Diritti
Furlan (City Angels): “ho incontrato persone disposte a morire per la libertà”
“Correva il 1994, Berlusconi scese in politica e noi scendemmo in strada”. Inizia così la mia chiacchierata con Mario Furlan, Fondatore e Presidente dei City Angels, che mi racconta della loro prima missione all’estero a supporto del popolo ucraino.
Quando e come nascono i City Angels?
Nel 1994, quando lavoravo come giornalista alla Mondadori al fianco di Alfonso Signorini, sentii una vocazione, penso si possa proprio definire tale. Ho sempre desiderato fare il giornalista ma ad un certo punto ho avvertito la necessità, non solo di raccontare e scrivere ciò che vedevo, ma di incidere sulla realtà circostante Ho lasciato così il mio incarico in Mondadori per dare vita ad una nuova associazione che si occupasse di volontariato di strada, che si occupasse non solo di solidarietà ma anche di sicurezza, intesa come prevenzione della criminalità in collaborazione con le forze dell’ordine.
Come si è evoluta la vostra attività in questi anni?
Siamo cresciuti molto, nel 1994 eravamo presenti solo a Milano, oggi lo siamo in 23 diverse città, in Italia e in Svizzera. All’inizio c’era molta diffidenza da parte delle istituzioni, potevamo apparire degli improvvisati, oggi sono le stesse istituzioni che ci incalzano per aprire nuove sedi dove non siamo presenti. Il problema di ampliarsi dipende esclusivamente dal fattore umano, una nuova sede dei City Angels funziona se alla sua guida c’è un leader giusto, una figura non sempre facile da trovare. Purtroppo non riceviamo aiuti economici dalle istituzioni, possiamo aspirare nella concessione di una sede. Quando l’attività è partita il Comune può riconoscerci un compenso, ad esempio a Milano il Comune ci eroga un contributo giornaliero pari a 11€ per accogliere una persona senza tetto, in altre città possiamo ricevere invece contributi mensili o annuali in cambio del presidio in certe aree e orari della città stessa.
Hai passato la Pasqua al confine fra Polonia e Ucraina, dove avete portato aiuti ai rifugiati. Ci racconti come si è svolta questa missione?
È stato pesante, ma ne è valsa assolutamente la pena. Siamo arrivati con un camion al confine tra Polonia e Ucraina e lì abbiamo scaricato circa 18 quintali di materiale preventivamente procurato durante la giornata di raccolta per l’Ucraina davanti al Memoriale della Shoà. Il giorno di Pasqua siamo arrivati a Leopoli, dopo molte ore di coda alla frontiera, dopo 60 km ti accorgi subito della differenza tra un Paese come la Polonia facente parte dell’Unione Europea e l’Ucraina dove sembra invece che il tempo si sia fermato, strade dissestate, dismesse, pericolose per la circolazione, la città di Leopoli l’ho trovata molto bella, alla prima impressione hai l’immagine di una città tutto sommato normale, dopo poco tempo però ti rendi conto che così proprio non è, ci sono molti posti di blocco con militari che effettuano controlli sulle strade e numerosi sacchi di sabbia da utilizzare come barricate perché nei primi giorni del conflitto c’era la paura che i Russi potessero spingersi fin lì. C’erano tantissime bandiere dell’Ucraina ovunque, non ricordo di averne mai viste così tante in una città, si respira un forte senso patriottico della popolazione che nasce dall’invasione e dalla guerra, poi tanti funerali, di civili e militari vittime del conflitto. Parlando con le persone del posto ci siamo resi conto che nessuno ce l’ha con i Russi ma tutti ce l’hanno con Putin, vedono il popolo russo come un vicino di casa con il quale è bello e importante andare d’accordo, ma fermi nel proclamare la propria identità di Ucraini. Penso che la loro forza e la loro resistenza parta da questo concetto, meglio morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio sotto la dittatura di Putin.
Come ve la siete cavata con la lingua?
Parecchie persone parlano inglese soprattutto i giovani, poi eravamo accompagnati da un prete che era il direttore del seminario di Leopoli che ci faceva da interprete, avendo nel suo passato vissuto per anni a Roma. Mi ha colpito il fatto che inizialmente il presidente Zelensky rappresentasse per gli Ucraini un personaggio distante, una persona di spettacolo, con la guerra invece è diventato il catalizzatore di tutto il popolo, colui che rappresenta fortemente l’unione della Nazione. Penso che questa guerra abbia forgiato lo spirito nazionale Ucraino.
In quanti eravate?
11 me compreso. Eravamo insieme ad un amico di 81 anni che si chiama Adolfo Vannucci di Ancona, che ci ha spinti ad aggiungere una missione nella missione: riportare in Italia la moglie di suo fratello vittima dell’invasione Ucraina. La missione principale era quella di consegnare beni di prima necessità, cibo a lunga conservazione, cibo per bambini, pannolini, farmaci e materiale elettronico, tipo power bank molto utili a loro per ricaricare i cellulari, cosa che abbiamo fatto in Polonia e a Leopoli. La cognata di Adolfo si è trovata purtroppo nella zona di guerra allo scoppio del conflitto, ha tentato invano di fuggire, ci è riuscita solo dopo 40 giorni di bombardamenti e altri 10 di occupazione Russa dal sud del paese appena sopra la Crimea. Ha preso un bus ed è riuscita a raggiungere Leopoli. L’incontro con noi è stato veramente toccante, ci ha raccontato dell’invasione e di quando i Russi una volta arrivati hanno segnano con una grande Z tutto ciò che era di loro interesse, un’auto, un camion, un furgone quel bene tracciato con la Z diventava loro, se ne impossessavano. La paura di restare chiusa in casa con il padre anziano, di subire violenze, sono stati giorni molto pesanti per lei.
Cosa ti ha colpito di più delle persone che hai incontrato mentre eri in missione?
Mi ha colpito molto il loro spirito combattivo e patriottico, non so come reagiremmo noi Italiani nel caso ci capitasse una cosa del genere, siamo abituati a più di 70 anni di pace, una guerra ci sembrerebbe una cosa impossibile, loro vengono da un altro passato. Tutta la gente di qualsiasi età dichiara di essere pronta a combattere e a morire per la propria patria, questa è un cosa che mi ha colpito molto, perché mi ricorda ciò che mi diceva mio nonno che dal 1943 al 1945 è stato un partigiano della brigata Garibaldi, anche lui si dichiarava disposto a morire pur di sconfiggere il nazi-fascismo ed ottenere la libertà. Sempre la cognata di Alfonso ci ha raccontato che in ogni posto di blocco i Russi per prima cosa ti sequestrano il telefono, ti chiedono di sbloccarlo per verificare che non ci siano messaggi o post sui Social con caratteristiche avverse al regime di Putin o pro Zelensky, in questo caso nella migliore delle ipotesi il telefono viene distrutto e nella peggiore vieni percosso pesantemente. Lei aveva due telefoni, uno da esibire ai controlli e l’altro che serviva per le comunicazioni diciamo “compromettenti” di chiara matrice occidentale, tenuto ben nascosto, correndo comunque il rischio che venisse scoperto, ma del resto non c’era altra scelta.
È la prima missione di questo tipo che i City Angels affrontano?
Sì questa è stata la prima missione che abbiamo fatto in zone di guerra, non abbiamo mai raggiunto luoghi di guerra lontani in Africa o in Afghanistan, in qualche caso abbiamo organizzato una raccolta, ad esempio quando c’è stata la caduta di Kabul, insieme con gli amici della comunità ebraica milanese, abbiamo portato tutto il ricavato in un centro di accoglienza per Afghani poco fuori Milano. In questo caso la distanza lo permetteva e siamo voluti andare sul posto a portare il nostro contributo e vedere la realtà con i nostri occhi.
In Italia avete progetti per aiutare i profughi che arrivano?
Come sai noi abbiamo dei centri di accoglienza per i senza fissa dimora, lavoriamo in stretto contatto con le istituzioni, i comuni di Milano, Monza, Varese e quelli di numerose altre città sanno della nostra disponibilità ad accogliere i profughi. Molti Ucraini sono stati accolti dalla propria rete di conoscenti, parenti, amici, già presenti in Italia, non è così per i profughi Afghani e Siriani. E’ possibile una nuova missione in Ucraina, mi piacerebbe fornire nuovamente il nostro contributo oltre ad aiutare altre persone in difficoltà a raggiungere il nostro Paese. Dammi la possibilità di ringraziare il Sindaco di Corbetta, comune dell’hinterland milanese, che si è reso da subito disponibile ad accogliere numerose persone fuggite dal conflitto attraverso famiglie che si sono rese disponibili.
Vi ho visto molto attivi a Milano durante le parate in occasione della ricorrenza del 25 Aprile, fa parte di un accordo con le istituzioni o è una vostra iniziativa?
Sarà da circa 15 anni che facciamo questo tipo di servizio, abbiamo dei valori, oltre ad operare su strada vogliamo trasmettere ciò in cui crediamo, cioè una società inclusiva, una società dove non ci siano discriminazioni, dove tutti, indipendentemente dall’etnia, dalla religione, dalla provenienza, dall’orientamento sessuale, possano essere accolti. Da molti anni ci adoperiamo per svolgere funzioni di servizio d’ordine per alcune manifestazioni, due in particolare: il 25 aprile a Milano con la brigata Ebraica, con l’ANPI a Genova, Parma, Ancona. L’evento di Milano solitamente è il più “caldo” perché la comunità ebraica viene spesso contestata da cortei antisemiti.
L’altro principale evento che ci vede presenti da molti anni è il Gay Pride, noi abbiamo angeli di diverse religioni e di diversi orientamenti sessuali e visto che l’omofobia è una brutta forma di razzismo partecipiamo da anni a questo evento con la funzione di servizio d’ordine a Milano, a Torino, Roma, Genova, Parma, Brescia. Tutto questo fa capire il nostro orientamento, agiamo nelle strade quando serve organizziamo anche nostre iniziative come ad esempio ogni anno alla vigilia di Natale la preghiera inter religiosa davanti al memoriale della shoà dove pregano insieme Cristiani, Mussulmani, Ebrei, Buddisti, Induisti, il tutto all’insegna dell’inclusione.
Il tuo sogno nel cassetto?
Aprire sedi dei City Angels, nelle città dove ancora non siamo presenti: Napoli, Bologna Firenze per citarne alcune, come dicevo prima si tratta di trovare il leader giusto che incarni il nostro spirito e i nostri valori. Una cosa che è nata dalla mia esperienza pluriennale nei City Angels è il “wilding” l’autodifesa istintiva psico fisica, mi sono sempre occupato fin da giovane di arti marziali, che ti insegnano solo come prevalere in uno scontro fisico e mancano della parte psicologica, della parte preventiva. Per la nostra funzione che è anche quella di sicurezza, ho sviluppato questa tecnica di auto difesa che sta dando risultati positivi, dove tengo corsi in giro per l’Italia a forze dell’ordine, guardie giurate, controllori, autisti, capi treno per insegnare come fare ad evitare di avere problemi, prevenirli, ponendosi nel modo corretto con gli altri. Oltre ad una parte psicologica c’è anche una parte fisica molto semplice ed efficace anche per le donne o soggetti non fisicamente prestanti, magari non più giovani. Si impara la gestione dello stress in situazioni particolari. Il tutto nell’ottica di prevenire situazioni che potrebbero complicarsi.
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