Diritti

La legge razziale di Trump spiegata da un avvocato di New York

30 Gennaio 2017

Siete su un aereo. State atterrando, siete stanchi, ma dal finestrino appaiono tutte insieme le luci della citta’ piu’ famosa al mondo: New York, il posto che voi, da dieci anni, avete il privilegio di chiamare casa. La stanchezza passa in un istante, ripensando a tutti i sacrifici che avete affrontato. Avete rinunciato alla vostra terra, ai vostri affetti, vi siete ricostruiti una vita. Mentre le ruote dell’aereo toccano il suolo con soffiate di fumo, estraete dalla tasca la Green Card, la vostra nuova vita condensata in una tessera di plastica. Siete orgogliosi.

Vi alzate di scatto, con l’impazienza di chi deve tornare da una figlia che non vede da settimane. Vi fate largo tra la folla ancora intontita,  pregate che il vostro bagaglio non sia su un volo diretto a Denver. E quando avete gli occhi sul nastro trasportatore – e’ quella, e’ quella, finalmen…no, non e’ quella – sentite uno strattone alle spalle. Un tizio dice cose che non capite, e intanto vi ammanettano, come delinquenti, e vi chiudono in una cella per 10, 20, 80 ore.  Senza che voi abbiate fatto nulla di male, mai, in tutta la vostra vita. In cella, mentre i secondi strisciano come gatti feriti, pensate a vostra figlia. Che cosa le direte adesso? Come glielo spiegherete?

La sentite, la vergogna, scendervi lungo la schiena?

Questo e’ come io mi immagino il ritorno a casa di Hameed Darweesh, arrestato negli Stati Uniti perche’ iracheno, dopo che – per gli stessi Stati Uniti – aveva lavorato per dieci anni come interprete in zone di guerra.

Siccome  a causa della stampa italiana in pochi si rendono conto di cosa e’ davvero successo in America, ho pensato di intervistare l’immigration lawyer Matthew Blaisdell, 40 anni,  di Manhattan.  Pochi vantano la conoscenza di Blaisdell sul dedalo di leggi che governano il cervellotico sistema di visti per entrare negli Stati Uniti. Il problema e’ che ora, al centro di quel labirinto, ruggisce un minotauro di nome Donald Trump.

Avvocato Blaisdell, in cosa consiste l’ordine esecutivo di Trump sull’Immigrazione?

<<Impedisce l’ingresso negli USA ai cittadini di Iran, Iraq, Syria, Yemen, Libia, Sudan e Somalia per quattro mesi>>.

Quindi non riguarda solo i rifugiati, riguarda 134 milioni di persone cui sara’ o e’ stato impedito l’ingresso in USA solo a causa della loro nazionalita’?

<<That’s correct>>.

Alcuni sono possessori di Green Card. Come e’ possibile che anche a loro sia negato l’accesso?

<<Bisogna prima chiarire cos’e’ una “Green Card”>>.

Per i giornali italiani si tratta di un permesso che da “accesso illimitato”. E’ vero?

<<No. Il termine “Green Card” e’ un termine informale, non ha valore legale. Avere una Green Card significa possedere un Immigrant Visa – che e’ diverso dalla selva di altri visti (quelli per turisti, studenti, artisti, lavoratori temporanei, eccetera) che sono indentificati come non-Immigrant Visa.

Avere una cosiddetta “Green Card” e’ come possedere un visto, ma un visto non assegna al suo portatore il diritto intrinseco, automatico ad entrare in territorio Americano: ogni volta che si entra nel Paese, quando si fa la coda alla dogana, si sta di fatto facendo una domanda di ammissione sulla base del visto che si possiede.

La richiesta e’ sempre – sempre – subordinata all’approvazione del funzionario.

A livello legale, quindi, l’ordine obbliga i funzionari a negare questa approvazione per i cittadini provenienti da quei 7 paesi.>>

Colpire anche i possessori di Green Card, coloro che negli USA hanno casa, lavoro e famiglia era quindi assolutamente preventivato. Infatti, poche ore dopo la nostra intervista con Blainsdell, la Cnn riporta le dichiarazioni contrastanti di Reince Priebus, che di mestiere e’ il chief of staff di Trump, dunque non proprio l’ultima arrivato. Priebus aveva prima smentito che il provvedimento riguardasse i portatori di Green Card, salvo poi fare marcia indietro, sempre alla stessa Cnn, dicendo che “of course” riguardera’ anche loro>>.

L’ordine di Trump, quindi, e’  legale?

<<Il cittadino iracheno trattenuto al JFK ha fatto causa agli Stati Uniti d’America sostenendo due cose:

1) che e’ il sistema ad essere sbagliato. Il punto in causa e’ stabilire se il possedere o meno un Immigrant Visa approvato da anni (ovvero una Green Card, lo specifichiamo per i giornalisti italiani all’ascolto n.d.r.) dia diritto intrinseco all’accesso nel Paese. Se io ho negli USA la mia famiglia, le mie proprieta’ e non ho commesso alcun reato sulla base di che cosa non posso entrare?

2)  che il regolamento USCIS (Unites States Citizenship and Immigration Service, coloro a cui si mandano le richiesta di visto) vieta espressamente di discriminare qualcuno con il criterio della nazionalità nel momento in cui il visto viene “issued” (“emesso”) ( a questo proposito, io immagino che Trump sosterrà che tale divieto non vale nel momento in cui il possessore di vista, materialmente, entra nel Paese. Voglio proprio vedere come fare il “Government Attorney” – l’avvocato del Governo – a sostenere una posizione simile).

Alcuni giudici federali, uno a Brooklyn e poi a Boston e in Virginia, hanno raccolto l’istanza, bloccando il provvedimento. Tutti i documenti relativi alla causa intentata da Darweesh contro Trump qui>>.

Piano un momento, e’ legale pubblicare tali documenti?

<<E’ proprio la funzione della stampa. No?>>

Guardi, lasciamo perdere. Ci sono ancora persone arrestate, dopo quasi 48 ore?

<<Al momento sono 109. Il CBP (Custom and Border Protection, ovvero l’organismo che materialmente si occupa di controllare i confini)  sta ignorando l’ordine dei giudici federali. Dalle notizie in mio possesso sembra che alcuni possessori di Immigrant Visa (Green Card, sempre per voi giornalisti n.d.r) siano stati lasciati senza cibo per ore, forzati con tecniche di polizie a firmare moduli formali con cui rinunciano ai loro Immigrant Visa. Inoltre, se e’ vero che al CBP e’ stato impedito di rimandare indietro la gente sugli aerei, niente vieta di tenerli in prigione>>.

Pare che i possessori di Immigrant Visa (Green Card….) adesso possano entrare nel Paese. E’ finita l’emergenza?

<<Assolutamente no. John Kelly – il responsabile dell’Homeland Security – ha detto che il rimpatrio di possessori di Green Card e’ da considerarsi “di interesse nazionale”. Questo non e’ quanto affermato dalla Casa Bianca all’inizio.  Ma poi soprattutto (prego i giornalisti in sala di prendere nota…n.d.r.)

riaprire ai possessori di Immigrant Visa aggira gli effetti dell’ordine dei giudici federali, ma lascia inalterato l’impianto della legge di Trump per coloro che possiedono un tipo di visto differente.  Studenti, coniugi di chi e’ negli USA a lavorare, artisti, persone che hanno dato migliaia di euro al Governo e aspettato a lungo per ricevere un visto, che hanno anche loro affetti o proprieta’ negli USA, per loro al momento e’ impossibile rientrare nel Paese. E questo solo sulla base della loro nazionalità’.

Sembra, inoltre, che l’USCIS abbia ricevuto ordine di non processare piu’ alcuna richiesta di visto, non solo per i richiedenti asilo ma di nuovo, di nessun tipo, inclusi i turisti, e per una lista di Paesi Arabi piu’ estesa rispetto ai 7 paesi di cui si parla da venerdi’>>.

Ma qual e’ la cosiddetta ratio della norma? Come si pensa che questo abbia a che fare con la tutela del Paese dal terrorismo?

Tecnicamente, perche’ in questi 4 mesi l’Amministrazione fara’ “indagini supplementari” sui cittadini di quei Paesi che richiederanno di entrare in territorio Americano.

Ma il problema fondamentale, pero’, e’ che l’intero documento (che ovviamente ho analizzato per intero) e’ molto, molto bizzarro e sostanzialmente crea una situazione di chaos dove si decide “caso per caso”, praticamente a descrizione di non si sa bene chi.

Ti aspettavi questo dall’amministrazione Trump?

Non pensavo – nessuno lo pensava – che un atto cosi’ radicale accadesse cosi’ in fretta (nota: quando un americano “dry” come l’avvocato usa l’aggettivo “radical”, si riferisce a qualcosa di veramente, ma veramente “radical” n.d.r.).

Molti funzionari della passata amministrazione si sono dimessi una settimana fa e non sono ancora stati rimpiazzati. A Washington D.C. molti uffici sono vuoti e spesso le decisioni sono lasciate ai singoli funzionari dei singoli aeroporti – che spesso non hanno una preparazione ne’ legale ne’ culturale all’altezza per gestire una situazione di questo tipo.

Credi che questo chaos fosse preventivato? O davvero, come sostengono alcuni, neppure Trump sapeva gli effetti della sua legge?

<<Il livello di disorganizzazione e’ tale che sembra davvero che neppure il Presidente avesse le idee. Tuttavia, in una situazione di chaos, Trump – come al solito – e’ l’unico che ha da guadagnarci. Una cosa che pero’ davvero mi ha colpito e’ il fatto che la “priorità’ sara’ data ai cristiani”: come si fa a stabilire con certezza la fede di una persona? Credo sia logico affermare che tra poco ci sara’ un’ondata di conversioni, e poi pronte riconversioni in caso di ottenimento del visto>>.

 

Leggendo questa intervista si capisce quanto sia importante e decisivo ora non confondere i piani.
Rifiutare l’accesso ai rifugiati e’ una decisione politica. Costruire un muro e’ una decisione politica. Lasciamo perdere il tipo di politica, siamo comunque dentro il dominio della politica.
Ma qui non sta accadendo questo. Qui si sta rifiutando l’ingresso nel Paese a gente che vive e lavora negli Stati Uniti da decenni, che ha la famiglia negli USA, la casa negli USA, il lavoro negli USA. In questo momento ci sono madri e padri di famiglia in arresto, che non possono tornare dai loro figli solo sulla base della loro nazionalita’.
Non solo questo non ha nulla a che vedere con la prevenzione al terrorismo (del resto tra i Paesi e’ incluso l’Iran ma non l’Arabia Saudita, il che come si capisce non ha alcun senso). Ma questo non ha proprio nulla a che vedere con la questione dei rifugiati e del controllo dell’Immigrazione. Non e’, insomma, una misura politica. E’ una misura razziale.

Ridurre il tutto a una sola questione “rifugiati siriani” impedisce di capire la reale portata del provvedimento e del momento storico.

Palese e’ il tentativo di strumentalizzare la paura del terrorismo e quella sull’Immigrazione per far entrare in vigore un provvedimento frutto di una cultura della discriminazione fine a se stessa, una mossa demagogica senza precedenti eseguita sulla pelle delle centinaia di persone trattate come delinquenti.

Spiace quindi constatare che, ancora una volta, la stampa italiana abbia fallito nell’informare correttamente i propri lettori. Ancora ieri sera – oltre agli scivoloni sulla Green Card – si parlava di “stretta” contro “i migranti” e di vaghe “misure piu’ severe”.

Niente di tutto questo. E fortunatamente, grazie a un altro tipo di informazione, l’America lo ha capito chiaramente. Anche ieri una gigantesca protesta spontanea a Battery Park, davanti alla Statua della Liberta’ e al Museo degli Immigrati di Ellis Island, ha portato in piazza decine di migliaia di persone.

 

Vediamo quando, e se, lo capiranno anche i nostri “professionisti dell’informazione”.

 

 

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