il 25 aprile, Interlandi, che godeva negli ambienti culturali di notevole credito, riuscì a sfuggire alla caccia al fascista rimanendo nascosto fino al 1946 quando poté tornare libero in seguito alla cosiddetta “amnistia Togliatti.”

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