Diritti
L’anti-violenza integrale del pacifismo cattolico secondo una “bellicista”
Durante la Seconda Guerra Mondiale, tre giovani piemontesi di profonde convinzioni religiose – Emanuele Artom, ebreo, Willy Jervis, valdese, Leletta d’Isola, cattolica – innanzi alla barbarie nazi-fascista decisero di assumere su di sé il fardello morale della violenza, e imbracciarono le armi unendosi alla Resistenza. La storia di questo sacrificio della coscienza è raccontata nel documentario “La resistenza tra scelta e martirio”, Raiplay.
I movimenti cattolici italiani, oggi, di fronte alla guerra di aggressione della anti-democratica, violenta Federazione Russa di Putin alla pacifica, democratica confinante Ucraina, si ritrovano attorno ad un principio di assolutistico rifiuto della violenza, un pacifismo integrale di natura spirituale. E’ questa natura profonda che distingue il pacifismo anti-militarista cattolico dagli altri pacifismi, politici o ideologici, alimentati da opportunismo, fanatismo, mistificazione.
I pacifisti integrali cattolici sono anti-violenti, più che nonviolenti, e giudicano un male l’aggressione russa all’Ucraina, ma un male anche la difesa armata dell’Ucraina, ed un male addirittura indicibile il supporto militare che l’alleanza occidentale fornisce alla “violenza difensiva” del popolo ucraino.
“La guerra è una follia! un crimine! uno scandalo! Guai alla rassegnazione! Guai a farne un’abitudine!” – spiega il comitato promotore della marcia Perugia Assisi, che si svolge quest’anno nella notte di martedì 24 gennaio.
La guerra è sempre stupida, è sempre immorale, è sempre una barbarie. Ma la violenza è nell’essere umano. Non esiste nella storia dell’umanità un’era in cui tutti gli uomini siano stati buoni, in cui abbia prevalso la razionale repulsione per il male – sebbene il male generi sempre solo altro male. Il male c’è, è intrinseco nell’essere umano e non è estirpabile.
Le società democratiche sono costrette a farvi i conti e affidano allo Stato l’uso esclusivo della forza. Una forza regolata dalla legge, e vincolata ai principi fondamentali sanciti dalla carta costituzionale e dal diritto internazionale.
La forza, la violenza, le armi legali sono ammesse con l’unico fine di arginare, contrastare, reprimere il male criminale. Esistono per questo le forze di polizia. Gli uomini in divisa assumono su di sé l’onere della violenza, per difendere noi da un male arbitrario, ingiustamente violento. E noi accettiamo questa cosa, ne riconosciamo la necessità. Nessuno di noi si sente di condannare il poliziotto che, nel rispetto della legge, delle procedure, della proporzionalità, colpisse a morte una persona che stesse per compiere una strage. Il poliziotto è vincolato alla legge e subirebbe un processo se vi fosse il dubbio che la forza sia stata usata nel rispetto del Diritto. Questa forza legale, queste armi di Stato, sono strumento necessario alla preservazione pacifica delle società.
Il pacifismo promosso dal mondo cattolico rifiuta la distinzione tra violenza legale e violenza criminale. La difesa legittima, legale, degli ucraini è violenta e quindi è male esattamente come lo è l’aggressione ingiustificabile, illegale dei russi. Va condannato Putin ma anche Zelensky, Biden, l’intera Ue che si accoda a questa logica “bellicista”.
Purtroppo non c’è una polizia da chiamare quando l’esercito di un altro paese entra nel tuo paese e pretende di soggiogarti. Non c’è al mondo un solo giudice che possa disporre gli arresti in flagranza del Presidente Putin per violazione della sovranità dell’Ucraina. Per fermare la forza illegale dell’occupante armato esiste, purtroppo, solo la forza legale. E la difesa da un’aggressione militare è un diritto riconosciuto dal Diritto internazionale.
Noi abbiamo orrore per la violenza, ma abbiamo anche il privilegio di non dover assumercene il peso morale.
Noi non abbiamo vissuto lo scempio disumano della violenza nazisfascista e non viviamo ora sulla nostra pelle la violenza russa. Non abbiamo vissuto il terrore dei bombardamenti, l’orrore dei nostri cari torturati, delle nostre sorelle violentate, dei nostri bambini costretti ad assistere agli orrori dei russi occupanti.
Noi non abbiamo vissuto nessuna esperienza che traduca il concetto astratto di guerra, in guerra vera, in libertà perduta, freddo, fame, umiliazione, macerie, terrore.
Siamo però in grado di comprendere la differenza tra violenza criminale (lo stupratore, l’assassino, lo stragista, il terrorista) e violenza legale (le forze di polizia, gli eserciti, le forze di resistenza). E comprendiamo che, se l’uso della forza è sempre orribile, c’è un uso della forza necessario. Necessaria è la violenza legale dell’esercito ucraino che difende il proprio popolo dai massacri e dalla minaccia di un’oppressione totalitaria.
Ogni violenza comporta un fardello morale, anche la violenza legale, anche la violenza “giusta”, come quella che spinse i tre giovani partigiani piemontesi ad assumersi l’onere di essere violenti e combattere con la Resistenza.
I pacifisti ritengono che questo fardello morale oggi debba gravare sulle sole coscienze dei “bellicisti”.
Sono anch’io una bellicista, e lo sono perché, per dirla con Pannella, “dove c’è strage di Diritto, c’è strage di popoli”.
Io sostengo il supporto alla difesa militare del popolo ucraino e accetto di assumerne il peso morale.
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