Diritti

Je Suis Charlie e la vignetta di Giannelli

18 Luglio 2015

Tutto nacque dopo l’attentato alla sede parigina del periodico satirico Charlie Hebdo, a gennaio. Un periodico irriverente, caustico, che non è mai piaciuto a tutti ma che in quella occasione raccolse tutti quanti sotto una semplice frase: Je Suis Charlie. Questo perché non si riteneva possibile, accettabile che qualcuno venisse a ucciderti per una vignetta satirica. La libertà d’espressione è uno dei nostri più grandi traguardi, preservarla è uno dei nostri più importanti compiti.

Ma il dire Je Suis Charlie non può essere usato per giustificare qualsiasi cosa. O meglio, invocare la libertà di espressione e il concetto di satira non può essere una giustificazione per certe cose penose che vengono pubblicate ogni giorno: libertà di stampa e satira non sono il sigillo per vergare il nulla osta a tutto. Dibattito che ha presso piede dopo che sul Corriere della Sera è apparsa questa vignetta di Giannelli:

Vignetta Giannelli

Subito da molte parti si sono levate critiche anche molto dure. Alcune si sono spinte, secondo me sbagliando, fino a chiedere una censura della vignetta, altre hanno semplicemente chiesto che il Corriere porgesse delle scuse per una vignetta riuscita decisamente male. Io mi limito a sottolineare che quella vignetta faccia pena, e a riportare la critica di Dino Amenduni, pubblicata sul profilo Facebook di Valigia Blu:

1. A chi fa sorridere una cosa del genere? A me no, ma forse è colpa mia che sono pesante.
2. È satira? Se sì, me la spiegate? perché forse è colpa mia che non ci arrivo.
3. È xenofobia? Per me sì. Se qualcuno la pensa diversamente sono curioso di sentire la sua.
4. La reputazione del Corriere rimane intatta dopo un’operazione del genere? Per me no, perde un altro briciolo che va ad aggiungersi a tutti gli altri che quotidianamente vanno via, in tanti giornali italiani.

Ma alti si sono levati anche gli scudi di chi invece ha ricordato Charlie Hebdo per affermare che la vignetta di Giannelli è, a tutti gli effetti, satira. Però a me questa cosa non torna: la satira non era quella forma di irrisione del potere? Allora perché si fa satira su una famiglia qualunque che, tornando a casa, ci trova dei migranti? Mi si dice, “eh ma è uno spaccato della realtà, un modo amaro per riflettere su quello che accade oggi”. Ma davvero secondo queste persone accadono queste cose? Gli ultimi fatti a Quinto di Treviso e a Casale San Nicola vicino a Roma vengono quindi ricondotti in questa stereotipata e falsa visione? Perché, è bene ricordarlo, nessuno si è visto occupare abusivamente la propria casa da immigrati, per altro spostati in entrambi casi sotto la supervisione di un prefetto.

La frase Je Suis Charlie nacque per condannare chi aveva compiuto un attentato sanguinario verso persone che esprimevano una critica feroce a un potere, la religione islamica. Non nacque per sdoganare la libertà di satira verso tutto e tutti, perché la satira ha precise caratteristiche e se vengono a mancare cessa di essere satira. Diventa sberleffo, insulto, populismo, scegliete voi come indicarlo, ma non satira. Alcuni hanno risposto che la vignetta intendeva prendere in giro chi ha dormito sul problema e si sveglia solo ora, scoprendone la gravità. E lo dovrebbe fare servendo l’immagine di una famiglia qualunque che torna dalle vacanze e di una famiglia qualunque di immigrati, il tutto condito da una buona dose di generici stereotipi?

Se il vero obiettivo della vignetta era criticare chi ha dormito sul problema e non lo ha affrontato, allora la vignetta è completamente sbagliata. Magari, come è stato fatto notare, se quella famiglia avesse avuto le facce dei nostri politici allora il senso sarebbe stato differente, e il messaggio di critica satirica più centrato. Così invece è solo una vignetta di merda (con tutto il rispetto per la merda), riuscita particolarmente male. Dire semplicemente “è satira” non è una giustificazione, perché esiste anche la satira di merda, ed esiste anche la libertà di poterlo far notare. Più che far riflettere, questa vignetta gioca sugli stessi toni di quanti gettano benzina sul fuoco delle strategie propagandistiche dei razzisti, cosa che non fa che aumentare la pena che provo guardando quella immagine.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.