Diritti
Gino Strada, semplicemente grazie da parte di tutti noi
Mi ha molto colpito il post della figlia, Cecilia: “Amici, come avrete visto il mio papà non c’è più. Non posso rispondere ai vostri tanti messaggi che vedo arrivare, perché sono in mezzo al mare e abbiamo appena fatto un salvataggio.
Non ero con lui, ma di tutti i posti dove avrei potuto essere…beh, ero qui con la ResQ – People saving people a salvare vite. È quello che mi hanno insegnato mio padre e mia madre.
Vi abbraccio tutti, forte, vi sono vicina, e ci sentiamo quando possiamo”.
Gino Strada era l’uomo che la filosofia morale ha sempre posto come archetipo: una coscienza laica, attiva e pregna di giustezza al servizio di chi non avrebbe mai potuto farcela con le proprie forze. Nietzsche e Kant, Spinoza e Marx costituivano il filo conduttore dell’azione umanitaria di questo medico chirurgo italiano, fondatore di “Emergency”. “Là dove lo Stato cessa d’esistere, solo lì inizia l’uomo” (Friedrich Nietzsche), e Gino esisteva e agiva oltre lo stato (delle cose), guardando alla conoscenza come a uno strumento kantiano per ristabilire il senso etico perduto ed evitando di adottare conoscenze inadeguate, così come avvertiva Spinoza. Infine, alla maniera teorizzata da Marx, metteva in pratica una pertinenza e un sapere che derivavano dalla realtà empirica, verificabile. Un’esperienza rivelata da improvvisati ospedali da campo allestiti nel deserto, tra ordigni di vario genere e missili a lunga gittata, magari lanciati dai suoi amici occidentali. Occorreva una grande forza e tanto coraggio per prendere su di sé una parte pesantissima del male del mondo. Salvare vite umane era diventato il suo lavoro, non più nelle sale attrezzate di un ospedale, ma in giro per il pianeta, ovunque vi fosse una guerra, nei luoghi più inagibili e pericolosi, tra l’arida sabbia, o in mezzo al mare, con condizioni meteorologiche insidiose.
“In Italia – raccontava Gino agli amici – c’è chi cerca di fare qualcosa, chi non fa un cazzo, e poi i peggiori: quelli che non fanno un cazzo e vogliono dire agli altri cosa fare”. Ecco, stabilite voi in quale girone stare”. Lui, naturalmente, aveva scelto inequivocabilmente cosa fare, dove stare e con chi stare. Agli inizi della sua carriera professionale, trascorse diversi anni all’ospedale di Rho, praticando chirurgia traumatologica e la cura delle vittime di guerra. In seguito conseguì la specializzazione in chirurgia cardiopolmonare negli Stati Uniti, per poi passare alla chirurgia di guerra, trascorrendo cinque anni tra Pakistan, Etiopia, Afghanistan, Somalia e Bosnia, con il Comitato internazionale della Croce Rossa. E da lì, ecco i progetti umanitari che lo vedono in prima linea in Ruanda, durante il genocidio, e poi in Cambogia e in Afghanistan, dove, ad Anabah, nella valle del Panshir, apre un centro chirurgico per vittime di guerra. In 27 anni di attività, la sua associazione ha curato 11 milioni di persone, elargendo un impegno di una concretezza inaudita, che rende onore a lui e alle persone che lo hanno accompagnato in una missione gigantesca, di straordinaria solidarietà.
Già, la solidarietà, identificata da tanti come un imprescindibile valore universale e, tuttavia, disatteso, è stata messa saldamente, da Gino Strada, alla base della ricerca di soluzioni globali. L’emergenza umanitaria resta il dilemma principale di quest’epoca: in attesa di interventi concreti da parte degli stati, gli organismi politici internazionali e le istituzioni, resta l’esempio di un uomo dedito a rendere il mondo un luogo migliore.
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