Benessere
Il valore umano della fragilità. Luigi e la sua storia di resilienza
Era il 2008 quando Luigi Celeste, all’epoca 23 anni, decise di porre fine alle violenze subite dal padre Francesco, colpendolo con sette proiettili mortali. Skinhead, contatti con ambienti dell’estrema destra, precedenti per tentato omicidio e rissa, Luigi viveva in zona Lorenteggio con la madre e il fratello Alessandro, ma la convivenza con il padre, uscito dal carcere nel 2006 dopo gli ultimi dieci anni dietro le sbarre per una sparatoria e una rapina all’A&O di via Garian, non era affatto facile. Dopo l’ultimo schiaffo alla madre e le ripetute minacce di morte subite da lui e dal fratello, da quel padre violento nella presenza quanto nell’assenza, Luigi si è liberato compiendo il peggiore dei delitti. «Ero stanco di quella situazione», disse al momento dell’arresto nel parcheggio di un palazzetto a Milano. «Il padre di Celeste ha infierito da vivo», ha affermato il pubblico ministero durante la requisitoria del processo, «non permettete che infierisca anche da morto».
Il ragazzo si ritrova così a vivere prima a San Vittore, Opera e poi a Bollate. Proprio a Bollate, dove lui cerca di farsi trasferire per scontare la sua pena (nove anni, con le attenuanti del caso), comincia il suo difficile percorso di riabilitazione alla vita. Punta alle sue passioni, lavora sulle sue mancanze per risalire, per superare una doppia fragilità. Cercare e poi trovare la motivazione, accettare le sfide quotidiane e migliorarsi sono obiettivi che Luigi coltiva impegnandosi nello studio. Centralissimo è il ruolo di chi lavora con lui in carcere e che gli da modo di acquisire nuovamente fiducia nel prossimo per saper cogliere le opportunità e diventare un uomo responsabile. Uno dei demoni da sconfiggere per il ragazzo è la paura del pregiudizio e la diffidenza. Un percorso lungo che si sviluppa attraverso la frequentazione dell’accademia CISCO (Cisco Networking Academy), programma di responsabilità sociale che contribuisce alla formazione informatica nelle carceri, oltre che nelle scuole e nei centri professionali. A Bollate in dieci anni 500 detenuti hanno frequentato i corsi e una decina ha ottenuto la difficilissima (per tutti, dentro e fuori dal carcere) certificazione; l’80% di loro ha trovato un lavoro. Qui, mentre il dato medio di recidiva nelle carceri italiane è del 70%, scende invece al 16-17 per cento. Tra i 500 che hanno frequentato la Networking Academy la recidiva è stata pari a zero.
E Luigi così, in carcere, ha trovato la motivazione per la sua rinascita. Sarà il dottor Benvenuto, dirigente CISCO, a proporlo come responsabile di sicurezza di rete di un’azienda e a spingere il ragazzo alla ricerca della normalità.
Lugi è diventato un resiliente, o almeno ha iniziato il suo importantissimo percorso per esserlo superando la sua fragilità. Conoscere la sua storia, una delle molte raccontate da Anffas nel convegno “La forza umana della fragilità. Esperienze urbane, storie di resilienza”, è un’occasione per capire quanta forza contiene la fragilità, quanto è importante nella società di oggi riconoscerla come un valore e quanto saperla riconoscere possa migliorare se stessi e la stessa città.
In fisica la resilienza (dal latino resilire “rimbalzare”) indica la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi oppure, più in generale, la capacità di un sistema di assorbire le perturbazioni, riorganizzandosi. Analogamente la resilienza psicologica di una persona è la capacità di resistere agli eventi avversi della vita e di trasformare le proprie fragilità in energia positiva.
Soffia quindi aria nuova a Milano, e si leva da parte di chi deve guadagnarsela più di molti altri e molto più duramente. Aria che arriva proprio dal mondo dei più fragili, e a Milano, città in cui spesso chi si ferma è perduto, luogo dell’efficienza e che non ammette pause o défaillance, in cui forse essere fragili non è poi così accettato.
Dopo cinquant’anni di lavoro incessante, Anffas (che di fragilità nel campo della disabilità si occupa quotidianamente) ha deciso di portare alla luce questa verità e lo fa da protagonista attenta e sensibile qual è della società civile milanese. Questo primo incontro (di una serie di momenti di confronto organizzati per celebrare i cinquant’anni di attività) si è svolto il 26 ottobre all’Acquario Civico è ha messo al centro proprio il tema della fragilità ma anche quello della rinascita; la prima da intendersi come valore aggiunto, come condizione umana che con lavoro e pazienza ci rende più attenti agli altri, quindi come opportunità e perché no, occasione di crescita e ripartenza.
https://www.youtube.com/watch?v=lJG1wdp9lvw
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