Diritti
Julian Assange, l’indice di misura della libertà dei nostri tempi
Lunedì, 20 maggio 2024, è stata una data molto importante per il futuro dell’esistenza di Julian Assange. Il giornalista, fondatore di WikiLeaks, il sito che pubblicava dati e informazioni ritenute top secret e riservate, ha vinto la causa di ricorso contro la sua estradizione negli Stati Uniti, dove da anni è atteso per essere processato con l’accusa di aver divulgato segreti militari, rischiando una condanna fino a 175 anni di carcere. L’Alta Corte del Regno Unito aveva recentemente stabilito che se le autorità degli States non avessero fornito garanzie circa un processo equo, Assange, attualmente recluso nel carcere inglese di massima sicurezza di Belmarsh, avrebbe potuto presentare un nuovo appello. E cosi, alla fine i giudici britannici gli hanno dato ragione.
Cos’è WikiLeaks? WikiLeaks, (dall’inglese leak «perdita», «fuga [di notizie]») è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che divulgava sul proprio sito web documenti coperti da segreto (di Stato, militare, industriale, bancario). Si trattava, in genere, di atti di carattere governativo o aziendale ricevuti da fonti coperte dall’anonimato. Il sito era curato da giornalisti, attivisti, scienziati. E cittadini provenienti da ogni parte del mondo erano invitati a inviare materiale occultato che portasse alla luce provvedimenti e comportamenti non etici da parte di governi e aziende. La finalità dell’organizzazione era quella di assicurare che gli informatori non venissero perseguiti per la diffusione del materiale inviato, che un’apposita redazione ne verificava l’autenticità prima di pubblicarlo, preservando l’anonimato degli informatori e di tutti coloro che, a vario titolo, fossero implicati nella “fuga di notizie”. Lo scopo ultimo, naturalmente, era quello della trasparenza da parte delle governances mondiali quale garanzia di giustizia, di etica e di democrazia.
Perché WikiLeaks ha chiuso? Il sito, diventato famoso a livello mondiale per la diffusione di messaggi diplomatici statunitensi, classificati altamente segreti, subì dal 7 dicembre del 2010 un blocco finanziario arbitrario e illegale, imposto da Bank of America, Visa, Mastercard, Paypal e Western Union, che rifiutarono di effettuare le donazioni. Il brutale attacco finanziario distrusse il 95% dei suoi finanziamenti pregiudicandone la sopravvivenza e costringendolo alla resa. Risulta anche che il sito, in precedenza, nel 2008, fu chiuso su sentenza di un tribunale della California dopo la denuncia della banca svizzera Julius Bär, ritenutasi diffamata da documenti pubblicati da WikiLeaks che rivelavano il supporto dell’istituto all’evasione fiscale e al riciclaggio di denaro sporco.
Cosa rischierebbe Assange con l’estradizione negli Stai Uniti? La decisione dell’Alta Corte britannica risulta essere davvero una delle poche buone notizie per Julian Assange e per tutti gli amanti e i difensori della libertà di stampa. Amnesty International avverte che, “se estradato negli Stati Uniti, Assange potrebbe subire gravi violazioni dei diritti umani, inclusi periodi di isolamento prolungato, in violazione del divieto di tortura e altri maltrattamenti”. D’altronde, resta facilmente intuibile che la bramosia degli States di processare il giornalista australiano vada ben oltre la vicenda personale di un uomo deontologicamente corretto e libero, oltre che coraggioso. Un eventuale processo americano del “detenuto inglese” metterebbe a rischio la libertà di stampa a livello globale, senza contare che verrebbero compromessi gli stessi obblighi internazionali degli Stati Uniti e il loro proclamato impegno per la libertà di espressione. Va da sé che il tentativo di ospitarlo nelle prigioni americane suoni come una minaccia per i giornalisti di tutto il mondo, che potrebbero essere perseguiti solo per aver ricevuto e divulgato informazioni riservate in nome di un interesse pubblico e collettivo. La lotta per la libertà di Assange, a questo punto, non è solo una battaglia per l’autonomia della comunicazione, ma costituisce anche un vero e proprio nucleo di opposizione ai crimini di guerra, alle angherie sulle popolazioni indifese, alle ruberie nei territori occupati, che Assange, l’uomo da condannare a tutti costi, ha svelato con la risolutezza di chi prova amore per la verità e disprezzo per la menzogna. Pertanto, occorre che la montagna di ipocrisia e falsità che si erge a sostegno delle moderne democrazie dominanti venga giù, squarciata dai nostri sguardi semplicemente consapevoli, senza abbassare la testa e chiudere gli occhi di fronte a codici di comportamento e apprendimento deviati. Informarsi e verificare una notizia, oggi, è già un grande passo in avanti verso il ripristino della vera e autentica libertà.
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