Diritti

Fino a qual punto sicurezza fa rima con i diritti

14 Marzo 2020

Viviamo un momento particolarmente delicato, la pandemia genera legittimi timori a cui è necessario dare risposte rapide e, nei limiti del fattibile, anche concludenti.

Su questo, tranne qualche esagitato negazionista,  di quelli che hanno imperversato in anni recenti contribuendo a regalarci questa modesta leadership politica, credo si sia tutti d’accordo perché esitare o perdere tempo, potremmo dire, non fa altro che il gioco del coronavirus.

Ma è chiaro che, per chi ha lo sguardo lungo e si interroga sui fatti, le risposte, quelle almeno adottate dal Governo – un esecutivo impacciato che sembra scontare l’incoerenza e la insufficienza degli improvvisatori – non possono che destare qualche preoccupazione.

Non è il caso di ricordare come proprio gli stati di necessità, invocati in certi periodi della storia, siano stati l’anticamera di svolte autoritarie, di soluzioni che, alla fine, hanno consentito strette ingiustificate nel godimento dei diritti civili e, in poche parole, nel sistema delle libertà.

E’ stato scritto, non senza qualche ragione, che “la paura di morire è un potente antidoto alla libertà”. Debbo confessare che, pur rilevandone la opportunità, vista la tradizionale assenza di senso civico dei nostri connazionali, non provo soddisfazione nella severità dei controlli che le autorità di sicurezza impongono sul territorio, e mi rendono particolarmente inquieto le voci di una possibile discesa in piazza delle forze armate per affiancare le forze di polizia nel pur difficile controllo del territorio.

Sono, nonostante tutto, convinto che, la lunga storia delle conquiste sociali e civili è un antidoto forte per scacciare le ombre che tuttavia – anche in forza dei provvedimenti assunti limitativi del sacrosanto diritto di mobilità – si addensano sul nostro futuro democratico, ma questa certezza non può non richiamare alla responsabilità, alla vigilanza attiva, per scongiurare abusi, o involuzioni favorite dalla emozione effetto della situazione presente.

Mi pare interessante, a questo proposito, richiamare quanto scrive un intellettuale come Adam Michnik, che ha sofferto e combattuto nella sua Polonia il totalitarismo comunista, e che dunque di dittature se ne intende. “Di regola, scrive Michnik, la dittatura garantisce strade sicure e il terrore alla porta di casa. In democrazia le strade possono essere buie e insicure, ma chi bussa alla porta di casa nelle prime ore del mattino è molto probabilmente il lattaio.”

Un richiamo che è anche un monito per tutti quelli, e purtroppo sono tanti, che abbassano troppo facilmente la guardia.

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