Diritti

L’ uso della violenza come unità di misura del consenso

1 Febbraio 2021

“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri”.

 

Il 23 Gennaio, le autorità russe hanno risposto con una gigantesca repressione e ondata di arresti alla mobilitazione in favore del rilascio di Navalny. Tremila arresti in tutta la Russia più di mille solo a Mosca, i primi a mobilitarsi sono stati gli abitanti delle città dell’estremo oriente, della Siberia, anche a temperature proibitive, il che dà la misura di quanto la protesta si sia estesa. Nella capitale i sostenitori di Navalny si sono dati appuntamento dinanzi alla sede dei servizi segreti, sospettati di averlo avvelenato; poiché il comune ha ordinato di chiudere le strade del centro, delle sette stazioni della metropolitana, dei ristoranti, dei negozi, i raduni si sono spostati in altre zone, persino dinanzi alla prigione dove è detenuto l’oppositore. Anche lì ci sono stati scontri e gli agenti del ministero degli interni in tuta antisommossa hanno effettuato numerosi fermi tra questi la moglie che poco prima aveva esortato sui social a non aver paura, a non stare zitti. A San Pietroburgo, la situazione si presenta ancora più tesa in quanto si segnalano scontri tra manifestanti e poliziotti che hanno reagito con manganelli e lacrimogeni. Chiunque prende parte a questi raduni non organizzati può essere incriminato per disordini di massa oltre che per violazione delle norme anticovid, accusa, questa, che ha obbligato per due mesi ai domiciliari i più stretti collaboratori di Navalny e suo fratello. In generale, chi è ritenuto responsabile di violenze, rischia una condanna in carcere fini a 15 anni, misure ferree che hanno suscitato la reazione del Dipartimento di Stato Americano, a cui Mosca ha istantaneamente risposto con un’accusa agli Stati Uniti di interferenze e di intrusioni negli affari interni russi spargendo fake news e moltiplicando gli appelli sui social controllati da Washington con la denuncia di azioni illegali.

Sembra aleggiare nuovamente un clima di guerra fredda, mentre fino a qualche giorno fa Mosca aveva un rapporto privilegiato con Trump.

Un cambiamento repentino se si pensa che anche i giornali popolari parlano di quanto accaduto senza usare mezzi termini, un cambiamento che in realtà racconta la fragilità del potere di Putin che diviene premier alla fine degli anni 90, riscuotendo inizialmente consenso in quanto si era reso artefice di un‘espansione economica, creando, tra l’altro, una classe media.

“La Fattoria degli Animali”, profeticamente, ci ha messo in guardia sull’incapacità di alcuni governi di mantenere un potere che spesso diventa repressivo quanto quello che si è sovvertito.

Critico nei confronti di Stalin e lo stalinismo in Russia, Orwell comprese, divergendo da molti intellettuali dell’epoca, che l’Unione Sovietica era divenuta una dittatura brutale, che si ergeva sul terrore.

Nel romanzo, stanchi dello sfruttamento del loro fattore, gli animali si ribellano ispirati dal discorso del Vecchio Maggiore, e spinti da ideali rivoluzionari costituiscono un nuovo ordine sociale dandosi come supremo comandamento che tutti gli animali sono uguali. Si sa che il comandamento diverrà, infine, che tutti gli animali sono uguali ma ce ne sono alcuni più uguali degli altri.

Un monito, quello orwelliano, ancora moderno che addita a tutte le dittature dove vengono repressi i diritti fondamentali dell’uomo, dove non c’è libera circolazione delle idee, dove sei un oppositore politico se sei portatore di una visione e di un pensiero politico che diverge da quello del sistema, dove non c’è pluralismo, ma un irreggimentazione, dove manifestare non è un diritto ma un attacco, una sfida al regime, e si diventa sobillatori se si aspira a libertà costitutive del vivere democratico.

Navalvy è divenuto un eroe nazionale in quanto, sebbene criticato da chi considera le sue posizioni nazionalistiche e discriminatorie, si è fatto portavoce e ha incarnato, letteralmente visto che il suo corpo è stato testimone della violenza del regime, la possibilità di un riscatto da un sistema politico di un presidente che è da più di vent’anni al potere, che non lo utilizza come capacità di migliorare le condizioni di un popolo che sperava in  un’evoluzione sociale, economica e culturale col termine del comunismo.

Da paese agricolo, sottosviluppato, la Russia è divenuta un paese industriale caratterizzato da forte dinamismo, basti pensare che il suo rifornimento di gas è indispensabile per approvvigionare l’Europa. Il capitalismo ha offerto all’ uomo comune l’illusione che desideri, bisogni, potevano essere soddisfatti, gli avrebbe consentito una partecipazione collettiva allo spettacolo del consumo. Essere il fruitore e non più solo lo spettatore dell’accessibilità al benessere, mentre invece l’avidità del potere ha reso chi governa, ancora una volta, indifferente al contesto e alle esigenze reali della popolazione, esclusa dai processi decisionali e da una pianificazione partecipata e democratica.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.