Diritti
I ferrovieri che hanno insultato i ragazzi down sono uomini falliti
Oggi ho letto una notizia, confinata sui giornali in piccoli articoli. Un gruppo di ragazzi e ragazze veneti con la sindrome di Down, in viaggio per un fine settimana in autonomia – che cosa fantastica, a pensarci bene – dalla provincia di Treviso a Venezia, sono stati insultati da due addetti di Trenitalia.
Entrambi gli episodi sono accaduti in biglietteria. Il primo nella stazione di Conegliano, quando il bigliettaio infastidito dalla supposta lentezza dei ragazzi li ha spediti in fondo alla fila, facendo loro perdere il treno. Il secondo vergognoso fatto invece è accaduto a Mestre, dove un altro bigliettaio ha fatto lo stesso ignobile gesto del suo collega; in questo caso però l’educatrice , presente per vigilare discretamente sul coraggio di queste persone fragili in cammino verso l’autonomia, è intervenuta. E si è sentita dire, così riportano le cronache, le seguenti parole:«Ascolti me che ho più esperienza di lei, questi ragazzi non sono in grado di imparare. Se fate voi per loro fate un favore alla comunità“.
Mi sono vergognato e ho provato rabbia per questa ignobile, sudicia e strabordante professione di violenta ignoranza. Perpetrata, per di più, da parte di addetti a un servizio pubblico come il trasporto che avrebbero il dovere di aiutare le persone più fragili, non insultarle.
Ho pensato alla povertà di questi esseri che, umanamente, sono dei falliti. Ho pensato che non sanno niente di quello che le persone con la sindrome di down possono dare a noi (presunti) normali. Ho pensato alla mia esperienza vissuta, con le persone down e non solo.
Anni fa, infatti, quando mi trovai per scelta a fare il mio dovere verso la Patria scegliendo di fare l’obiettore di coscienza presso la Cooperativa Sociale Emmaus di Paderno Dugnano, vissi i dieci mesi che annovero tra i più belli della mia vita. Stando insieme a persone con diverse disabilità ho capito come gli schemi che costruiamo di fronte a chi non rientra nei canoni, rassicuranti, della norma servano soprattutto a mascherare la nostra inadeguatezza.
Ma, per tornare al tema odierno, è da ragazze e ragazzi con la sindrome di Down che ho avuto i doni migliori. Ricordo ancora, con una sensazione di tenerezza raramente provata, gli abbracci a sorpresa che Fabietto mi regalava almento tre volte al giorno, con il suono del suo respiro dolce; ricordo Giulio, che conosceva a memoria tutte le canzoni di Celentano, che impazziva dal ridere quando gli facevo l’imitazione di Funari e che – se mi vedeva un po’ giù di tono – veniva lui, per tirarmi su, a imitare Funari; ricordo Gianna, una simpatica cinquantenne che mi faceva il filo, mi prendeva in giro e mi sbugiardava davanti a tutti; ricordo Vanessa che faceva disegni che mi richiamavano alla memoria Rauschenberg. Ricordo, insomma, delle persone fantastiche; con le loro passioni, i loro vizi e le loro virtù, i loro capricci, i loro sorrisi, la loro vitale necessità di fisicità. E ricordo persone ostinate, a volte cocciute, determinate a voler affermare la loro identità.
Certo, le persone down sono più lente. A volte tartagliano, sono spesso affannate a causa di cuori fragili. Hanno i loro tempi, insomma. Sconcerta pensare che ancora oggi ci siano persone, come i ferrovieri veneti, che dimostrano di eccellere nel rozzume. Così come amareggia sapere che nessuno dei presenti si sarebbe ribellato a tale cafonaggine discriminatoria. E, se devo dirla tutta, appare quasi ridicolo il fatto che siano addetti alle biglietterie ferroviarie a fare questo gesto di orgoglio efficientista. Per esperienza, infatti, quando ho rischiato di perdere il treno a causa della lentezza in biglietteria, non era a causa di ragazzi down in coda; era a causa del bigliettaio che, per contare il resto da dare ai viaggiatori doveva sempre utilizzare la calcolatrice. Insomma, come si usa dire, da vicino nessuno è normale.
Spero che Trenitalia, dopo questo vergognoso episodio che – volente o nolente – ne danneggia la reputazione, non solo chieda scusa ai ragazzi veneti e a tutte le persone con la sindrome di Down, ma sanzioni pesantemente quegli uomini senza qualità. Obbligandoli a guardare il film “L’ottavo giorno” e a frequentare per lungo tempo persone down.
Forse questi (stranamente) solerti addetti parastatali che scoprono la velocità solo quando non serve, stando con questa fantastica umanità, potrebbero imparare ciò che hanno dimostrato di non sapere: la vita.
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