Diritti
Le donne di RAWA: “La nostra lotta un seme, fiorirà nell’Afghanistan di domani”
All’intervista che segue, inizialmente destinata a una militante di uno dei gruppi di resistenza clandestina afghani, attualmente non reperibile per ragioni di sicurezza, hanno gentilmente risposto alcune compagne del collettivo rivoluzionario RAWA – fra i gruppi femministi più radicali e attivi del Paese da oltre 40 anni. RAWA ha già concesso diverse interviste ad altre testate in Italia nelle scorse settimane, dopo l’annuncio del ritiro americano. Ancora per ragioni di sicurezza, fra le domande e le risposte sono intercorsi diversi giorni; laddove necessario per legarsi alle ultime vicende di cronaca, siamo intervenuti con opportune note. Ringraziamo le attiviste del Cisda – Coordinamento italiano sostegno donne afghane – per la collaborazione.
Le immagini del caotico ritiro delle forze NATO da Kabul e altri luoghi dell’Afghanistan ad agosto, mentre la gente comune cercava di fuggire, hanno scioccato l’opinione pubblica in tutto il mondo. Eppure, la decisione era stata annunciata da diverso tempo. Perché, secondo voi, l’ultima parte delle operazioni di ritiro è stata gestita in questo modo? Vi aspettavate un simile caos?
Dal nostro punto di vista, è scioccante che ogni singolo elemento del ritiro dall’Afghanistan nelle scorse settimane sia stato osservato al microscopio, mentre la guerra in sé di tutti questi anni non ha mai ricevuto la stessa attenzione. L’Afghanistan è nel caos da 20 anni; la libertà superficiale e ingannevole che si viveva in alcune delle città più grandi del Paese non aveva alcun valore; è servita soltanto a ingannare la nostra gente e il mondo intero.
Ogni giorno, in questi 20 anni, centinaia di persone venivano uccise dai terroristi, e un incalcolabile numero di bombe esplodeva in tutto il territorio nazionale; il nostro Paese veniva completamente distrutto e le donne vivevano in condizioni disastrose, ma tutto questo non ha trovato quasi nessuno spazio sui media.
Detto ciò, crediamo che gli USA non si aspettassero un’uscita di scena così umiliante, imbarazzante e disonorevole. Non si aspettavano questo caos, e infatti hanno rimandato indietro migliaia di truppe per controllare la situazione. Gli Stati Uniti non si sono ritirati per scelta; sono stati costretti a causa della crisi sfaccettata che vivono nel loro Paese. Il loro fallimento nella gestione della pandemia di Covid-19, l’attacco a Capitol Hill e le infinite proteste contro il governo in tutti gli Stati Uniti hanno obbligato i legislatori a concentrarsi sulle brucianti crisi interne. Inoltre, la guerra afghana è stata una delle più costose di tutta la storia degli USA, gli è costata trilioni di dollari, tutti soldi delle tasse dei cittadini americani.
Dopo 20 anni in cui le istituzioni e i media americani si sono profusi in ogni tipo di retorica riguardo all’importanza di salvare le donne afghane dalla tirannia e di portare la democrazia dove non ce n’è, nel suo primo discorso alla nazione subito dopo le immagini del caos il Presidente Joe Biden ha omesso qualsiasi riferimento a tali argomenti, e ha dichiarato che l’unico obiettivo delle forze armate americane in Afghanistan fosse la guerra al terrorismo. Che cosa ne pensate del discorso di Biden? E quali credete che siano le responsabilità dell’Occidente nell’attuale situazione e nei suoi possibili futuri sviluppi?
Tutti i presidenti americani che si sono succeduti in questi 20 anni di cosiddetta guerra al terrorismo, Biden incluso, hanno le mani macchiate del sangue delle donne, degli uomini e dei bambini afghani più poveri e innocenti. Con le loro dichiarazioni crudeli, demagogiche e senza vergogna, stanno soltanto spargendo sale sulle nostre ferite. Biden dice che il loro unico obiettivo era trovare Osama Bin Laden e ucciderlo… E che tremenda ironia, che alla fine lo abbiano trovato e ucciso in Pakistan!
Negli ultimi 20 anni, una delle nostre richieste è stata la fine dell’occupazione americana, e ancora meglio, che prendessero e portassero via con sé i fondamentalisti islamici e i tecnocrati, e lasciassero decidere la nostra gente del suo proprio destino. Quest’occupazione ha significato soltanto spargimento di sangue, distruzione e caos. Le politiche belliciste americane hanno trasformato il Paese nel luogo più corrotto, insicuro, mafioso e pericoloso per le donne. Purtroppo gli alleati degli USA le hanno seguite senza battere ciglio. Quando una nazione imperialista/capitalista occupa un Paese povero, è solo per soddisfare i suoi obiettivi economici, finanziari, geopolitici e strategici, certo mai in nessun caso per creare “nation building”, portare “democrazia” o farla finita con il “terrorismo”.
Dall’Italia, che pure è uno degli Stati del G7, abbiamo sempre ricevuto una straordinaria solidarietà e vicinanza proveniente della sua gente democratica, in cerca di giustizia e amante della libertà. E crediamo che questa solidarietà sarà per noi una ragione di forza che alla fine, ci permetterà di sconfiggere i nemici.
Qui in Europa, i media e i social media stanno dando grande rilievo alle immagini di disperazione e terrore delle donne afgane. L’impressione è che molte ONG che hanno lavorato in Afghanistan negli ultimi 20 anni stiano cercando di dipingere il loro ruolo come necessario ai fini della libertà delle donne in Afghanistan. È davvero così? Che cosa pensate del ruolo giocato dalle ONG negli ultimi 20 anni? Hanno contributo anche loro ad atteggiamenti di paternalismo verso le donne afghane e la società afghana in generale, che in qualche modo hanno legittimato l’occupazione?
Crediamo che le ONG vengano usate per legittimare l’occupazione e la colonizzazione dei Paesi chiamati del cosiddetto “terzo mondo”; e questo è il ruolo che hanno giocato anche in Afghanistan. Queste ben note ONG internazionali vengono usate per coprire le odiose politiche xenofobe in vigore nei loro Paesi mostrando al mondo un volto “umanitario” e “filantropico”. Chiedono riforme, ma non cambiamenti radicali nella società. Servono gli stessi scopi dei media mainstream, cioè dare vita a un ritratto demagogico dell’Afghanistan per nascondere i loro stessi crimini. Con l’occupazione USA/NATO, qui le ONG sono spuntate come funghi in tutto il Paese, e sono una delle ragioni principali della corruzione finanziaria e burocratica vissuta. I fondi che raccoglievano di solito passavano attraverso una catena di contractor, da quelli interni fino a quelli del posto, finendo nelle mani dei signori della guerra locali; e le persone comuni beneficiavano di appena pochi centesimi. Non ci dimentichiamo che gli stranieri sono corrotti tanto quanto se non più delle loro controparti afghane, e stanno facendo affari persino con questo ritiro; le agenzie di security e gli staff delle ambasciate, spesso tramite i loro agenti afghani, falsificano i documenti facendosi pagare da chi cerca di scappare dai 3.000 agli 8.000 dollari per dire che sono loro interpreti o aiutanti. Il saccheggio, gli imbrogli e la corruzione espressi dalle ONG in Afghanistan forse non ha precedenti nel mondo. Parliamo di scuole immaginarie, progetti immaginari e persino quantità di soldati immaginari, mai esistiti nella realtà! Parliamo di miliardi di dollari immessi nel territorio afghano, solo per scoprire che il giorno in cui i talebani hanno preso il potere le ONG sono scomparse e tutto ciò che all’apparenza avevano “costruito” è collassato. Questo perché quanto avevano “costruito” era tanto falso e superficiale quanto vistoso, allo scopo di raggirare le opinioni pubbliche dei loro Paesi.
Per noi, educare, sviluppare la consapevolezza e mobilitare le masse, particolarmente le donne, è un compito principalmente politico; tuttavia, poiché siamo una nazione povera, analfabeta e affamata, in alcuni casi le ONG più piccole e locali sono state e possono essere d’aiuto, ma solo dietro rigoroso controllo e supervisione. Ce ne sono alcune che hanno costruito scuole, cliniche, progetti che hanno generato ricchezza e corsi di alfabetizzazione nelle zone più remote dell’Afghanistan, utilizzando una quantità di risorse molto limitate, e che hanno ottenuto risultati positivi.
Grazie a voi di RAWA e alle realtà che anche dall’Italia vi sostengono, come il Cisda, sappiamo oggi che in Afghanistan ci sono tante realtà differenti di donne che lottano. Pensate che da queste realtà possa sorgere una nuova Resistenza? Come vi immaginate una possibile Resistenza, e in che modo vi state preparando?
Negli ultimi 40 anni, l’Afghanistan ha vissuto nella morsa di guerre e conflitti infiniti. Negli anni ’80 c’erano sollevazioni armate di persone contro il regime fantoccio e la Russia, e alcune finirono per risultare anche vincitrici. In quell’epoca, affrontavamo un solo nemico; oggi abbiamo tanti nemici, con equipaggiamenti militari massicci e un fortissimo apparato di intelligence; per questa ragione, una guerriglia popolare o delle donne non sarebbe mai in grado di sconfiggerli tramite la lotta armata. In più, in quest’era digitale, per quanto la tecnologia abbia offerto innegabili avanzamenti, ha anche disseminato di ostacoli la lotta e l’attivismo. Prima eravamo abituate a cambiare pseudonimo ogni settimana, e portavamo con noi almeno due passaporti. Adesso, con il sistema biometrico, non possiamo sfuggire a certe minacce. Per queste ragioni la nostra lotta, specialmente la lotta delle donne, ha cambiato forma. Ora ci concentriamo su nutrire le radici dei nostri movimenti tramite l’educazione, coltivando la coscienza politica e rafforzando la consapevolezza delle donne di potersi battere per i loro diritti. Poiché tutte le superpotenze ci assediano, lavoriamo in clandestinità, visto che altrimenti sarà solo una questione di giorni per loro, arrivare a distruggerci. Purtroppo, questo tipo di lotta è molto lento, invisibile sul momento, ma darà i suoi frutti sul lungo periodo. Stiamo piantando i semi per le lotte popolari delle future generazioni che saranno l’Afghanistan di domani, affinché esse possano innaffiare i virgulti e infine godere dei frutti e dell’ombra degli alberi.
Siete in comunicazione con altre realtà della resistenza in Afghanistan? Che cosa pensate della dichiarazione di resistenza anti-talebana di Amrullah Saleh, e su un altro piano, di Ahmad Massoud?
(NDR: successivamente all’intervista, fra il 5 e il 6 settembre scorsi, i talebani hanno annunciato di aver preso il controllo della valle del Panshir dove è ubicata la resistenza di Massoud. Il leader ha lanciato un appello alla “rivolta nazionale” contro i talebani, dopo aver dichiarato giorni fa di essere pronto a formare un “governo inclusivo” con gli stessi talebani).
Purtroppo, questi tipi di resistenza non sono come spesso le persone nel mondo tendono a credere; solo perché sono contro i talebani, non significa che siano meno fondamentalisti o meno criminali. I cosiddetti movimenti guidati da Saleh o da Ahmad Massoud non rappresentano in nessun modo il popolo dell’Afghanistan. Questi signori della guerra e fondamentalisti jihadisti come Mohaqiq, Dostum, Khalili, Sayyaf, Rabbani, Hekmatyar e Ahmad Shah Massoud hanno commesso indicibili quantità di crimini efferati e durante le lotte intestine degli anni 1992-1996 hanno ucciso più di 75mila civili. Inoltre, il loro ruolo non è stato diverso da quello dei talebani: le donne non avevano il permesso di lasciare casa né di lavorare, la musica fu bandita e le elezioni e la democrazia erano considerate un’ideologia “occidentale” e per infedeli.
Quando gli USA nel 2001 hanno invaso l’Afghanistan, hanno riportato al potere questi criminali e misogini, particolarmente l’Alleanza del Nord che era guidata soprattutto da Amrullah Saleh e Abdullah Abdullah. Costoro ricevettero spaventose somme di denaro, equipaggiamento militare, potere politico e tanta propaganda a favore. Durante questi 20 anni, hanno svolto la funzione di mercenari e burattini del governo USA, mascherandosi da “democratici”, “a favore dei diritti delle donne” e “liberali” per attirare l’attenzione del mondo ed essere accettati. Hanno anche offerto posti di Governo alle donne, e paventato che potessero unirsi alla lotta armata! Hanno dichiarato di credere nella democrazia e partecipato alle elezioni. Ma in realtà, sono fratelli di latte con i talebani: misogini, fondamentalisti e reazionari. I loro completi giacca e cravatta, la voce pacata e i visi rasati non bastano a lavare via la loro natura fondamentalista, le mani macchiate di sangue e i tradimenti e i crimini che hanno commesso contro il nostro popolo.
La nostra gente si oppone con fierezza a queste resistenze, e pensa a come costruire una sua propria lotta; ma, purtroppo, abbiamo sofferto tremendamente negli ultimi quattro decenni di guerra. Il nostro popolo non ne può più di chiunque giunga al potere, siano essi i tecnocrati americani, i criminali dell’Alleanza del Nord o i terroristi talebani. Gli afghani li ritengono tutti traditori, al potere solo per fare i propri interessi, per opprimere, derubare e uccidere la gente comune. In più, a causa della mancanza di strutture, di coscienza politica, di attivismo e a una mancanza di organizzazione, non assistiamo a sollevazioni popolari contro l’occupazione, l’imperialismo e il fondamentalismo islamico (NDR: ci sono state alcune coraggiose manifestazioni di donne, agli inizi di settembre 2021, a Herat e a Kabul, salutate con grande favore anche da RAWA). Ci sono partiti/organizzazioni e individui, come il Partito della Solidarietà dell’Afghanistan, Belquis Roshan e Malalai Joya che apportano contributi importantissimi, ma le loro strutture e le loro possibilità sono schiacciate dal potere dei signori della guerra.
Infine, tutti noi abbiamo sacrificato tanto e perso tantissime nostre persone negli ultimi 40 anni. Non abbiamo la libertà di portare avanti alcun attivismo politico, riceviamo ogni giorno minacce di morte e da tanti anni siamo costretti a operare in clandestinità.
Siete in contatto in qualche modo con le donne curde o con altre popolazioni resistenti? Credete che gli uomini e le donne afghane potranno riuscire a prendere ispirazione per la loro resistenza?
Sì, siamo in contatto con le donne curde e abbiamo partecipato alle loro conferenze e ai loro incontri, tenendo anche manifestazioni e proteste in sostegno della loro lotta e resistenza armata. Sono una fonte d’ispirazione per noi, di forza ed energia, e impariamo tanto dalle grandi conquiste che hanno ottenuto. Crediamo che le donne curde, specialmente le donne di Kobane, siano d’ispirazione per le donne di tutto il mondo, ed è un grande onore per noi essere in contatto con loro. Non ci sono solo le donne curde; tutta la nostra ammirazione va anche alle donne iraniane, che stanno portando avanti gloriosi movimenti di resistenza nonostante le brutali regole islamiche e le torture e gli imprigionamenti che subiscono. Noi donne siamo in un costante processo di apprendimento e ispirazione reciproca nelle nostre lotte, e dovremmo cercare di costruire una rete robusta di solidarietà e resistenza contro il fondamentalismo, l’imperialismo e il patriarcato.
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