Diritti
Viaggio nella Moldova che accoglie 70mila profughi ucraini e sogna l’Europa
Chișinău (MOLDOVA) – «Il numero di BMW e di altre macchine di lusso a Chișinău è esploso nel corso dell’ultima settimana», dice Dorian Tsurcanu, spiegando che la crisi migratoria è per il momento gestibile ma che, senza aiuti esterni, la situazione nella capitale Moldava non può che peggiorare.
Un suo collega, un altro volontario in un centro di raccolta di donazioni private allestito all’interno dello studio cinematografico fondato dai sovietici nel 1952, spiega che la reazione entusiasta della popolazione è dovuta al fatto che la crisi è recente e che, fino a ieri, i rifugiati arrivati in Moldova erano per lo più ucraini benestanti. Le cose stanno cambiando. «Ieri ero al confine con l’Ucraina. Ho visto per esempio una donna in ciabatte. Aveva soltanto dei documenti in mano».
Il Paese è circondato dall’Ucraina, confinando a ovest con la Romania. Non è membro dell’Unione europea, ma la presidentessa Maia Sandu ha firmato ieri una domanda formale per l’adesione. A distanza di una settimana dall’invasione russa in Ucraina, la popolazione moldava, come quella georgiana, sembra prendere distanza dal passato. La decisione non sarà però facile. Nel 2020, la Moldova ha importato per lo più da Cina, Romania, Russia e Ucraina. I volontari spiegano che i rapporti commerciali con Russia e Ucraina includono medicinali, cibo in scatola, come anche materie prime agricole e industriali.
Dorian ricorda che la Moldova non è un Paese ricco, almeno per gli standard europei. Il PIL pro capite è il penultimo nel continente, solo superiore a quello dell’Ucraina. È più basso dei Paesi dei Balcani Occidentali. La Moldova ha già dovuto gestire la pandemia e un aumento dei prezzi dell’energia significativo. Ora la crisi migratoria.
Solidarietà nei fatti
Le difficoltà però non implicano che il governo e la popolazione non si adoperino. Il governo ha allestito tre centri di raccolta di donazioni e ha inoltrato agli hotel dei moduli per spiegare come chiedere supporto e fare richiesta d’asilo. Anche le iniziative private non mancano. I negozi di telefonia offrono per esempio delle SIM card gratuite ai cittadini ucraini. Così anche la popolazione. I genitori di Dorian ospitano per esempio una famiglia. A casa loro. «Oggi è toccato a loro, domani potrebbe toccare a noi. La gente ha paura qua di un’invasione russa. Penso che dovremmo sempre tendere alla pace, ma ci dobbiamo anche far trovare preparati ad ogni eventualità» dice.
I dati pubblicati ieri riportano che 70.000 rifugiati ucraini sono arrivati in Moldova. Secondo Dorian i numeri sono aumentati sicuramente nelle ultime ore. «Siamo probabilmente intorno a 130.000. Molti hanno deciso di proseguire e migrare verso l’Unione europea, ma molti stanno rimanendo. Siamo intorno al 50%».
Secondo i volontari le persone che non proseguiranno verso l’Unione europea saranno per lo più anziani che non parlano altre lingue europee. Molti in Moldova parlano sia russo che ucraino. Ma non è solo questione di lingua. I rapporti tra il paese e l’Ucraina sono storicamente forti. Odessa per esempio è una delle mete estive preferite della popolazione moldava, molti ucraini apprezzano invece la gastronomia e il vino di questo paese senza sbocco sul mare. Molte poi le persone con un’identità ancora più compressa: un genitore ucraino e uno moldavo.
Il campo di accoglienza per i rifugiati
Nel frattempo rifugiati continuano ad arrivare. Non sono però solo biondi e con gli occhi azzurri, come molti rifugiati in Polonia, Ungheria e Romania. In queste ore stanno arrivando rifugiati da Odessa, città ancora sotto controllo ucraino, ma sempre più sotto pressione. La città, famosa anche per il film di Ėjzenštejn del 1935 “La corazzata Potëmkin”, è un crogiolo di etnie. Molti i cinesi, gli indiani, i sudcoreani, gli azeri e i popoli romaní (rom e sinti).
Nel centro provvisorio di accoglienza allestito nella fiera della capitale, a un centinaio di metri dalla statua di Lenin e da un luna park fermo, la maggioranza delle persone venerdì mattina era di origine azera, ma non mancavano comunque altre minoranze, come per esempio una famiglia cinese.
Una camera nel centro provvisorio è di circa cinque metri quadrati. Non ha porte, solo tende. I bambini giocano, i cani non mancano. Corrono anche loro. Molti invece gli anziani seduti con lo sguardo perso. Per loro questa comunione non è festa.
Rimanere con il sangue freddo
Sempre venerdì mattina hanno visitato il centro accoglienza esponenti dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e delle istituzioni europee, suggerendo appunto che la situazione peggiorerà, almeno in termini di numeri.
Intanto la temperatura a Chișinău è ancora invernale. Ha nevicato questa notte e l’umidità mattutina è dell’82%. Le ambulanze passano a grande velocità per le strade della città, trasportando soprattuto pazienti affetti dal coronavirus. Ora però l’emergenza è un’altra. A parte l’umanità che riscalda il cuore, la situazione migratoria rimane piuttosto pericolosa. Come dice Dorian, è chiaro che la Moldova ha bisogno di un supporto logistico e finanziario.
La consapevolezza delle complessità attuali non deve però sfociare nel catastrofismo. I volontari spiegano che, in questo momento di propaganda mediatica, molte persone stanno già facendo provviste di medicinali e di cibi a lunga conversazione. Secondo i volontari è anche colpa della strategia comunicativa dei mezzi di comunicazione controllati dal Cremlino, come RT e Sputnik. Forse il governo moldavo ha bisogno di un supporto anche in questa direzione, anche a livello mediatico.
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