Diritti
La protesta delle pentole: “Belgrado è il mondo”
Le misure restrittive intraprese dal governo Serbo per contrastare l’emergenza Covid-19 si sono divise in azioni altalenanti per non dire schizofreniche, alternandosi tra mobilità libera dei cittadini durante le ore diurne e coprifuochi totali dalle 17:00 di pomeriggio fino alle 5 di mattina nei giorni infrasettimanali, fino a coprire nei fine settimana 72 ore di seguito.
Divieto assoluto di uscita agli over 65 se non per una volta a settimana dalle 4 alle 7 del mattino.
Diciamo che il governo si è mosso abbastanza in fretta per quanto riguarda la chiusura delle scuole non appena si sono verificati i primi casi ufficiali del virus sul territorio, e nell’apportare un’interruzione alle attività lavorative governative e private, lasciando però aperti per le prime due settimane bar e ristoranti, molti di questi hanno potuto continuare l’attività con modalità d’asporto.Il tutto condito con chiusura di frontiere, aeroporti e allestimento di ricoveri in più location per i casi positivi, fino a coprire quasi 15000 posti su una popolazione di più di 7 milioni di abitanti.
Il presidente Aleksandar Vučić, all’apice del consenso ha confermato la sua posizione autoritaria, violando a detta delle opposizioni, di attivisti e dei media indipendenti, i diritti umani e la costituzione.
Infatti ha dichiarato uno stato d’emergenza al di fuori del parlamento, dopo aver negato fino alla fine di febbraio la presenza del virus sul territorio.
Precedentemente aveva ironizzato in numerose conferenze stampa sulle conseguenze che esso avrebbe apportato all’ economia e alla santità serba, fino ad arrivare a definirlo con l’epidemiologo il dottor Nestorović il virus più ridicolo della storia.
La notizia è stata anche riportata dal giornale tedesco Der Spiegel, che ha puntualmente citato tutti i criticismi della situazione.
In Serbia solo il parlamento può effettivamente imporre lo stato di emergenza, ma una scappatoia nella costituzione ha consentito al presidente di eludere la legislatura.
Vučić ha fatto riferimento all’attuale divieto di raccogliere più di 50 persone in un luogo quando ha dichiarato l’emergenza, questo gli ha consentito di aumentare il suo potere esecutivo e di limitare in modo massiccio le libertà, con conseguenza di numerose carcerazioni di persone che hanno violato la quarantena.
Come in Ungheria, le conferenze stampa del governo e del gruppo di unità di crisi per l’emergenza Covid-19 si svolgono solo tramite trasmissione video: i giornalisti possono porre domande solo tramite e-mail.
Secondo l’apposito decreto per fronteggiare la crisi solo le informazioni autorizzate dal gruppo possono essere divulgate, questo ha portato l’arresto all’inizio di aprile della giornalista Ana Lalić che ha pubblicato un rapporto con informazioni sulle carenze in un ospedale
Il primo ministro Ana Brnabić ha ritirato il decreto solo dopo un diffuso dissenso in seguito all’arresto della giornalista.
Data cruciale quella del 26 Aprile, quella che avrebbe dovuto essere la domenica delle elezioni se non ci fosse stata l’emergenza.
La domenica del trionfo di Vučić si è trasformata nella prima giornata di protesta attiva contro le restrizioni.
I cittadini di diverse città della Serbia maggiormente Belgrado, Nis, Novi Sad, hanno risposto all’appello di protesta Digni glas: Bukom protiv diktature, “Alza la voce: Rumore contro la dittatura”, organizzata dal movimento politico locale volto a costruire istituzioni democratiche Ne davidimo Beograd, “Non consegniamo Belgrado”. Al suo interno molti sono gli intellettuali e i creativi.
Si tratta di una protesta alquanto sui generis che consiste nel fischiare e fare rumore durante il coprifuoco con coperchi e pentole dai balconi esattamente alle 20:05, cinque minuti dopo il consueto applauso delle 20:00 per il personale medico e sanitario che sta fronteggiando il virus.
Una modalità di protesta che ha delle radici profonde, che possono risalire addirittura alle proteste studentesche iniziate a Nis nel novembre 1996 dopo il furto elettorale del regime di Slobodan Milosević, e conclusesi a Belgrado nel marzo 1997.
Proteste che avrebbero indotto e contribuito al rovesciamento del regime nel 2000.
Esattamente 117 giorni di marce e azioni, fu la rivolta studentesca più lunga e massiccia della storia europea.
Beograd je svet
“Belgrado è il mondo”, lo slogan urlato dagli studenti per le strade, l’attenzione della stampa mondiale era puntata sulla Serbia. Di colpo dopo le guerre la Serbia diventava simbolo di lotte per la democrazia, i giovani attori attuavano un sostegno pubblico per i loro genitori, che avevano votato per l’opposizione.
Durante questo periodo alle ore 19:30 in concomitanza con l’emissione delle notizie faziose sul canale nazionale RTS iniziava puntualmente la protesta del rumore, la protesta delle pentole a favore della libertà occultata dai canali giornalistici di regime dell’epoca.
Oggi nella Serbia contemporanea, Belgrado è il mondo?
Siamo assuefatti alla mancanza di altre opinioni, ad un modello di narrazione che divide le persone per Bene e per Male nella riproduzione del concetto del decoro che è tipico dell’oppressione.
Bisogna stare attenti che in nome della salute pubblica non ci venga portato via tutto il resto.
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