Diritti
L’eutanasia di Stato che ha ucciso Charlie è inumana
La vicenda dell’omicidio di Stato, perché di ciò si tratta, del piccolo Charlie Gard è un atto di inaudita violenza. Pensando a questa vicenda mi è tornata alla mente la canzone dei C.S.I. dal titolo “Memoria di una testa tagliata”, in cui Giovanni Lindo Ferretti si chiedeva – salmodiando – “Chi è che sa di che siamo capaci tutti/Vanificato il limite oramai/Vanificato il limite”. Lì si parlava di guerra, qui di eutanasia di Stato. Ambiti in cui, vanificato il limite, si entra nell’oscuro territorio dell’inumano.
Da semplice essere pensante e da genitore questa vicenda mi ha molto colpito. E mi ha fatto riflettere molto anche rispetto alle posizioni in campo in cui si sono tirate in mezzo l’Europa o i dibattiti recenti su DJ Fabo, con molti sostenitore della difesa della vita a oltranza (a cui, va riconosciuto, una certa coerenza su questi temi calza con più facilità), molto presi a sovrapporre più questioni. Vuoi per ragioni ideologiche o per passioni autentiche, ci si è rimessi a fare il tifo.
Da cattolico, non so se adulto o minorenne, provo a condividere i miei sentimenti, scaturiti da quanto ho conosciuto di questa mesta vicenda.
Innanzitutto penso che la decretazione di un tribunale britannico, appellatosi al principio del “best child interest“, attuata contro il volere dei genitori con il glaciale distacco che solo le istituzioni totali hanno, sia una bestemmia non solo per gli ipercattolici dei vari movimenti per la vita, ma anche per i più accaniti liberali o libertari. Perché, mi chiedo, una ingerenza così violenta delle Istituzioni nella dimensione di cura e sofferenza di due genitori verso la loro amata creatura? Quali le ragioni sottostanti al diniego di un viaggio della speranza per cercare strade possibili di cura per il figlio (tanto più senza oneri a carico di quello stesso Stato, visto l’onda emotiva che ha permesso di raccogliere oltre un milione e mezzo di euro per le cure)? Non riesco a trovare risposte, se non, per l’appunto lo scivolamento repentino verso una società inumana.
Da ciò sono arrivato, per sommarie riduzioni cognitive, a pensare che questo caso non c’entra nulla né con DJ Fabo, né con Englaro. Perché in quei casi o la persona stessa (Dj Fabo) o chi quella persona l’aveva messa al mondo e vista soffrire per anni (Englaro), mosso da prostrazione, sofferenza e fatica, aveva deciso che la condizione in cui versavano essi stessi o la carne della loro carne, non era più umanamente sopportabile. La decisione stava nel perimetro delle vigili coscienze impastate di dolore. E per questo, a mio avviso, poco opinabili da terzi.
L’ulteriore approdo a cui sono giunto è stato quello di una ancora più forte convinzione che una buona legge sul “fine vita” non solo sia una conquista di civiltà ma, soprattutto, sia anche una barriera chiara e forte contro qualsiasi ingerenza dello Stato e delle sue Istituzioni in questioni che attengono alla sfera più intima – e tragica – dell’individuo. Con una chiara legge probabilmente Charlie non sarebbe stato ucciso per volere di un tribunale. Se eutanasia c’è è proprio perché si lascia che certi vuoti – creati dall’espansione della tecnologia in campo medico – siano riempiti da giudici distanti dal reale e occupati solo a decretare una scientista applicazione della legge.
Infine, è bene dirlo, qui l’Europa famigerata e bistrattata non c’entra molto. C’entra, semmai, una certa ignavia della Corte Europea per i Diritti Umani che, sfregandosi le mani in un candido panno intriso di “diritto”, ha fatto come Ponzio Pilato. Dicendo che in questo caso alla legge britannica – che già si era espressa – toccava l’ultima parola.
Insomma, si tratta di una vicenda triste. Vedere le foto di questi due genitori con il loro piccolo, sorridenti nonostante la malattia del loro piccolo e a lui legati da un amore struggente è qualcosa che strazia da un lato e – in un certo senso – conforta dall’altro, poiché testimonia di sentimenti che persistono nonostante tutto; ricordandoci che, con la loro strenua e commovente resistenza a uno Stato – in questo caso – assassino, si può fare breccia nell’inumano che ci circonda.
E, visto che ho iniziato con il riferimento al saggio Lindo Ferretti, termino ancora con un altro suo testo – “A tratti” – che mi pare si possa oggi dedicare a Charlie, a cui va il mio pensiero e la mia gratitudine per avermi costretto a essere umano.
“Nell’occhio inconsapevole di un cucciolo animale/Archivio vivente della Terra/Un battito di ciglia sonnolente racchiude un’esistenza/Spazio determinato, costretto dilatabile/Spazio determinato, costretto dilatabile mi incanta.”
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@Alemagion
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