Diritti

Quanto ci metteremo ad avere una legge contro la tortura?

7 Aprile 2015

 

(Originariamente pubblicato il 7 aprile 2015)

Nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 nella scuola Diaz di Genova le forze dell’ordine commisero il reato di tortura.

La sentenza che riconosce in sede giudiziaria quello che era già noto ed evidente a tutti arriva dall’estero, dalla Corte per i diritti umani di Strasburgo, che oggi ha condannato il nostro Paese per i maltrattamenti subiti dal manifestante veneto Arnaldo Cestaro, che fu “aggredito da parte di alcuni agenti a calci e a colpi di manganello” e subì maltrattamenti “in maniera totalmente gratuita”, qualificabili come “tortura.

Per ottenerla è stato necessario attendere ben 14 anni.

Nemmeno troppo a confronto del tempo passato nell’attesa che l’Italia si doti di una legge contro la tortura, che sanzioni crimini come quelli commessi a Genova e ne scoraggi di nuovi. In questo caso gli anni trascorsi invano sono più di 25 anni.

Era il 1989 quando l’Italia ratificò la Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite. Negli anni successivi il Parlamento avrebbe dovuto introdurre il reato nel codice penale, con apposita legge, ma da allora non se ne è fatto nulla.

L’ultimo progetto di legge risale a tre anni fa, ma è ancora fermo in commissione. A tre anni fa risale anche l’ultima lettera di “sollecitazione” inviata da Amnesty International al governo italiano, perché si attivi e colmi un vuoto normativo inaccettabile.

Non a caso, la lacuna tutta italiana sul reato di tortura è stata ricordata e stigmatizzata anche nella citata sentenza di oggi della Corte europea per i diritti dell’Uomo.

La giustificazione che spesso arriva da Roma è che le norme già presenti nel nostro ordinamento delineerebbero (anche in assenza di un riconoscimento formale) il reato di tortura.

Ce ne è però anche un’altra di giustificazione, non detta, e perciò più pericolosa, secondo cui quello di tortura è un reato superato, degno del codice penale di un paese in via di sviluppo, ma non certo di quello di una delle principali economie mondiali.

I fatti del G8 di Genova, così come altri episodi “minori” e più recenti (quello di Federico Aldrovandi tra i tanti), e il relativo iter giudiziario dimostrano che è vero l’esatto contrario, e impongono di agire di conseguenza.

@carlomariamiele

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