Diritti
El Qaisi, Iran, migranti e aborto: intervista con Laura Boldrini
Laura Boldrini, esponente di spicco del Partito Democratico ed ex Presidente della Camera, è presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo. In virtù di questo suo impegno, ha risposto ad alcune domande sul ruolo della politica nella lotta per i diritti umani.
Abbiamo parlato della condizione della donna in Iran e del movimento “Donna, Vita, Libertà” che, nel ricordo di Mahsa Amini, lotta per cambiare una situazione inaccettabile. Siamo poi passati al caso di Khaled El Qaisi (il ricercatore italo-palestinese arrestato da Israele senza capi d’accusa), al giudizio negativo sulla gestione del fenomeno migratorio da parte del Governo Meloni e al rischio di deriva “alla polacca” sul fronte dell’aborto.
Infine ha ricordato il Presidente Napolitano e in particolare il discorso per la rielezione alla Presidenza della Repubblica del 2013, tenuto da Napolitano in una Camera dei Deputati presieduta proprio da Laura Boldrini.
Da Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo si sta occupando della condizione delle donne in Iran, e ha espresso il suo sostegno al movimento “Donna,Vita,Libertà”. Ad un anno dalla morte di Mahsa Amini quali sono gli atteggiamenti dei governi europei e italiano e come crede si debba intervenire?
La popolazione iraniana ha bisogno di essere sostenuta, sicuramente partecipando alle iniziative organizzate per denunciare le gravi violazioni dei diritti fondamentali da parte del regime, ma al contempo i governi devono anche dimostrare, con misure concrete, questo sostegno.
La comunità iraniana ha più volte chiesto di ritirare i rappresentanti diplomatici dall’Iran, di sospendere gli scambi commerciali, di non vendere armi al regime. Io stessa ho ripetutamente chiesto al ministro Tajani di farsi capofila di un’azione che preveda due cose: la prima, la presenza di rappresentanti diplomatici dei paesi dell’UE alle udienze dei processi dei prigionieri politici; la seconda, di chiedere che i diplomatici degli stati membri visitino in carcere le attiviste e gli attivisti arrestati per verificare le loro condizioni psicofisiche. Non mi pare che ci sia stato alcun seguito.
Inoltre la comunità iraniana, per voce delle attiviste audite dal Comitato diritti umani da me presieduto, ha esposto le difficoltà nell’ottenere il visto per l’Italia anche per gli iraniani feriti durante le manifestazioni (accecati dai proiettili di gomma) che avrebbero bisogno di cure. Hanno poi chiesto che venga revocato l’incarico all’Iran della presidenza del Social Forum 2023 del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, che si terrà il 2 e il 3 novembre prossimi. Una scelta fatta nonostante le gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate dalla Repubblica Islamica.
Chiederemo al Governo di sollevare l’opportunità della presidenza all’Iran del Social Forum e chiederemo anche che vengano concessi i visti a coloro che scappano dal regime.
Della situazione di Khaled El Qaisi si parla poco, ma questi giorni lei ha partecipato ad una conferenza stampa che, anche grazie alla testimonianza della moglie di Khaled, ha chiarito alcuni aspetti. L’intergruppo per la pace tra Palestina e Israele ha in programma qualche tipo di iniziativa?
Come Intergruppo della Camera abbiamo già scritto una lettera al ministro Tajani chiedendo il suo interessamento. Io ho fatto una interrogazione in Commissione Esteri, alla quale il Governo ha dato una risposta burocratica. E poi abbiamo organizzato alla Camera una conferenza stampa per sollecitare l’attenzione dell’opinione pubblica sul caso di Khaled El Qaisi.
Bisogna esercitare da più parti pressione sul Governo perché intervenga in modo risoluto. E’ necessario che ci si muova su più fronti, anche fuori dal Parlamento. Ho letto l’appello di accademiche e accademici di diverse università europee e mi sembra un passo importante. Oltre alla Sapienza, anche Bologna, Edimburgo, Nottingham. E anche i media devono fare la loro parte perché l’attenzione su questa vicenda si alzi ancora di più.
El Qaisi è un cittadino italiano, ma il Ministro degli Esteri ha dichiarato di non poter intervenire su questioni giudiziarie. Ci dobbiamo aspettare un altro caso Zaki?
Il nostro Governo si è vantato, a mio avviso a sproposito, di avere avuto un ruolo nella grazia concessa da Al Sisi a Zaki, così come si è vantato della liberazione di Alessia Piperno, arrestata illegittimamente in Iran. In entrambi i casi, dunque, ha interferito e come! Perché per Khaled El Qaisi non può interferire? Quando si tratta di violazione di diritti umani e civili fondamentali bisogna intervenire. Voglio ricordare che parliamo di un cittadino italiano, oltre che palestinese, che vive stabilmente nel nostro Paese e studia alla Sapienza di Roma.
Khaled è stato arrestato, in Cisgiordania, al valico di frontiera di Allemby, il 31 agosto scorso, ammanettato davanti al figlio di 4 anni e alla moglie e portato via senza spiegazioni. Dopo quasi un mese nessuna accusa gli è ancora stata formalizzata e durante questo periodo è stato sottoposto a ore e ore di interrogatori senza la presenza di un legale. Queste modalità violano il principio del diritto alla difesa e al giusto processo come previsti non solo dalla nostra Costituzione, ma anche dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite. Davanti a tutto questo il nostro Governo non può soprassedere.
Il 28 settembre è stata la giornata internazionale dell’aborto sicuro, libero e gratuito. In teoria l’Italia lo garantisce, ma nella realtà in tante regioni è impossibile (per varie ragioni tra le quali l’obiezione di coscienza) accedervi. Per molti movimenti (ad esempio NonUnaDiMeno) la non tutela della 194 è segno di una deriva sovranista e patriarcale. Come si sta muovendo l’opposizione?
A mio avviso rischiamo una deriva “alla polacca”. In Polonia, sotto il governo dell’ultraconservatore Morawiecki, molto amico e alleato di Giorgia Meloni, le donne in gravidanza, la cui vita è in pericolo, non vengono operate finché si sente il battito del feto, pur di non praticare un aborto. Questo, spesso, porta alla loro morte. A qualsiasi latitudine governi, la destra oscurantista fa del corpo delle donne un campo di battaglia con lo scopo primario di limitare il più possibile la loro libertà di scelta e autodeterminazione. Lo vediamo anche nelle regioni italiane amministrate dalla destra e dove la possibilità di accedere all’interruzione di gravidanza (IVG) è quasi pari a zero. Lo stesso vale per l’accesso alla pillola abortiva su cui vengono creati mille ostacoli e mille difficoltà.
Come Pd chiederemo che l’Italia adotti le raccomandazioni dell’OMS sull’aborto sicuro, che renda accessibili i dati sull’accesso all’IVG e che le regioni introducano le linee guida del ministero sulla RU-486. La narrazione per cui le leggi che permettono di abortire favoriscono l’interruzione di gravidanza è falsa. Lo dicono i dati. Dove l’aborto è legale e sicuro, il numero diminuisce. Dove ci sono, invece, leggi proibizioniste e restrittive, si alza il rischio di mortalità delle donne.
In questi giorni si è parlato molto degli arrivi a Lampedusa. L’immigrazione viene considerata un’emergenza, ma di fatto la
questione è aperta da troppo tempo. Che giudizio dà all’atteggiamento del Governo ed in particolare delle ultime dichiarazioni del Ministro Salvini sui 5000 euro da pagare per evitare i CPR?
Un giudizio negativo, naturalmente. Dirò di più: ritengo le misure del Governo inefficaci per la gestione dei flussi e crudeli sul piano umano. Meloni è in cerca di nemici e capri espiatori per nascondere la sua incapacità di gestire un fenomeno strutturale come quello delle migrazioni. Ne ha trovati due: le ONG e i minori non accompagnati. Contro le ONG ha ingaggiato una vera e propria guerra entrando anche in polemica aperta con il governo tedesco che, invece, ne riconosce il ruolo umanitario e le sostiene anche economicamente, com’è giusto fare. A bordo delle navi delle ONG arriva appena il 5% del totale dei migranti che sbarcano sulle nostre coste, eppure il Governo e la maggioranza parlano di pull factor, di “calamità per l’immigrazione clandestina”. Definiscono il sostegno del governo tedesco alle ONG come un “atto ostile verso l’Italia”. Addirittura qualcuno è arrivato ad accusare la Germania di comportarsi come i nazisti di Hitler nel tentativo di “invadere” gli altri paesi tramite i migranti. Sono parole gravissime di cui vergognarsi.
In buona sostanza vogliono “dissuadere” i soccorsi in mare: pur di non farli arrivare sul territorio italiano preferiscono che vengano lasciati alla deriva nel Mediterraneo. E’ disumano. Alle ONG si è aggiunto un nuovo nemico: i presunti “falsi minori” non accompagnati. Con l’ultimo decreto si cancellano le principali garanzie previste dalla legge Zampa e si stabilisce che chi ha più di 16 anni – che per la legge italiana è minorenne – finisce nei centri per gli adulti. Questo significa esporre i ragazzi a promiscuità e rischi di abusi. Aggiungo che il numero di minori arrivati quest’anno è inferiore a quello dello scorso anno. Non siamo, dunque, davanti a un’emergenza numerica che li riguarda. L’unica emergenza è la carenza di strutture e servizi idonei che il governo dovrebbe creare e non lo fa. Ma questa sarebbe accoglienza e la destra non ha alcuna intenzione di accogliere in modo dignitoso. Il loro unico obiettivo è reprimere e apparire intransigenti agli occhi di un elettorato deluso dal tradimento delle promesse fatte in campagna elettorale.
In chiusura le chiedo un ricordo del Presidente Napolitano appena scomparso e in particolare del discorso della rielezione alla Presidenza della Repubblica del 2013.
Come è noto, sono stata Presidente della Camera mentre Giorgio Napolitano era Capo dello Stato. Ricordo ancora la telefonata che gli feci dall’aula di Montecitorio per annunciargli che era stato eletto, per la seconda volta, al Quirinale. Non era mai successo prima.
Il giorno in cui pronunciò il discorso di insediamento alla Camera fu per me un momento di grande stupore. Impossibile dimenticare la severità e la durezza con cui pronunciò quelle parole, sferzando tutte le forze politiche presenti. Ma più era duro, più i parlamentari lo applaudivano convintamente, come se non stesse parlando di loro. Una situazione surreale.
Il Presidente Napolitano era una persona molto rigorosa, prima di tutto con se stesso, ma sapeva anche essere empatico e ironico. Quando fui oggetto di una violenta campagna di odio sui social, animata politicamente da alcune forze politiche che sedevano in Parlamento, mi fu vicino e mi mostrò la sua solidarietà e per questo sarò sempre grata al Presidente. Napolitano ha rappresentato al meglio le istituzioni repubblicane nel segno della Costituzione e di un profondo europeismo. Uomo di grande spessore politico e culturale, ha guidato il Paese in momenti complicati, tutelando i principi cardine della democrazia. L’Italia gli deve molto.
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