Diritti
I sommersi e i salvati di Casal Bruciato
La casa compagni si prende / l’abbiam gridato tante volte / e dopo la si difende / da padroni e polizia…
8 settembre 1974: da qualche giorno a san Basilio, periferia est di Roma, è in corso una vera e propria guerra tra occupanti e polizia. Il Comitato di Lotta per la casa non vuole cedere, la polizia in assetto di guerra neppure. L’acme sarà la morte di un giovane militante di 19 anni, Fabrizio Ceruso, raggiunto da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine.
Questa era la lotta negli anni 70 nei quartieri della periferia di Roma per chi cercava di lasciare le baracche per avere una casa.
Tra le tante canzoni che ne racconteranno l’epopea ve n’è una che dice: “Soltanto 19 anni per loro non eri nessuno / soltanto 19 anni e per loro non eri che uno / uno come tanti, un cameriere, un garzone d’officina / un operaio, un disoccupato un emigrante…”.
Tra i quartieri in cui si lotta negli anni 70 per la casa c’è anche Casal Bruciato.
Proprio quel quartiere in cui oggi i romani di allora, fomentati da CasaPound, cercano di impedire l’ingresso della famiglia Omerovic in una casa popolare, regolarmente assegnata. La famiglia Omerovic vuole lasciare la sua baracca dove sta da 20 anni. La polizia stavolta è dall’altra parte.
Ma la storia e il suo dolore non ha insegnato nulla. Il grido “prima gli italiani” più che raccontare che siamo stranieri gli uni per gli altri, oggi racconta che siamo stranieri a noi stessi, senza storia, senza memoria, senza coscienza, privi di un’identità.
“Immaginate allora di vedere gli stranieri derelitti,
coi bambini in spalla, e i poveri bagagli
arrancare verso i porti e le coste in cerca di trasporto,
e che voi vi atteggiate a re dei vostri desideri
– l’autorità messa a tacere dal vostro vociare alterato –
e ve ne possiate stare tutti tronfi nella gorgiera della vostra presunzione.
Che avrete ottenuto? Ve lo dico io: avrete insegnato a tutti
che a prevalere devono essere l’insolenza e la mano pesante.
Vorreste abbattere gli stranieri,
ucciderli, tagliar loro la gola, prendere le loro case
e tenere al guinzaglio la maestà della legge
per incitarla come fosse un mastino. Ahimè, ahimè!
Diciamo adesso che il Re,
misericordioso verso gli aggressori pentiti,
dovesse limitarsi, riguardo alla vostra gravissima trasgressione,
a bandirvi, dov’è che andreste? Che sia in Francia o Fiandra,
in qualsiasi provincia germanica, in Spagna o Portogallo,
anzi, ovunque non rassomigli all’Inghilterra,
orbene, vi trovereste per forza ad essere degli stranieri.
Vi piacerebbe allora trovare una nazione d’indole così barbara
che, in un’esplosione di violenza e di odio,
non vi conceda un posto sulla terra,
affili i suoi detestabili coltelli contro le vostre gole,
vi scacci come cani, quasi non foste figli e opera di Dio,
o che gli elementi non siano tutti appropriati al vostro benessere,
ma appartenessero solo a loro? Che ne pensereste
di essere trattati così? Questo è quel che capita agli stranieri,
e questa è la vostra disumanità da senzadio” (Wiliam Shakespeare)
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