Diritti

Eurostat: l’Italia ha un divario salariale tra i più bassi d’Europa

9 Marzo 2022

Anche se l’uguaglianza salariale tra uomini e donne è ancora lontana, questo segnale positivo lascia ben sperare

 

 

 

 

 

L’ultimo rapporto dati diffuso da Eurostat (l’ufficio statistico dell’ Unione Europea), evidenzia come in Italia, una lavoratrice guadagni in media il 4,2 % in meno rispetto ad un uomo, attestandosi comunque, tra le percentuali più basse d‘Europa. Con la Germania e l’Austria che superano il 18%. Ovviamente, prima di toccare la terra della uguaglianza di salario, il percorso è ancora lungo e molto complicato. Tuttavia questo segnale positivo sembra nutrire una doverosa speranza per il futuro.

 

 

 

Tra tutti i 27 Stati Membri della Ue, con una percentuale media del 13%, l’Italia si ritrova ad avere il quarto indice di divario più basso

 

 

La stessa Eurostat, nel report di specie, ha diffuso importanti parametri socio-economici che forniscono una chiara fotografia delle situazioni salariali dei Paesi facenti parte dell’ Unione Europea, e più precisamente, calcolando la retribuzione lorda corrisposta in quelle aziende che hanno nel proprio organico più di dieci dipendenti. Bene, le disparità di genere più evidenti sono state registrate in Lettonia, con una percentuale del 22,3%, a cui si accoda subito dopo l‘Estonia, 21,1 %, seguono l’Austria con il 18,9% e la Germania con il 18,2 %.

Le Nazioni più virtuose sono il Lussemburgo, 0,7%, la Romania, 2,2 % e la Slovenia con il 3,1 %.

Ad ogni modo, occorre specificare che le indicazioni contenute nella ricerca condotta dall’Eurostat, non possono essere dotate di un margine di precisione assoluto, ossia le evidenze statistiche emerse non sono necessariamente sinonimo di una ridotta differenza di retribuzione tra uomini e donne negli Stati citati. Purtroppo a questo non corrisponde una diminuzione di disparità di genere. Bisogna infatti tenere in considerazione come in alcuni Paesi Ue, vi sia ancora oggi un scarsa immissione delle donne nel mondo del lavoro, ovvero, un’altissima percentuale di persone appartenenti al genere femminile che svolge lavori nella modalità part-time o addirittura che non ha accesso ad alcuni tipi di professioni, ritenute esclusivamente adatte al genere maschile.

 

 

La disparità salariale tra uomini e donne affonda le proprie radici in pregiudizi culturali difficili da sradicare

 

 

Le enormi difficoltà legate al mondo del lavoro basate se palesi disparità salariali, sul versante femminile, continuano ad affondare le proprie radici in pregiudizi culturali estremamente difficili da sradicare. Lo conferma anche l’ultimo dossier a cura della Commissione europea secondo il quale, le donne subiscono ancora trattamenti discriminanti, con retribuzioni di molto inferiori a quelle riservate per lo svolgimento delle stesse mansioni lavorative, agli uomini, scontrandosi con veri e propri scogli riguardo le involuzioni professionali perpetrate, dopo aver usufruito del congedo di maternità. Ragioni per cui, molto spesso, vi è una maggiore propensione del genere femminile a prestare lavoro part-time con una percentuale del 30%, contro solo l’8% della categoria maschile.

Se a questo aggiungiamo che vi sono ancora tantissimi settori nevralgici della ricerca scientifica, ingegneristica, tecnologica in cui si assiste ad una netta supremazia degli uomini impiegati in qualifiche professionali prestigiose ed assai remunerate, è facile comprendere come si alimentino ancora nei confronti delle donne in carriera, una serie di pregiudizi e stereotipi per nulla corrispondenti ad una concreta integrazione ed uguaglianza sostanziale tra maschi e femmine, che non si trinceri semplicemente dietro proclama formali per ottenere consenso politico o commerciale. Raggiungere una eguaglianza piena, passa inevitabilmente dal colmare le discriminazioni salariali che umiliano in molti casi le aspettative di vita di noi donne, rendendo impossibile la nobile missione di conciliare l’aspetto professionale con la formazione e la cura della famiglia. Senza contare che, alleggerire questa distanza sociale, contribuirebbe in maniera significativa alla ripresa economica dei vari Paesi, puntando sulle grandi ed indiscusse competenze e qualità di cui dispongono le donne, in qualsiasi ambito decidano di scendere in campo.

 

 

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