Diritti
Liceo classico e Accademia? Questa è una residenza seria, non fa per te
Via libera al pregiudizio. Dopo il cameriere respinto perché di colore e la coppia gay esclusa da un albergo, adesso tocca anche agli studi umanistici. Uno studente, diplomato al liceo classico e iscritto all’Accademia di belle arti di Brera, è stato rifiutato da una residenza universitaria per un presunto stile di vita inadeguato.
In cerca di un alloggio dove risiedere a Milano e studiare nella scuola che fu frequentata da Pellizza da Volpedo, Segantini e Medardo Rosso e dove insegnarono Achille Funi, Carlo Carrà e Dario Fo, il giovane ha contattato vari collegi e studentati specificando di avere una maturità classica e di cercare una sistemazione non lontana dall’Accademia.
Ha ricevuto una email di risposta da una prestigiosa residenza universitaria, il cui responsabile (che su LinkedIn si definisce educatore) spiega che la sistemazione non è adatta a lui perché gli altri studenti ospiti, prevalentemente ingegneri, loro sì, fanno studi pesanti. Inoltre nella residenza regnano rispetto e discrezione e comportamenti ineccepibili.
L’educatore ritiene che frequentare una delle maggiori istituzioni culturali italiane (e studiare per esempio Pittura, Scultura, Storia dell’arte e della musica, Anatomia, Chimica applicata al restauro, Diritto legislazione ed economia dello spettacolo, Economia e mercato dell’arte, Tecnologie per la diagnostica, Iconografia biblica o Rendering 3D), invece, implichi dispersione, superficialità, trasandatezza, addirittura eccentricità nel vestire e nella persona.
Sospetta che un umanista e aspirante artista, o insegnante, o direttore di museo frequenti stili di vita troppo liberi ed originali, adombra che la sua presenza possa turbare gli equilibri interpersonali tra gli studenti e persino paventa il rischio (ma in che senso?) di subalternità o superiorità reciproca.
Insomma, passando dal «lei» al «tu», l’educatore conclude «che non sia questo il posto ideale per te».
Questo è il punto di svolta delle nuove discriminazioni, comune anche alle risposte date al cameriere di colore e alla coppia gay: non sono io che ti discrimino, amico mio, anzi lo dico per te: «Non vorrei che tu ti trovassi isolato».
È il sospiro di liberazione dal pudore, il via libera al pregiudizio: ti respingo per aiutarti a casa tua.
…Io non sono razzista e omofobo, ho addiritttura degli amici gay, ho un lontano cugino che ha fatto il classico, ho persino sposato una donna…
Certo, se stai lontano da me, ti sentirai meno isolato.
E su questo siamo tutti d’accordo.
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