Diritti
L’ennesimo eccidio, stavolta ai confini d’Arabia
Secondo un rapporto di Human Rights Watch del 21 agosto 2023, “They Fired on Us Like Rain”, al confine fra Yemen e Arabia Saudita è in atto un massacro di migranti che cercano di entrare in territorio saudita da parte delle guardie di frontiera[1].
I migranti sono in maggioranza etiopi, ma anche somali ed eritrei. I migranti etiopi sono economici ma anche richiedenti asilo che fuggono dalla brutale guerra civile che insanguina il paese. Essi giungono a Gibuti, da lì attraversano il golfo di Aden e sbarcano da imbarcazioni fatiscenti, sovraffollate e con pochi viveri. I trafficanti yemeniti, in accordo con le truppe Houthi – una delle fazioni in lotta nella guerra iniziata nel 2014[2] – trasferiscono i migranti nel governatorato di Saada, dove vengono separati in base all’etnia di appartenenza: i Tigrayani vengono alloggiati nel campo di Al Raqw, mentre gli Oromo in quello di Al Thabit. Qui i migranti subiscono vessazioni e violenze di ogni tipo; spesso i trafficanti pretendono denaro extra rispetto a quanto pattuito e rinchiudono in centri di detenzione chi non è disposto o non può pagare.
Saada è una antica capitale del nordovest yemenita, posta ad oltre 1800 metri di altitudine, che nel 2004 vede la nascita del movimento Houthi, divenendone da allora la roccaforte[3]. Le milizie Houthi setacciano gli ospedali cittadini alla ricerca di migranti feriti nel tentativo di oltrepassare il confine e li portano nei campi gestiti dai trafficanti. Qui decine di migliaia di persone attendono il proprio turno per tentare di entrare in Arabia: i trafficanti inviano regolarmente gruppi fino a 200 fra uomini, donne e bambini, molti dei quali completamente soli.
Chi non è in grado di pagare la tariffa di viaggio per intero viene spedito in testa al gruppo, con enormi probabilità di finire sotto il fuoco dell’artiglieria saudita: l’indagine condotta da Human Rights Watch (HRW) allo scopo di monitorare la situazione nell’area rivela un preoccupante cambio di strategia da parte del governo saudita. HRW registra dal 2014 (anno di inizio del conflitto nello Yemen) le condizioni dei migranti che attraversano il paese per approdare in Arabia Saudita. Se nei primi anni, a fronte di violenze e vessazioni, le uccisioni di migranti nell’area sono un fatto occasionale, nell’ultimo anno e mezzo le guardie di frontiera uccidono persone a centinaia, sparando a bruciapelo o colpendo la folla con mortai e armi esplosive lanciate dalle auto di pattuglia.
Secondo le stime dell’organizzazione, vengono organizzati dai trafficanti i primi undici grandi gruppi di spedizione per un totale di 3442 persone dalla seconda metà del 2021: i migranti intervistati raccontano che almeno 655 di queste siano morte negli attacchi. Successivamente partono ulteriori nove spedizioni, che coinvolgono 1630 persone. In questo caso i sopravvissuti complessivi ammontano a 281. Questi riescono a fornire dati sui caduti perché spesso, dopo la fine degli spari, essi tornano sul campo per portare via i cadaveri.
Dei successivi quattro gruppi partiti alla volta del confine, gli intervistati non sono in grado di fornire stime utili all’indagine. I morti per mano delle guardie di frontiera saudite potrebbero dunque essere migliaia. Il campionario di atrocità commesse si arricchisce, purtroppo, di ulteriori elementi: le persone che tentano di attraversare il confine in gruppi più piccoli vengono fatte entrare in territorio saudita, sotto l’occhio dei militari, che in seguito si avvicinano e chiedono ai migranti in quale arto preferiscano essere colpiti prima di sparare.
Testimoni descrivono ripetuti episodi di pestaggi avvenuti utilizzando rocce e barre di metallo; le percosse arrivano spesso anche dopo la fine degli attacchi con i razzi, mentre alcuni sopravvissuti maschi vengono obbligati a violentare le donne del gruppo, pena l’immediata uccisione; chi riesce a fuggire è roso dal senso di colpa per non aver potuto aiutare i propri compagni. Una volta terminato un attacco, che può durare ore o giorni, i sopravvissuti vengono spesso rinchiusi in centri di detenzione sul territorio saudita, a volte per mesi interi, senza riguardo per le condizioni in cui versano. Chi torna nei campi yemeniti di Al Thabit e Al Raqw o nel vicino villaggio di Al Gar non riceve alcuna assistenza medica; solo alcuni riescono ad arrivare agli ospedali di Saada o Sana’a, grazie al sostegno dei fondi raccolti dai propri parenti.
Mancano completamente gli organismi internazionali di monitoraggio delle violazioni dei diritti umani, dopo che il Gruppo di esperti incaricato dallo United Nations Human Rights Council (Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite) viene sciolto nel 2021 a seguito delle pressioni esercitate sul Consiglio dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. Ma a dispetto della terribile crisi umanitaria che affligge il paese dal 2015, lo Yemen continua ad essere uno dei più frequentati punti di transito lungo la rotta delle migrazioni che dal Corno d’Africa conduce in Arabia Saudita: nel 2022 sono stati registrati 73.233 arrivi di migranti, il 92% dei quali etiopi in arrivo da Gibuti e dalla Somalia, quasi tutti diretti in Arabia Saudita[5].
Il numero dei migranti è in crescita rispetto al 2020 e al 2021, ma è la metà dei numeri raggiunti prima della pandemia da COVID-19. L’aumento del numero di migranti etiopi è costante, dunque: gli scafisti a Gibuti e i trafficanti nello Yemen favoriscono il loro ingresso in un paese nel quale circa 43.000 persone in transito sono bloccate (in condizioni disastrose) in diverse zone del paese, a causa delle limitazioni alla libertà di movimento seguite all’inizio del conflitto, con il rischio di trasferimenti forzati lungo le varie linee del fronte[6].
Le difficoltà quasi insormontabili che i migranti incontrano nello Yemen vengono dopo i pericoli di cui è pieno l’attraversamento del Corno d’Africa: a Gibuti, nel maggio 2023, un minivan in cui sono stipate cinquanta persone ha un incidente stradale, nel quale perdono la vita tre persone, mentre i molti feriti vengono lasciati sulla strada dai trafficanti locali in fuga. Il mezzo si schianta contro un ammasso di rocce mentre viaggia a forte velocità lungo il deserto con l’obiettivo di raggiungere senza intoppi il porto di Obock, da cui partono le barche per lo Yemen.
Il punto di entrata a Gibuti dei migranti etiopi è la città costiera di Tadjourah, nel nord del paese: il tratto Tadjourah-Obock è una parte della “Eastern Route”, la strada che dal Corno d’Africa conduce al sogno, l’Arabia[8]. A Gibuti i migranti intercettati dalle forze di polizia vengono soccorsi dai medici dell’International Organization for Migration e dalla locale associazione della comunità etiope; alcuni di loro ricevono assistenza per tornare a casa, chi ne ha la forza prosegue il viaggio[9].
A seguito di un accordo fra il governo etiope e quello saudita, ad aprile 2022 inizia il rimpatrio forzato di circa 100.000 cittadini etiopi, che si ritrovano ad Addis Abeba dopo aver affrontato terribili avventure per arrivare in Arabia[10]. Dopo il rapporto di Human Rights Watch sulle uccisioni sistematiche al confine Yemen-Arabia Saudita, alla fine di agosto 2023 il governo etiope annuncia l’avvio di un’indagine congiunta con Ryiadh sull’accaduto. Gli Stati Uniti, storicamente vicini all’Arabia, sollecitano un’indagine approfondita, così come l’Unione Europea, che esprime preoccupazione per il rapporto di HRW, condivisa dal portavoce ONU Stéphane Dujarric.
Tutta qui la reazione del mondo politico e diplomatico occidentale di fronte a quanto sarebbe accaduto, anche se già nel 2022 esperti ONU riferiscono di bombardamenti di artiglieria e dell’utilizzo di armi leggere da parte delle guardie di confine saudite, che avrebbero causato la morte di 430 migranti nel nord dello Yemen e nel sud dell’Arabia Saudita fra gennaio e aprile 2022[11]. Gli stessi miliziani Houthi, accusati di collaborare con i trafficanti, indicano le guardie saudite come responsabili di uccisioni di migranti e di cittadini yemeniti. La fazione Houthi, leader della regione ovest dello Yemen, è sostenuta dall’Iran e combattuta da Riyadh, attore importante nel conflitto yemenita dal 2015[12].
Proprio nel 2015 il principe ereditario al trono dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman Al Sa’ud assume la carica di Ministro della Difesa del paese, sovrintendendo quindi le operazioni militari nel territorio yemenita. Nell’ottobre 2016 un attacco aereo della coalizione a guida saudita su un affollato corteo funebre a Sana’a causa la morte di circa 100 persone e il ferimento di ulteriori 500: oltre a personale militare e funzionari civili, sono presenti al corteo un gran numero di civili. Questo episodio segue una serie di attacchi a scuole, mercati, ospedali, matrimoni e private abitazioni nei due anni precedenti, probabili crimini di guerra su cui latitano indagini imparziali e approfondite[13].
È del 2020 la notizia del tentativo di seppellire una dettagliata analisi interna del Dipartimento di Stato USA secondo cui Washington potrebbe essere legalmente responsabile per crimini di guerra nel conflitto yemenita a causa delle vendite di armi all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti[15]. Nel 2019 il Dipartimento di Stato avrebbe anche mentito al Congresso circa la propria capacità di monitorare gli attacchi della coalizione: essi conoscerebbero i movimenti e l’utilizzo delle armi nella guerra in corso, pur avendo dichiarato il contrario[16].
Queste armi, nella disponibilità del Ministero della Difesa saudita, potrebbero essere fra quelle utilizzate dalle guardie di frontiera per uccidere i migranti etiopi provenienti dallo Yemen. Guardie che, negli ultimi otto anni, sono state addestrate dal Security Assistance Program dell’esercito degli Stati Uniti (il programma è terminato nel luglio 2023)[17]. Nel caso del giornalista saudita Jamal Khashoggi, ucciso e fatto a pezzi nel palazzo del consolato saudita a Istanbul nel 2018, l’Intelligence statunitense pubblica nel 2021 un documento in cui emerge chiaramente l’approvazione del principe bin Salman[18] per l’omicidio del giornalista da parte di funzionari sauditi, capeggiati dal feroce Mohammed Dahlan[19].
Nel 2019 il futuro presidente USA Joe Biden, durante la propria campagna elettorale, dichiara che avrebbe reso l’Arabia Saudita un paria nella comunità internazionale a causa dei crimini commessi e delle continue violazioni dei diritti umani[20]; nel novembre 2022 l’amministrazione Biden si pronuncia a sostegno della richiesta di immunità legale da parte di bin Salman nell’ambito di una causa intentata contro di lui dalla compagna di Khashoggi[21] e dall’associazione Democracy for the Arab World Now (DAWN)[22], adducendo come motivazione la carica di Primo Ministro dell’Arabia Saudita assunta poco tempo addietro dal principe[23].
Sul fronte interno saudita, la legge antiterrorismo del 2017[24] e le misure contro la criminalità informatica[25] si rivelano da subito efficaci strumenti di repressione nei confronti di qualunque forma di dissenso, minando il diritto ad un giusto processo: le procure saudite possono arrestare e detenere persone, monitorare le loro comunicazioni e dati finanziari, perquisire le loro proprietà e sequestrare beni senza controllo giudiziario. Il governo saudita tenta anche di infiltrarsi nelle piattaforme tecnologiche per spiare i propri sudditi: nel dicembre del 2022 Ahmad Abouammo, un ex dipendente di Twitter, viene condannato a oltre tre anni di carcere dalla corte distrettuale federale della California per spionaggio in favore dell’Arabia Saudita[26]. Riyadh incoraggia la popolazione a servirsi dell’applicazione per smartphone chiamata Kollona Amn (traducibile con l’espressione: Siamo tutti sicurezza) per denunciare qualunque tipo di attività criminale, ivi compresi gli attacchi, la diffamazione e l’utilizzo “improprio” dei social network.
Sarebbe stato proprio Kollona Amn[27] lo strumento che porta all’arresto, nel gennaio 2021, di Salma al-Shehab, dottoranda all’ultimo anno presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Leeds e madre di due figli[28]. La donna, colpevole di aver scritto un tweet vagamente critico nei confronti di un progetto infrastrutturale del regno, viene condannata in primo grado a sei anni, che dopo il processo di appello, chiesto dai legali della donna, diventano trentaquattro, con l’aggiunta di ulteriori trentaquattro anni di divieto di espatrio, da scontare una volta terminata la pena detentiva[29].
Nello stesso periodo Biden è in Arabia Saudita per chiedere invano a bin Salman un sostegno nel calmierare il prezzo dei carburanti, in vertiginoso aumento anche negli Stati Uniti[31]. Nessuna critica e nessun accenno alla vicenda al-Shebab da parte dell’amministrazione USA, eccezion fatta per una dichiarazione del Dipartimento di Stato, che afferma di stare studiando il caso[32]. Nel luglio 2022 il presidente francese Emmanuel Macron incontra all’Eliseo il principe ereditario saudita per discutere di approvvigionamenti energetici: anche qui, come nell’incontro con Biden, la richiesta è di aumentare la produzione petrolifera per contrastare gli effetti del taglio alla fornitura di gas all’Europa deciso dalla Russia dopo l’inizio del conflitto con l’Ucraina[33]. Nell’occasione l’Organizzazione Mondiale contro la Tortura e altre organizzazioni umanitarie inviano una lettera congiunta al presidente francese, accusandolo di contribuire, incontrando bin Salman, a nascondere le atrocità commesse dal regime di Riyadh[34].
Macron è, nel dicembre 2021, il primo leader occidentale ad allacciare una relazione con bin Salman dall’omicidio di Khashoggi; le ragioni ufficiali dei colloqui, incentrati sulle prospettive di distensione con l’Iran e sulla lotta al fondamentalismo islamista nell’area mediorientale e nel corno d’Africa, non possono far dimenticare che la Francia è uno dei maggiori fornitori di armi dell’Arabia Saudita[35]. Macron e bin Salman si incontrano ancora una volta nel giugno del 2023. Al centro del summit, oltre alle questioni di sicurezza regionale, anche la promozione sempre più esplicita, da parte del principe, dell’Arabia Saudita come attore emergente sulla scena internazionale, promotore di attività che hanno lo scopo di aumentarne il prestigio, in verità piuttosto appannato: le principali sono la candidatura di Riyadh per l’Expo 2030, ma anche Vision 2030, la strategia di sviluppo saudita per l’era post petrolifera[36], di cui l’avveniristica città nel deserto (NEOM[37]) potrebbe essere uno dei cardini, se non fosse un progetto ricco di controindicazioni, ulteriori violazioni dei diritti umani ed enormi problemi realizzativi[38].
Bin Salman sa di essere necessario ad un occidente bisognoso di certezze circa la disponibilità di petrolio nel breve e medio periodo, dunque tenta di garantire al proprio paese un futuro solido anche dopo la fine dell’era del petrolio promuovendo senza remore una azione politica a doppio binario: repressione selvaggia delle dissidenze e dei diritti civili da una parte, progetti grandiosi e volontà di imporsi al mondo dall’altra, anche attraverso la sempre maggiore influenza del locale fondo sovrano d’investimento, il Public Investment Fund (PIF). Iniziative come il progetto Vision 2030 potrebbero condurre il PIF a diventare il più ricco fondo sovrano del mondo[39]. Il Fondo possiede oggi quote di diverse compagnie statunitensi fra cui Citi Bank, Boeing, Facebook[40], Disney, Starbucks[41] e britanniche come BP[42].
Nello sport il PIF fa il proprio ingresso acquistando, nel 2021, la squadra inglese del Newcastle United[43], prima di diventare proprietaria delle quattro compagini più importanti del campionato nazionale calcistico saudita, la Saudi Pro League[44]. Legandosi a doppio filo ai destini delle economie occidentali, bin Salman ha la certezza di poter agire pressoché indisturbato nel solerte lavoro di conservazione perpetua del proprio potere interno, con i governi del mondo “sviluppato” che sono sempre più sordi agli appelli delle associazioni per i diritti umani: nell’ottobre 2021 il Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU respinge la risoluzione di rinnovo del mandato per il Gruppo di Eminenti Esperti (Group of Eminent Experts – GEE)[45], organismo indipendente chiamato ad indagare sulle violazioni dei diritti umani nel conflitto yemenita. La decisione giunge, come già descritto, a seguito di un’aggressiva campagna di lobbying portata avanti dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti[46].
Si tratta dell’ennesima situazione in cui nessuno sembra poter far nulla. La tensione internazionale è tale, che oramai più nulla è tabù. Il fallimento generale della missione originaria delle Nazioni Unite è forse una delle più grandi catastrofi dei nostri tempi, anche perché avviene nel silenzio totale dei governi e con un’opinione pubblica stressata e dalle diverse guerre, sempre più terribili e sempre più vicine. Un’analisi che giova poco a quelle migliaia di esseri umani che, come formiche, vanno quotidianamente al macello.
[1] https://www.hrw.org/report/2023/08/21/they-fired-us-rain/saudi-arabian-mass-killings-ethiopian-migrants-yemen-saudi
[2] https://ibiworld.eu/theglobalist/2021/11/12/socotra-the-last-wonderful-enchanted-island/
[3] https://www.middleeastmonitor.com/20190318-yemen-army-controls-areas-in-houthi-stronghold-of-saada/
[4] https://www.youtube.com/watch?v=f90vwqCYU1c
[5] International Organization for Migration’s Displacement Tracking Matrix: YEMEN FLOW MONITORING REGISTRY Non-Yemeni Migrant Arrivals and Yemeni Migrant Returns to Yemen in 2022, p.1-2
[6] International Organization for Migration’s Displacement Tracking Matrix: YEMEN FLOW MONITORING REGISTRY Non-Yemeni Migrant Arrivals and Yemeni Migrant Returns to Yemen in 2022, p.2
[7] https://news.sky.com/story/saudi-arabia-border-guards-likely-killed-hundreds-of-unarmed-migrants-crossing-from-yemen-in-recent-years-report-claims-12944443
[8] https://storyteller.iom.int/stories/when-tragedy-strikes-migration-journey-ends-deadly-ethiopians-djibouti
[9] https://storyteller.iom.int/stories/when-tragedy-strikes-migration-journey-ends-deadly-ethiopians-djibouti
[10] https://www.iom.int/news/funding-needed-assist-over-100000-ethiopian-migrants-returning-kingdom-saudi-arabia
[11] https://www.lemonde.fr/en/le-monde-africa/article/2023/08/22/ethiopia-announces-probe-into-alleged-migrant-killings-in-tandem-with-saudi-arabia_6103345_124.html
[12] https://www.africanews.com/2023/08/21/hrw-accuses-saudi-border-guards-of-killing-hundreds-of-ethiopian-migrants/
[13] https://www.hrw.org/news/2016/10/13/yemen-saudi-led-funeral-attack-apparent-war-crime
[14] https://time.com/5692863/jamal-khashoggi-murder-anniversary/
[15] https://www.nytimes.com/2020/09/14/us/politics/us-war-crimes-yemen-saudi-arabia.html
[16] https://www.warren.senate.gov/oversight/letters/senator-warren-gets-answers-from-centcom-commander-about-yemen-operations
[17] https://www.washingtonpost.com/national-security/2023/08/31/saudi-yemen-migrants-us/
[18] https://www.dni.gov/files/ODNI/documents/assessments/Assessment-Saudi-Gov-Role-in-JK-Death-20210226v2.pdf
[19] https://ibiworld.eu/theglobalist/2021/11/28/mohammed-dahlan-assassin-for-the-king/#_ftn102
[20] https://theintercept.com/2019/11/21/democratic-debate-joe-biden-saudi-arabia/
[21] https://apnews.com/article/biden-business-lawsuits-journalists-jamal-khashoggi-49f3e4ce88aa21bf2ba603dcbb32277f
[22] https://s3.documentcloud.org/documents/7273439/10-20-20-Cengiz-v-Bin-Salman-Complaint.pdf
[23] https://dawnmena.org/wp-content/uploads/2022/11/DAWN-53-1.pdf
[24] https://www.hrw.org/news/2017/11/23/saudi-arabia-new-counterterrorism-law-enables-abuse
[25] https://www.hrw.org/news/2014/11/22/saudi-arabia-assault-online-expression
[26][26] https://www.nbcnews.com/tech/security/former-twitter-employee-sentenced-three-years-prison-spying-saudi-arab-rcna61384 ; https://www.washingtonpost.com/national-security/former-twitter-employees-charged-with-spying-for-saudi-arabia-by-digging-into-the-accounts-of-kingdom-critics/2019/11/06/2e9593da-00a0-11ea-8bab-0fc209e065a8_story.html
[27] https://www.theguardian.com/world/2022/aug/17/saudi-arabia-snitching-app-jailed-leeds-student-salma-al-shehab
[28] https://www.washingtonpost.com/world/2022/08/17/saudi-salma-shehab-activist/
[29] https://alqst.org/en/post/34-years-jail-for-womens-rights-activist-salma-al-shehab
[30] https://www.amnesty.org/en/latest/news/2022/08/saudi-arabia-quash-34-year-prison-sentence-for-student-salma-al-shehab/
[31] https://edition.cnn.com/2022/08/03/energy/joe-biden-saudi-trip-opec-analysis/index.html
[32] https://www.reuters.com/world/middle-east/us-studying-34-year-sentence-activist-salma-al-shehab-saudi-arabia-state-dept-2022-08-17/
[33] https://www.lemonde.fr/en/international/article/2022/07/28/honors-and-negotiations-for-mohammed-bin-salman-s-paris-visit_5991784_4.html
[34] https://www.omct.org/en/resources/statements/civil-society-urges-president-macron-to-consider-saudi-arabias-horrific-human-rights-record-during-crown-princes-visit-to-paris
[35] https://www.reuters.com/world/asia-pacific/khashoggis-shadow-macron-set-saudi-talks-with-crown-prince-2021-12-04/
[36] https://www.lemonde.fr/en/international/article/2023/06/17/mbs-brings-diplomatic-offensive-to-paris-where-interests-don-t-always-align_6033021_4.html
[37] THE SAUDI DREAM OF A CITY IN THE DESERT – The Global Pitch (ibiworld.eu)
[38] https://ibiworld.eu/theglobalist/2022/09/18/the-saudi-dream-of-a-city-in-the-desert/
[39] https://www.reuters.com/world/middle-east/saudi-arabias-pif-hires-banks-advise-esg-ifr-2021-09-07/
[40] https://www.cnbc.com/2020/05/16/saudi-sovereign-fund-discloses-stakes-in-citi-boeing-facebook.html
[41] https://www.hollywoodreporter.com/business/business-news/saudi-arabias-investment-fund-adds-disney-facebook-holdings-1294855/
[42] https://www.forbesmiddleeast.com/list/saudis-2020-investments-so-far
[43] https://www.bbc.com/news/newsbeat-58842557
[44] https://www.dailymail.co.uk/sport/football/article-12161201/Saudi-Arabias-PIF-takes-control-four-clubs-including-Cristiano-Ronaldos-Al-Nassr.html
[45] https://www.ohchr.org/en/press-releases/2021/10/statement-group-experts-yemen-hrc-rejection-resolution-renew-their-mandate?LangID=E&NewsID=27636
[46] https://www.theguardian.com/world/2021/dec/01/saudi-arabia-yemen-un-human-rights-investigation-incentives-and-therats
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