Diritti
Le donne di Colonia siamo anche noi: la libertà che non abbiamo
Leggo dei fatti di Colonia e non penso a quelle donne, non penso a quegli uomini. Penso a noi, che non eravamo là e li guardiamo da qui, inorriditi e disinformati. L’assurdità di un’azione meschina di massa, così intrisa di ignoranza umana e piena di istinto animalesco, regala a molti lo sguardo delle bigotte in chiesa che si scandalizzano per una ragazza con la minigonna troppo corta, o la sensazione che si prova quando si assaggia il latte scaduto. Chiudiamo la porta del nostro angolo di vita come se Colonia fosse Marte, quegli uomini il male, quelle donne delle malcapitate in un mondo di immigrati e sbandati al quale per fortuna noi non apparteniamo. Vi svelo un segreto: noi in quel mondo ci siamo dentro fino al collo. Anzi, forse lo sdegno ormai arriva un po’ più in su, raggiunge le orecchie e le tappa, quando non vogliamo sapere che sessantadue milioni di donne in Europa (il 33 per cento della popolazione femminile) hanno subìto violenza almeno una volta nella vita. Oltre due terzi di loro raccontano le aggressioni più grave da parte del partner, spesso non denunciate. Sono tante, si. E’ un numero abominevole e il record lo detengono i Paesi dove i tassi di occupazione femminile risultano più elevati: Danimarca, Finlandia, Svezia e Olanda. Insomma, là dove forse si vive alla pari, si scopre che certi istinti animaleschi si conservano molto bene.
Se dobbiamo prendercela come spesso accade con qualche fattore esterno, che volete che vi dica, sarà il freddo. Invece no, è che se lavori per più tempo – in Danimarca anche oltre i 70 anni – aumenti la probabilità di essere vittima di abusi sul luogo di lavoro. L’abuso di alcol a quanto pare fa il resto, insieme ad una più marcata consapevolezza della violenza rispetto al sud Europa.
Siete ancora sorpresi? Davate per scontato che al nord, nella civiltà di welfare, servizi, asili aziendali e assistenza non potessero succedere queste cose così tanto da Mediterraneo del sud, dove la violenza ci arriva – per sentito dire – a bordo di gommoni? Ebbene, è il momento di cambiare strategia di reazione, di fermare il disco rotto di quel senso di scandalo inutile e di osservare la nostra vita, qui. Non importa dove abitate, che sia una grande metropoli o una piccola città di provincia. La domanda che faccio a voi, dopo averla fatta a me stessa, sarebbe comunque identica: come vivono in Italia le donne? Sono libere di camminare da sole, uscire da sole la sera, rifiutare il passaggio di amici fuori da un locale con la certezza di tornare a casa come sono uscite? Quanto sono sereni i genitori di un’adolescente che vuole divertirsi con le amiche il sabato sera? E non solo: quanto siete sicure che l’uomo con cui dividete vita e letto usi le mani solo per amare e mai per picchiare? Quante volte concedendosi ad un capo si ottiene un lavoro? quante volte non accade o – peggio ancora – si firmano dimissioni in bianco?
Arabi, nordafricani, tedeschi, italiani, terroni o montanari poco importa.
La certezza non c’è, si va a istinto, e se si fiuta il pericolo si corre un po’ più in fretta, si evitano gli sguardi con sconosciuti ammiccanti, ci si copre la coscia, si evita il dialogo.
La verità è che ci hanno abituato ad avere paura, e la cosa peggiore è che non sappiamo neanche con chi prendercela, mentre facciamo finta di essere sicure che a noi non possa mai accadere, mentre viaggiamo su un filo sottile che divide la civiltà presunta da quella ipoteticamente assente.
Guardate che non parlo di pari opportunità, lotte femministe o altro, che sono già oggetto di ben più ampi e completi approfondimenti. Parlo semplicemente di libertà. Quella cosa che ci stupiamo sia nulla per le donne con il velo fino ai piedi, ma della quale anche noi non disponiamo completamente, e troppo resta da fare per combattere certi istinti primitivi che congelano la nostra evoluzione.
Lo raccontano bene i dati che ho menzionato poco fa, di una nuova ricerca dell’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali, presentata in questi giorni al Parlamento di Bruxelles che quest’anno dedica l’8 marzo alla prevenzione della violenza di genere. Un’indagine a 360 gradi durata tre anni, la più estesa mai condotta prima su questo tema. L’Italia si ferma ad un 27%, allineandosi a Bulgaria, Ungheria, Irlanda e Grecia. Sono state intervistate 42mila donne tra i 18 e i 74 anni, 1.500 per Paese, scelte su base volontaria e sottoposte a colloqui privati faccia a faccia. La grande quantità dei dati – che trovate sintetizzati in una mappa interattiva qui http://fra.europa.eu – servirà da base alle istituzioni europee per elaborare strategie più efficaci nella protezione delle vittime e promuovere, per le 186 milioni e 600mila donne che attualmente vivono in Europa, un percorso di parità reale.
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