Diritti
Del razzismo culturale moderno e della morte di Emmanuel Chidi Namdi
Razzismo sì, razzismo no
Si può ricondurre al movente razzista l’uccisione di Emmanuel Chidi Namdi colpito a morte nella città di Fermo da Amedeo Mancini?
A qualificare l’episodio come atto di stampo razzistico sono vari siti e testate come Libero che il 7 luglio 2016 in un articolo di Caterina Maniaci titola “Esplode la furia razzista. Ucciso di botte perché è nero” e l’8 luglio “Il razzismo c’è ma forse anche la legittima difesa”, in un pezzo scritto da Alessandro dell’Orto.
Stando a quanto ricostruito sulla vicenda, Amedeo Mancini, ultrà 39enne della Fermana, ha pestato a morte Emmanuel Chidi Namdi che ha reagito agli insulti rivolti a sua moglie chiamata «scimmia africana».
Per Amedeo Mancini, indagato per omicidio preterintenzionale con l’aggravante razzista, è stata disposta la custodia cautelare in carcere perché, secondo il GIP Marcello Caporale, “è altamente probabile che per l’indagato si presenterà nuovamente l’occasione di molestare o aggredire altri soggetti extracomunitari, giacché gli stessi sono presenti in modo consistente in provincia di Fermo, in particolare presso la struttura seminario arcivescovile, la stessa che dava ospitalità a Emmanuel e alla compagna Chinyere, entrambi richiedenti asilo”.
Sembra difficile, sulla base di questi dati, contestare lo sfondo razzistico in cui è maturata l’uccisione di Emmanuel Chidi Namdi.
Razzismo e intolleranza in crescita in Italia
Quello di Fermo è un caso isolato e sporadico? Per Francesco Spano, direttore generale dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR – Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, istituito in Italia nel 2003 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), intervistato da L’Espresso, le segnalazioni di episodi di insulti o aggressioni di natura razzistica registrate nel corso della loro attività sono in netta crescita : nel 2015 sono state 1.800 rispetto alle 1.300 del 2014.
Parallelamente, il V Rapporto dell’ECRI (Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza) sull’Italia, pur sottolineando progressi nella lotta contro il discorso dell’odio e la discriminazione razziale, denuncia un aumento di razzismo nei discorsi politici e un incremento dell’attività xenofoba di gruppi estremisti (nel documento si cita l’associazione Casa Pound) e “un crescente uso di Internet per diffondere commenti razzisti, offensivi o intimidatori”.
Pericolo razzismo per immigrati e profughi in aumento
Migranti, rifugiati e richiedenti asilo che arrivano a frotte nei paesi dell’Unione europea, sempre più spesso spinti da guerra e persecuzioni, potrebbero causare “un’impennata degli episodi di razzismo e xenofobia” nei vari paesi, soprattutto in quelli di frontiera come Grecia e Italia.
L’allarme è contenuto nella “Relazione sui diritti fondamentali 2016”, a cura della FRA (European Union Agency for Fundamental Rights ), pubblicata nel mese di maggio. Negli ultimi mesi, si legge nel documento – “accanto alle molte dimostrazioni di solidarietà con cui è stato accolto l’arrivo dei rifugiati, ci sono state anche proteste pubbliche con aggressioni violente”.
Nel 2015 sono centinaia gli attacchi (850 solo in Germania) contro rifugiati e migranti registrati in Europa come riferisce il sito di Office for Democratic Institutions and Human Rights (ODIHR) dell’OSCE.
Per arginare il rischio del dilagare di razzismo e xenofobia, la FRA suggerisce agli Stati membri dell’Unione europea di migliorare la raccolta dati su questi fenomeni, promuovere attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, e provvedere affinché i responsabili dei crimini legati a questi fenomeni siano effettivamente indagati, perseguiti e sottoposti a giudizio.
Razza? Quale razza?
Mentre in altre specie esistono le razze, in quella umana no. Il razzismo non ha fondamento scientifico, sostiene Luigi Luca Cavalli Sforza, genetista di fama mondiale.
“Nella ricerca biologica – argomenta, del resto, il genetista Guido Barbujani, nell’Introduzione al libro “Le leggi del 1938 e cultura del razzismo” – le categorie razziali sono un ferrovecchio”. L’uomo, aggiunge, è più simile ai tonni che alle lumache perché non ci sono confini biologi netti tra le popolazioni che definiscono razze biologiche distinte.
Il razzismo bandito dalla scienza diventa, quindi, qualcosa che rimane come aspetto e dato psicologico e culturale.
Per Marco Aime, antropologo, la nostra è “un’epoca post-razziale ma non post-razzista”. Il concetto di razza è un prodotto, una costruzione, della cultura e quindi è il razzismo a creare la razza. Generalmente, serve come dispositivo identitario, a stabilire e cristallizzare differenze tra gruppi umani.
Il moderno razzismo culturale, a volte prolifico produttore di nuove razze, ha un carattere “differenzialista” con l’obiettivo di “prendere le distanze dell’altro” e “chiudersi nel proprio recinto”, elaborando categorie simili al razzismo biologico finalizzate alla gerarchizzazione e all’esclusione. Secondo questa visione, ci sono razze con culture (e religioni) diverse e incompatibili e, più spesso, quella degli Altri è inferiore e connotata da aspetti fortemente negativi.
Perciò i simili (che fanno parte di una stessa razza) dovrebbero restare con i propri simili e non mischiarsi o contaminarsi con chi è dissimile. Qui c’è uno slittamento, che mostra l’idea di una vita associata in cui si tende ad accettare e ad aver fiducia solo di chi è omogeneo e conforme. Questo razzismo culturale, che va a saldarsi con una forma neonazionalista, è una formula di opposizione, un reagente ideologico all’estremo pluralismo, all’estrema diversità e all’estrema complessità della società contemporanea.
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