America
Il Summit di Los Angeles, ennesimo fallimento della politica estera americana
Decine di migliaia di migranti in marcia, a piedi, che vengono da tutto il Centro America, specialmente da El Salvador, e che vogliono entrare negli Stati Uniti per partecipare al grande Summit organizzato da Joe Biden: non come ospiti diplomatici, ma come massa disperata in cerca di pace, di cibo, di lavoro. Una marcia potente, finita ovviamente contro il muro di cemento, filo spinato e guardie di confine: il simbolo del fallimento di un Summit che, probabilmente, era una mossa propagandistica a fini interni, ed è servita solo a mostrare l’incapacità americana di sostenere un ruolo positivo nel continente.
Al confine li aspetta l’esercito per respingerli. I pochi che riescono ad entrare e che sono condannati a vivere da clandestini in una terra di cui non capiscono nemmeno la lingua, vengono arruolati dalle stesse gang criminali che li opprimevano in patria, oppure vengono martirizzati con le richieste di denaro, le violenze, gli stupri. L’amministrazione federale americana, invece di combattere il fenomeno, lo usa per difendere le leggi folli che armano i cittadini: che ognuno si compri un mitragliatore ed impari finalmente a difendersi da solo.
Il motivo del Summit
Dall’8 al 10 giugno 2022, a Los Angeles, si è tenuto il “Summit of the Americas”, un incontro macchiato da veti, polemiche, disorganizzazione, defezioni, e che ha prodotto poco: un disastro d’immagine e di sostanza politica. Il terremoto lo scatena Biden già prima che inizi: malgrado la Casa Bianca avesse auspicato la partecipazione dei leader di Cuba, Nicaragua e Venezuela[1], la decisione viene revocata – perché, come spiega il portavoce Karine Jean-Pierre, “i dittatori non vanno invitati”[2]. Le motivazioni stridono con ciò che è accaduto appena un mese prima, quando lo stesso Biden ha ospitato il Summit Stati Uniti-Asean al quale hanno partecipato Cambogia, Vietnam e Laos – regimi apertamente autoritari – escludendo solo il Myanmar[3].
È evidente a tutti che dietro ci sono esigenze elettorali: Biden ha bisogno di rafforzare il legame con i latinos espatriati in America, ostili ai governi del Sudamerica. Oltretutto, gli Stati esclusi sono quelli che hanno i rapporti più saldi con Russia e Cina. La prima reazione è del presidente messicano Andrés Manuel Lopez Obrador, che annuncia la propria defezione per protesta contro l’esclusione dei tre paesi[4]. Riceve l’appoggio di Maduro, che definisce quello di Biden “un atto di discriminazione”[5]. Il presidente boliviano Luis Arce minaccia di boicottare l’incontro, il presidente cileno Gabriel Boric parla di “grave errore”[6], ed il suo omologo argentino, Alberto Fernández, ne condivide l’opinione. Per Cuba è “una mossa ingiustificata” e Ralph Gonsalves, il primo ministro di Saint Vincent e Grenadine, accusa Washington di “usare cattive maniere”[7].
Particolarmente catastrofica la decisione del presidente dell’Honduras, Xiomara Castro, di boicottare il vertice, visto che fino a pochi giorni prima intesseva intense relazioni diplomatiche con Kamala Harris, progettando importanti iniziative di cooperazione[8]. Il nicaraguense Daniel Ortega rinuncia con parole di disprezzo al vertice[9], e anche il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, annuncia di boicottare il Summit[10]: ciò vuol dire che una linea di demarcazione importante è stata oltrepassata e che gli USA hanno perso quel carisma di grande potenza che fino a pochi anni fa pochi paesi sudamericani si permettevano di contestare apertamente.
Gli Stati Uniti attraversano una fase di grande difficoltà, sia per la pandemia, che ha sfiancato il Paese, sia per le battaglie sull’aborto e sulla vendita delle armi. L’inflazione galoppa e raggiunge livelli da record, l’ombra lunga delle elezioni del 2020 è ancora al centro di un feroce dibattito, la politica si divide sul cambiamento climatico, ma soprattutto sulla crisi ucraina. Mai come ora l’attuale Presidente ha avuto un così basso livello di gradimento[11]. Da qui la scelta di affrontare un tema antico e controverso: l’immigrazione dalle regioni del sud. Ed è questo, giocoforza, il tema centrale del summit.
La marcia dei latinos
Ad agitare ulteriormente il clima ci sono 14 mila persone che si organizzano per una migrazione di massa a pochi giorni dell’inizio del summit. Da Tapachula, una cittadina al confine tra Guatemala e Messico, si mettono in marcia verso nord, camminando per quasi 2000 chilometri, allo scopo di giungere al confine californiano ed oltrepassarlo. Tra loro intere famiglie, 3000 bambini, almeno 126 donne incinte e oltre 70 persone con disabilità fisiche[13].
Tapachula conta circa 350’000 abitanti, ma da tempo ne ospita diverse migliaia in più, essendosi trasformata, assieme a Tenosique nel Tabasco, in un hub per migranti intrappolati dalla repressione dei flussi migratori provenienti dal Centro America. La cittadina si trova nel Chapas, uno degli stati più poveri del Messico, ed è una sorta di campo sfollati per i migranti che stazionano qui anche per diversi mesi, in attesa di un visto che forse non arriverà mai[14]. Una prigione a cielo aperto dove disperazione, miseria, rabbia sono compagne di chi sperava in una vita migliore di quella che ha lasciato alle spalle.
I migranti provengono dall’Honduras, da El Salvador, da Haiti, Venezuela, altri da molto più lontano: Cuba, Brasile, Nigeria, Palestina e, recentemente, anche dall’Ucraina. Fuggono dalla guerra, la fame, le torture[15]. Il viaggio per Tapachula dura mesi, durante i quali si lotta per la sopravvivenza[16]. La delusione di chi è arrivato fin lì e scopre che non si possa andare avanti è tanta, la rabbia e la frustrazione dilagano. Il numero di migranti che varcano il confine meridionale col Messico è in costante aumento[17]: ogni anno almeno mezzo milione di persone tentano il viaggio diretti verso gli Stati Uniti, e gran parte di queste provengono dai tre paesi del triangolo settentrionale, El Salvador, Guatemala e Honduras. Di questi, solo una piccola parte richiede il visto[18]. Secondo la Commissione Messicana per l’Assistenza ai Rifugiati (COMAR) nel 2021 le domande di riconoscimento dello status di rifugiato sono state 89’636 a Tapachula e 7’153 a Tabasco, ma solo 19’273 domande sono ostate accolte, mentre ne sono state concesse 20’364 in Chiapas e 1’499 in Tabasco[19].
La maggior parte dei migranti rimane in un limbo senza speranze, cui si reagisce con lanci di pietre, incendi e scontri con la polizia[20]. La differenza, stavolta, la fanno Victor Luis García Villagrán, direttore del Center for Human Dignification, ed Irineo Mújica, direttore di Pueblos sin Fronteras: sono loro ad organizzare la marcia, con l’obiettivo di far sentire la voce dei disperati nelle stanze del Summit, in cui verrà partorito però un accordo assolutamente insufficiente[21].
L’accordo “The Los Angeles Declaration”[23] è senz’altro un passo avanti e contrasta con le politiche anti immigratorie della passata amministrazione Trump. Trai punti principali, il Messico si impegna nel lanciare un programma di lavoro temporaneo per 15.000-20.000 lavoratori del Guatemala, con l’intenzione di includere anche lavoratori in fuga dall’Honduras e da El Salvador; l’amministrazione Biden prevede di destinare 314 milioni di dollari in aiuti umanitari e di rifornire con una cifra miliardaria le banche di sviluppo allo scopo di sostenere l’accoglienza di migranti e rifugiati in Ecuador e Costarica[24]; verranno anche forniti visti per lavoratori stagionali non agricoli a 11.500 cittadini dell’America centro-settentrionale e di Haiti; inoltre Biden promette più impegno nel combattere il traffico di esseri umani e si impegna nel riprendere i piani di ricongiungimento familiare con Cuba e Haiti; ci sarà poi l’impegno comune per tentare di arginare la fuga verso gli Stati Uniti, promuovendo localmente opportunità di lavoro, ed il Costa Rica attuerà un programma di protezione nei confronti dei migranti provenienti da Venezuela, Nicaragua e Cuba[25].
Molti esperti però giudicano l’accordo insufficiente, poiché non vincolante, e che da solo potrà fare ben poco: sono promesse che, se non verranno seguite da specifici programmi di attuazione, rischiano di rimanere sulla carta[26]. Inoltre è stato partorito in un vertice dove i massimi leader di Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Messico, Cuba e Venezuela, nazioni che collettivamente rappresentano la maggior parte dell’emigrazione al confine tra Stati Uniti e Messico, non hanno nemmeno partecipato[27].
Un risultato però sembra averlo: appena terminato il Summit, le autorità per l’immigrazione messicane sono intervenute sul gruppo dei 14’000 migranti in marcia, reindirizzandoli all’Istituto Nazionale Messicano per le Migrazioni (INM) e rilasciando loro il visto[28]: una tregua positiva, anche se il problema rimane enorme. Finora sono arrivate solo promesse vaghe, mentre si ha bisogno di risposte concrete ed immediate: per queste persone la scelta è spesso tra la vita e la morte, come per i salvadoregni che fuggono da un paese dilaniato dalla criminalità e che sono l’emblema della disperata ricerca della salvezza.
Tra guerre, dittature, bande criminali e diritti negati
El Salvador è lo stato non insulare più piccolo e più densamente popolato dell’America latina, schiacciato tra il Guatemala, l’Honduras e l’Oceano Pacifico. Ha circa 6,5 milioni di abitanti, di cui oltre l’85% meticci e il 12% bianchi, mentre i restanti si dividono soprattutto tra indigeni, arabi e armeni[30]. Vi risiede la terza comunità palestinese del continente[31], di cui fa parte l’attuale presidente Nayib Bukele, in carica dal 1° giugno 2019. Più di 3 milioni di salvadoregni risiedono all’estero e di questi oltre il 90% negli Stati Uniti[32].
Discendenti dagli antichi Maya, i salvadoregni vengono colonizzati dagli Spagnoli nel 1524, raggiungono l’indipendenza nel 1821 ed entrano a far parte della Federazione dell’America Centrale[33]. Nel 1841, dopo lo scioglimento della Federazione, viene proclamata la Repubblica. La produzione e l’esportazione del caffè diviene il principale sostentamento economico, anche se, attorno all’attività, nasce una potente oligarchia, chiamata “delle 14 famiglie”, che ha in mano, oltre l’economia, anche la politica[34].
Le prime elezioni libere del 1931 portano a un colpo di stato militare e alla dittatura del generale Maxímiliano Hernández Martínez[35]. Nel 1950, dopo un periodo di disordini interni, durante il quale diversi militari si susseguono ai vertici del potere, viene eletto presidente Oscar Osorío, che prepara una nuova costituzione e aderisce all’Organizzazione degli Stati Centroamericani creata nel 1951[36]. Il suo è un governo che, grazie alla favorevole congiuntura economica e ad un regime di bassi salari, favorisce lo sviluppo di infrastrutture e un buon grado di industrializzazione. Ma il clima repressivo e l’asservimento agli americani (che producono gli squadroni della morte, gruppi terroristici di destra finanziati da Washington per contrastare i comunisti, responsabili di disastri inenarrabili[37]) sono ancora oggi una realtà: nel 1960 un colpo di stato messo in atto da militari di sinistra depone il presidente José María Lemus, ma la musica non cambia[38].
La miseria dilaga, e nel 1960 El Salvador, con Guatemala, Honduras e Nicaragua – raggiunti due anni dopo anche dal Costa Rica – stabiliscono il Mercado Común Centroamericano (MCCA), che decreta l’inizio di un processo di integrazione che favorisce l’uscita da un’arretratezza agricola cronica[39]. Nel frattempo, dopo che lo svolgimento di libere elezioni nel 1961 verrà impedito da un nuovo colpo militare, nel 1962 viene varata una nuova costituzione per dare al paese una maggiore democrazia, ma le leve del potere restano comunque nelle mani dei militari e dell’oligarchia dominante[40].
Gli abitanti aumentano e le terre mancano. Così, nel 1967, viene firmato un trattato di immigrazione con l’Honduras che mette a disposizione dei salvadoregni le sue terre incolte: nel giro di due anni i contadini che varcano il confine sono già 300’000, la gran parte dei quali occupa e coltiva abusivamente appezzamenti di terra, facendo proliferare molte imprese illegali e generando una grande disparità economica con i residenti[41]. Ciò alimenta attriti, cavalcati dal governo nazionalista di Oswaldo López Arellano[42], arrivato al potere tramite un colpo di stato. Costui cancella gli accordi siglati due anni prima, stabilendo che l’uso della terra deve essere limitato ai nativi del Paese e attua un rapido e violento programma di deportazioni degli immigrati verso El Salvador[43].
Le relazioni diplomatiche tra i due paesi, pur alleati contro il comunismo, si interrompono, le tensioni esplodono e, il 14 luglio 1969, le truppe salvadoregne oltrepassano il confine, accendendo un conflitto durato soltanto 100 ore, ma che lascerà sul campo 6’000 vittime, 15’000 feriti e un numero di rimpatri forzati salvadoregni compreso tra i 60’000 e i 130’000 contadini[44]. Il conflitto prende il nome di “Guerra del calcio” poiché avviene in concomitanza delle qualificazioni ai Mondiali del 1970, ma il calcio c’entra ben poco, se non per il fatto che viene sfruttato come propaganda per acuire i contrasti tra Honduras ed El Salvador[45]. Le conseguenze sul piano politico sono devastanti: le relazioni diplomatiche e commerciali rimangono sospese per anni, l’MCCA anch’esso viene sospeso, pregiudicando l’integrazione regionale, e l’intero Centroamerica si ritrova ancora una volta in mano all’oligarchia agraria[46].
La guerra civile salvadoregna
A partire dal 1974, in un clima di crescente violenza, formazioni armate di ispirazione comunista effettuano numerosi sequestri ed assassini politici, ed il governo risponde con la forza. Nel 1977 l’elezione del generale Carlos Humberto Romero provoca gravi disordini[48]. Romero viene sostituito nel 1979 da una giunta più moderata, composta da militari e civili, che fallisce però nell’opera di pacificazione[49]. Nel marzo 1977 un commando, forse armato dalla CIA[50], uccide l’arcivescovo di San Salvador, Oscar Romero, schierato contro la giunta[51]: la guerra civile ha inizio.
Prende vita un vasto schieramento, il Fronte democratico rivoluzionario (FDR), che raccoglie sindacati, operai e contadini, partiti della sinistra e anche parte dei Democratici cristiani, uniti nella lotta contro il regime[52]. A dicembre viene eletto presidente il leader democristiano José Napoleón Duarte, con la benedizione del nuovo presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan[53]; da lui ottiene aiuti e consiglieri militari, mentre i guerriglieri godono dell’appoggio dell’Unione Sovietica, di Cuba e del Nicaragua[54].
Nel 1981 fallisce il tentativo effettuato dall’Internazionale socialista e dai partiti Democratici cristiani latinoamericani ed europei di far cessare la guerra civile. Nessun governo successivo riuscirà nell’intento di trovare una strada per la pace. A cambiare le cose sarà l’avvento al potere di Gorbacëv in Unione Sovietica e l’abbandono della politica di espansione in America Latina. Nel 1989 viene raggiunto un accordo per lo smantellamento delle basi dei guerriglieri Contras in Nicaragua[55]. Il 12 dicembre i presidenti degli stati centroamericani riuniti al vertice di San Isidro firmano un documento in cui si invitano i capi del Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Martí (FMLN), l’ala militare del FDN, a deporre le armi[56]. Nel 1990 a Ginevra e in Messico si tengono le trattative tra esponenti del governo e del FMLN[57].
Le elezioni politiche e amministrative del 1991 vedono, per la prima volta dopo dieci anni, le sinistre non comuniste unirsi nella lista di Convergenza Democratica, ed il paese si avvia finalmente verso una normalizzazione. Nel dicembre del 1992, con l’accordo di pace tra Governo e FMLN[58], ha fine la guerra civile, costata la vita a circa 70’000 persone, oltre a distruzioni ed esodi di massa dalle proporzioni incalcolabili.
Gli USA e la criminalità in Centroamerica: quali responsabilità?
L’esodo prodotto dalla guerra civile spinge centinaia di migliaia di salvadoregni a varcare il confine americano. In molti si rifugiano nei quartieri poveri di Los Angeles. La gran parte di loro ha perso ogni cosa e, ritrovarsi in estrema povertà in un paese straniero, li spinge a cercare protezione nelle bande locali, e poi ad aderire alle loro attività criminali. L’effetto sulla società californiana è drammatico, tant’è vero che, nel 1996, il Congresso americano approva una legge che consente alle autorità di espellere i criminali soggetti ad una pena detentiva di un solo anno, atto in precedenza riservato solo ai criminali condannati per crimini violenti e con condanne a cinque anni o più[60].
La legge dà il via alla deportazione di decine di migliaia di membri di bande in America Centrale (almeno 20’000), gran parte dei quali finiti in El Salvador[61]; una volta giunti in una terra dove la situazione è già precaria per grave povertà e assenza cronica di opportunità, non possono che mettere in atto quello che hanno imparato a Los Angeles, per di più arruolando nuove leve: il conflitto civile ha destabilizzato la polizia locale, che non ha più alcun controllo sulla criminalità, e nella regione straripante di armi si spara senza nessuna remora.
La principale gang di El Salvador ha il nome di Mara Salvatrucha, o banda di MS-13, e si è formata proprio a Los Angeles, nei quartieri controllati dalla mafia messicana, tra gli anni ’70 e ’80, poi esportata grazie alla legge del 1996. È la più violenta, ma non è certamente l’unica: il terreno è fertile e le gang criminali proliferano e si fanno la guerra tra loro, come quella eterna tra Salvatrucha e Barrio 18 (un’altra gang originaria di Los Angeles), che rende El Salvador il luogo più pericoloso e col più alto tasso di criminalità al mondo: il Ministero della Difesa stima che 500’000 salvadoregni, 8% della popolazione, siano coinvolti in bande[62]; nel 2015 è l’anno record in cui si verificano 103 omicidi ogni 100’000 residenti: il tasso più alto al mondo, seguito da Venezuela ed Honduras[63].
Nel 2012 l’allora presidente Mauricio Funes avvia una trattativa con le maras Salvatrucha e Barrio18, promettendo loro, in cambio di una tregua, meno repressione, migliori condizioni in carcere ed investimenti in programmi di riabilitazione per gli ex detenuti[64]. Nell’immediato la strategia ha successo, gli omicidi diminuiscono in modo sostanziale, ma l’accordo ha conseguenze devastanti: i criminali hanno ora il potere di influire sulla politica[65]. La tregua dura lo spazio di un anno e nel 2013 i tassi di omicidio raggiungono livelli allarmanti – una strategia delle bande per piegare la politica. Stavolta però la risposta è diversa: nel 2016 il legislatore mette fuori legge le trattative di Stato con le gang[66], ed arresta 21 funzionari artefici degli accordi: tra i reati ipotizzati ci sono associazione illecita, traffico di merci illecite nelle carceri, abuso d’ufficio, falsificazione di documenti e distrazione di fondi statali per l’ammontare di almeno 2 milioni di dollari[67].
Con Nayib Bukele, presidente dal giugno del 2019, il tasso di omicidi cala drasticamente da 36 a 18 ogni 100’000 abitanti. I motivi risiedono nel suo programma anticrimine: modernizzazione delle forze di sicurezza, loro espansione sul territorio e penetrazione delle roccaforti criminali, piano che si macchia di detenzioni di massa senza regolare processo[69]. In realtà, nell’agosto del 2021, saltano fuori prove secondo le quali Bukele avrebbe attuato un piano di negoziazione molto simile a quello del 2012[70].
El Salvador, sul piano della criminalità, è in buona compagnia: Guatemala[71], Honduras[72] e Belize sono tra i paesi col più alto tasso di omicidi e criminalità[73], inseriti in un’area definita “triangolo del nord”, detto anche “triangolo della morte”[74]. Il comune denominatore: la presenza delle gang, ormai internazionalizzate, come la M13, divenuta negli anni una potenza commerciale con investimenti in numerose attività, sia legali che illegali, che governa praticamente ogni aspetto della vita quotidiana nelle aree in cui è presente[75].
L’Honduras è un paese tra i più poveri del Centroamerica, dilaniato da colpi di stato, rivolte armate, conflitti con i suoi vicini e dagli uragani[76]. Qui l’M13 ha il suo principale leader Yulán Adonay Archaga Carias, noto col soprannome di “El Porky”. Ha una taglia sulla sua testa di 100’000 dollari ed è ricercato dall’FBI[77]: oltre al mercato della droga – produce droghe sintetiche che rivende a diversi cartelli colombiani[78] – controlla numerose attività come la discarica di San Pedro Sula, dalla quale recupera e ricicla tonnellate di materiali, ed estorce denaro ad una miriade di piccole imprese e residenti, contando sulla complicità delle amministrazioni locali[79]. M13, assieme ad altre bande come Barrio18, impera anche in Guatemala e Jorge Yahír, alias Célbin, poi Vago, infine Diabólico, è il suo attuale leader. Ora è in carcere assieme a 400 dei suoi compari. La gang è dedita all’estorsione e al traffico di droga, ma gestisce numerose attività legali come società di mototaxi e vendita auto[80]. Anche in questa terra gli omicidi sono in vertiginoso aumento[81].
USA e Messico: una frontiera che scotta
Il triangolo della morte confina col Messico: nell’immaginario dei migranti, la strada verso la salvezza. Una speranza fallace, perché anche qui mancano politiche migratorie, che colpiscano le ragioni che spingono milioni di disperati a partire – e, per giunta, qualora arrivino in America, si devono confrontare con le stesse brutali gang che li avevano oppressi a casa, visto che il governo degli Stati Uniti non riesce a combatterle.
La drammatica crisi sociale del Centroamerica è il prodotto di un interventismo straniero, in particolare degli USA, che per decenni hanno sabotato l’evoluzione democratica di questi paesi: il sostegno a bande criminali l’hanno prodotto loro, per impedire l’emancipazione della popolazione. Quando, nel 1989, la guerra fredda è finita, era ormai troppo tardi per capire di aver armato milizie che non avrebbero più riposto le armi e abbandonato gli imperi costruiti sul narcotraffico.
Le Gang hanno creato all’interno dei rispettivi territori, negli anni, dei sistemi parastatali, sostituendosi alle amministrazioni nel dirigere il traffico, finanziare ospedali, tutto pagato con il traffico di droga: si stima che le bande all’interno di El Salvador, ad esempio, siano oltre cinquanta. Le carceri, orribilmente sovraffollate, non rappresentano una soluzione: le guardie carcerarie si limitano ad evitare fughe, ma non riescono a controllare i detenuti. Ne hanno paura, sicché questi sono liberi di organizzare i propri traffici come se la prigione fosse un quartier generale ed un centro di reclutamento[83].
Gli interventi sul territorio si limitano a brutali azioni di stampo militare, che ottengono solo bagni di sangue. La prevenzione, qui, è un concetto sconosciuto. Gli USA, dopo la guerra fredda, si sono limitati a considerare la questione migratoria in base alle esigenze occupazionali, demandando ai paesi del Centroamerica la soluzione del problema. Le uniche operazioni di rilievo adottate dal Pentagono, rivelatesi spesso controproducenti, sono state creare corpi speciali dell’esercito, supportati dall’intelligence, per colpire singoli capi del narcotraffico.
Hillary Clinton, quando era Segretario di Stato, è stata la più attiva nella lotta al narcotraffico, stanziando fondi per diversi miliardi di dollari destinati ai paesi e alle loro polizie locali, ma i risultati sono stati disastrosi[84]. Obama è stato l’artefice di uno dei progetti più innovativi, il CARSI (Central America Regional Security Initiative) attraverso il quale vengono sostenute le polizie: peccato che soltanto la metà dei fondi sia stata utilizzata per la causa concordata, il resto è stato usato per rafforzare potentati locali[85].
Poi arriva Trump, e le cose peggiorano: partorisce l’idea del muro di ferro alto dai 6 ai 10 metri e lungo 2000 km al confine col Messico – un’opera inutile, bloccata dall’amministrazione Biden, costata la vertiginosa cifra di 15 miliardi di dollari (importi lievitati enormemente in corso d’opera[87]): ora è un ammasso di pali d’acciaio arrugginiti che corrono per lo più lungo il confine dell’Arizona e che spesso crollano a causa di corrosione e frane[88]. Rimangono i cantieri deserti, meravigliose aree naturali sfregiate dalla dinamite e mucchi di materiali ammassati e abbandonati lungo la linea di confine, per un valore di almeno 350 milioni di dollari[89]. A rimanere in piedi ci sono invece i contratti con le imprese di costruzione: secondo un rapporto della sottocommissione per le operazioni governative e la gestione delle frontiere, l’amministrazione Biden alla fine del 2021 stava ancora pagando fino a 3 milioni di dollari al giorno ai subappaltatori per sorvegliare il muro, i cantieri ed i materiali ammassati[90].
Trump non si limita ad alzare un muro: la decisione è accompagnata da misure che minano i diritti umani, tra cui l’uso esteso della detenzione anche per donne e bambini, innalzamento dei limiti all’accesso all’asilo, l’applicazione rafforzata delle misure lungo il confine tra USA e Messico, l’abbassamento delle soglie di espulsione (anche una violazione del codice stradale diviene un buon motivo per il rimpatrio)[91]. Viene disposta la costruzione di strutture di detenzione lungo il confine meridionale, un aumento di 10’000 agenti dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement), già responsabili, in passato, di raid violenti contro gli immigrati[92]. Dulcis in fundo, arriva la sospensione del rilascio dei visti a cittadini provenienti da Iran, Iraq, Sudan, Siria, Libia, Somalia e Yemen: la loro origine è già sufficiente per considerarli terroristi[93].
La barriera si dimostra, dove completata, un colabrodo – ed è pericolosa, per via delle cadute nel tentativo di scavalcarla. L’amministrazione Biden, però, non cancella tutto il passato. A parte l’arresto della costruzione del muro, ci sono soltanto timidi segnali, come la modifica del Titolo 42 che consente esenzioni umanitarie all’espulsione dei minori non accompagnati e delle famiglie con bambini piccoli; bisogna attendere il maggio del 2021 per l’innalzamento del numero dei permessi di asilo dai 15’000 previsti dall’amministrazione Trump ai 125’000 attuali[94].
La legge sull’immigrazione promessa da Biden è in stallo, anche grazie alla complicata quanto per lui sfavorevole situazione politica, con i livelli di immigrazione record ed i repubblicani che non mancano di cavalcare il malcontento popolare. Ma la Dichiarazione di Los Angeles, per quanto timida ed imprevedibile nella sua attuazione, è almeno un primo chiaro segnale politico. Ma non c’è tempo da perdere: il nord del Messico rischia di esplodere, è solo questione di tempo.
[1] https://www.theatlantic.com/international/archive/2022/06/biden-summit-of-the-americas-latin-america/661257/
[2] https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/06/06/per-biden-dittatori-non-vanno-invitati-a-summit-americhe_e1ac5894-779f-4e32-9f8d-ce96f3a93819.html
[3] https://www.voanews.com/a/us-announces-new-plans-on-maritime-cooperation-with-asean-eyeing-china-/6570248.html
[4] https://www.aljazeera.com/news/2022/6/6/mexico-will-skip-us-hosted-summit-of-the-americas
[5] https://www.aa.com.tr/en/world/venezuelan-president-praises-mexico-for-snubbing-americas-summit/2607451
[6] https://www.reuters.com/world/americas/exclusion-countries-americas-summit-mistake-says-chilean-president-2022-06-06/
[7] https://www.ft.com/content/afd67e97-485c-4ac3-881b-73e8fce07bf1
[8] https://www.nbcnews.com/news/latino/vp-harris-attends-inauguration-honduras-first-female-president-rcna13832
[9] https://www.aljazeera.com/news/2022/5/19/us-accuses-cuba-of-using-upcoming-summit-as-propaganda
[10] https://www.usnews.com/news/us/articles/2022-06-09/salvadoran-leader-rebuffs-blinken-effort-to-bolster-summit
[11] https://news.gallup.com/poll/394028/biden-job-approval-not-budging-satisfaction-dips.aspx
[12] https://www.bbc.com/news/world-us-canada-61685118
[13] https://www.bbc.com/news/world-us-canada-61685118
[14] https://www.theguardian.com/us-news/2022/jun/03/migrant-caravan-tapachula-mexico-biden
[15] https://sgp.fas.org/crs/row/IF11151.pdf “Central American Migration: Root Causes and U.S. Policy” – Congressional Research Service (CRS) – March 31, 2022
[16] https://www.unhcr.org/5630f24c6.html
[17] https://reliefweb.int/report/mexico/flow-monitoring-migrants-tapachula-and-tenosique-round-1-march-2022
[18] file:///D:/Users/Momo/Downloads/MSF_Forced-to-flee-Central-America_s-Northern-Triangle.pdf
[19] https://reliefweb.int/report/mexico/flow-monitoring-migrants-tapachula-and-tenosique-round-1-march-2022
[20] https://www.reuters.com/world/americas/migrants-clash-with-police-southern-mexico-2022-02-23/
[21] https://www.jornada.com.mx/notas/2021/10/23/politica/salen-mas-2-mil-migrantes-en-caravana-de-tapachula-a-la-cdmx/
[22] https://abcnews.go.com/International/wireStory/migrants-march-south-mexico-us-weighs-lifting-ban-83813637
[23] https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2022/06/10/fact-sheet-the-los-angeles-declaration-on-migration-and-protection-u-s-government-and-foreign-partner-deliverables/
[24] https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2022/06/10/fact-sheet-the-los-angeles-declaration-on-migration-and-protection-u-s-government-and-foreign-partner-deliverables/
[25] https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2022/06/10/fact-sheet-the-los-angeles-declaration-on-migration-and-protection-u-s-government-and-foreign-partner-deliverables/
[26] https://time.com/6186209/declaration-migration-americas-summit/
[27] https://time.com/6186209/declaration-migration-americas-summit/
[28] https://www.usnews.com/news/world/articles/2022-06-11/mexico-disbands-migrant-caravan-that-set-out-for-u-s-during-americas-summit
[29] https://www.diez.hn/laseleccion/la-guerra-del-futbol-entre-honduras-y-el-salvador-que-nunca-se-ITDZ859230
[30] https://worldpopulationreview.com/countries/el-salvador-population
[31] https://www.euppublishing.com/doi/full/10.3366/hlps.2020.0230
[32] https://investelsalvador.com/salvadorans-abroad/
[33] https://www.teachingcentralamerica.org/history-of-el-salvador
[34] https://www.centralamerica.com/el-salvador/history/
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[38] https://www.encyclopedia.com/humanities/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/lemus-jose-maria-1911-1993
[39] https://www.comex.go.cr/tratados/centroam%C3%A9rica/
[40] https://uca.edu/politicalscience/dadm-project/western-hemisphere-region/el-salvador-1927-present/
[41] https://www.jstor.org/stable/27868774 “Honduras – El Salvador, The War Of One Hundred Hours: A Case OF Regional Disintegration” – Alain Rouquié and Michel Vale – 1973
[42] https://www.encyclopedia.com/history/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/oswaldo-lopez-arellano
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[44] https://sites.google.com/view/spistoriapoliticainformazione/latinoamericana/la-guerra-del-calcio
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[49] http://countrystudies.us/el-salvador/13.htm
[50] https://www.theguardian.com/theguardian/2000/mar/23/features11.g21
[51] https://www.theguardian.com/theguardian/2000/mar/23/features11.g21
[52] https://freedomarchives.org/Documents/Finder/DOC51_scans/51.elsalvador.fdr.pamphlet.pdf.pdf
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[57] https://www.usip.org/sites/default/files/pwks38.pdf “El Salvador – Implementation of the Peace Accords” – Margarita S. Studemeister -UNITED STATES INSTITUTE OF PEACE – 2001
[58] https://peaceaccords.nd.edu/accord/chapultepec-peace-agreement
[59] https://foreignpolicy.com/2019/11/30/el-salvador-gang-violence-ms13-nation-held-hostage-photography/
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[61] https://www.hrw.org/news/2019/08/31/long-journey-us-border
[62] https://foreignpolicy.com/2019/11/30/el-salvador-gang-violence-ms13-nation-held-hostage-photography/
[63] https://insightcrime.org/news/analysis/insight-crime-homicide-round-up-2015-latin-america-caribbean/
[64] https://elfaro.net/es/201203/noticias/7985/Gobierno-negoci%C3%B3-con-pandillas-reducci%C3%B3n-de-homicidios.htm
[65] https://www.lawfareblog.com/whats-behind-spike-violence-el-salvador
[66] https://insightcrime.org/news/brief/el-salvador-reforms-classify-gangs-terrorists-criminalize-negotiations/
[67] https://es.insightcrime.org/noticias/noticias-del-dia/el-salvador-arresta-funcionarios-durante-intensa-investigacion-tregua-pandillas/
[68] https://www.worldvision.ca/stories/child-protection/northern-triangle
[69] https://www.cfr.org/in-brief/why-has-gang-violence-spiked-el-salvador-bukele
[70] https://insightcrime.org/news/evidence-of-gang-negotiations-belie-el-salvador-presidents-claims/
[71] https://www.sundaypost.com/fp/25-of-politicians-are-linked-to-crime-in-guatemala-city/
[72] https://ticotimes.net/2022/01/28/honduras-poor-violent-and-corrupt-2
[73] https://www.macrotrends.net/countries/BLZ/belize/crime-rate-statistics
[74] https://www.liverpool.ac.uk/events/event/?eventid=85124
[75] https://insightcrime.org/investigations/ms13-and-company/
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[78] https://insightcrime.org/news/honduras-how-ms13-became-lords-trash-dump/
[79] https://insightcrime.org/news/honduras-how-ms13-became-lords-trash-dump/
[80] https://insightcrime.org/investigations/when-the-ms13-played-possum-guatemala/
[81] https://www.infobae.com/en/2022/03/15/guatemala-has-seen-a-13-increase-in-homicides-in-2022-4/#:~:text=Guatemala%20has%20seen%20a%2013,%2D%20Infobae
[82] https://mexicopasomigrante.wordpress.com/2015/06/01/rutas-medios-de-transporte-y-sitios-peligrosos-de-el-migrante-por-mexico/
[83] https://www.tpi.it/esteri/prigione-el-salvador-senza-guardie-2016031515882/
[84] https://www.thenation.com/article/archive/a-voters-guide-to-hillary-clintons-policies-in-latin-america/
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[86] https://eu.usatoday.com/story/opinion/2021/01/14/trumps-border-wall-plan-has-been-nothing-but-waste-deception-column/4145176001/
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[88] https://www.businessinsider.com/pictures-trumps-half-built-border-wall-and-ruined-landscape-2021-2?r=US&IR=T
[89] https://www.theatlantic.com/politics/archive/2021/12/steel-trump-border-wall-rusting-desert/621005/
[90] https://www.theatlantic.com/politics/archive/2021/12/steel-trump-border-wall-rusting-desert/621005/
[91] https://cmsny.org/trumps-executive-orders-immigration-refugees/
[92] https://www.ice.gov/doclib/news/guidelines-civilimmigrationlaw.pdf
[93] https://cmsny.org/trumps-executive-orders-immigration-refugees/
[94] https://www.voanews.com/a/biden-s-first-year-brings-modest-changes-to-immigration-policy/6367512.html
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