Diritti
L’autorità della stupidità
Succede che Michela Murgia, in questo paese di passioni deprimenti e di comunicazione omologata, si ribelli al gesto istituzionale del sindaco di Ventimiglia, Flavio Di Muro, ex deputato della Lega, che decide di assumere dei vigilantes per impedire ai migranti l’ingresso al cimitero, dove costoro, in tutta emergenza, utilizzavano le fontanelle per lavarsi e i servizi igienici. La scrittrice sottolinea come “la più elementare dignità umana” venga negata, nella fattispecie, “a persone che non hanno nient’altro che l’acqua del cimitero”. Siamo di fronte, dunque, al principio considerato sacrosanto dalle destre rustiche del paese, secondo cui i migranti, in terra straniera, non hanno diritto ad alcunché. E il loro decoro e la stessa sopravvivenza non hanno priorità rispetto a niente, men che meno nei confronti della buona pace dei morti, nel nome dei quali si procede allo sbarramento della pietà e di qualsiasi atto umanitario. Il riposo eterno delle persone, sottoterra, non deve essere disturbato dal passaggio di chi, sopra la terra, ha bisogno di bere, darsi una sciacquata, andare in bagno. Un cuore che batte, di adulto o bambino, non è più importante di un mucchio di ossa sepolte. Eppure dal Vangelo di Luca apprendiamo: “Dio non è dei morti, ma dei viventi!” Ma, evidentemente, il primo cittadino di Ventimiglia sarà anche l’ultimo degli osservatori del cattolicesimo. Non gli è da meno, in questo incongruente esercizio di stolta autorità, il senatore di “Fratelli d’Italia”, Giovanni Berrino, sanremese, che, entrando nell’argomento, da par suo, tuona: “In tutte le civiltà, anche in quelle meno evolute, il culto, il rispetto, il ricordo dei defunti è sacro. Ovunque. È incommentabile l’esternazione di Michela Murgia su Ventimiglia e sul sindaco, che, per garantire il decoro, la quiete e anche la sicurezza, nel cimitero cittadino ha predisposto un servizio di guardiania per evitare che quel luogo, sacro a tutte le religioni, diventi un bivacco di migranti pronti a espatriare in Francia…”
Vi è una poesia di Emily Dickinson, che, più di ogni altro concetto o invettiva, dà il senso dell’assurdità di quanto accaduto a Ventimiglia e va incontro alla reazione di Michela Murgia. Ha questo titolo: “Dona ai vivi le lacrime”, e recita così:
“Dona ai vivi le lacrime
che spandi sopra i morti,
uomini e donne si riscalderebbero
ora al tuo focolare,
invece di essere passive creature,
cui l’amore è negato,
finché esse stesse neghino l’amore
con l’etereo disprezzo della morte. ”
Ecco, i morti vivono unicamente nel ricordo dei vivi, ed è nello spazio della mente e del cuore che vengono ricordati. Meglio sarebbe se il rispetto plateale e patetico conferito loro dal sindaco ventimigliese, di cui non avrebbero nessun bisogno, fosse invece rivolto a quei vivi, che per mala sorte provengono da paesi martoriati da guerre feroci, dove la sopravvivenza resta una disperata speranza a cui aggrapparsi. Negargliela, o rendergliela più dolorosa, adducendo a falsi motivi di civiltà, è da fascisti, proprio come dice la signora Murgia.
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