Diritti

Da dove viene la nuova xenofobia in Italia

20 Luglio 2015

I recenti eventi in Italia, dalla tragedia degli sbarchi alle recrudescenze xenofobe, sullo sfondo della crisi greca, rischiano di restituire una visione deformata della realtà italiana. Tutta appiattita sul sondaggio dell’ultimo momento, sul tema specifico degli sbarchi.

E’ bene dunque inquadrare i fenomeni in prospettiva e in relazione all’attitudine socioculturale delle persone, e cioè i valori, le credenze, le emozioni dominanti. Da questo punto di vista l’etnocentrismo in Italia, dopo una lunga crescita in concomitanza con il governo Berlusconi, ha visto negli ultimi anni un forte ridimensionamento, anche se il trend si ferma al 2014 e ci aspettiamo una ripresa nella rilevazione del 2015 (fonte: scenario Atlas).

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E’ bene comunque ricondurre l’esplosione amplificata dall’attenzione mediatica non tanto a una maggior diffusione delle tendenze razziste quanto all’inasprimento delle sue manifestazioni. Sono la rabbia e l’incandescenza degli animi, la manipolazione politica a fornire questa rappresentazione del nostro paese, di fatto orientato all’apertura e all’accoglienza. Ridotta a maggioranza silenziosa, la cultura dell’integrazione sembra oggi non coltivare in modo positivo e visibile, anche in termini di sensibilizzazione, la causa multiculturale, lasciando tutto il palcoscenico a segmenti residuali ma decisamente motivati.

Qual è il bacino di consenso dell’estremismo xenofobo? L’identikit conferma il profilo di sempre: più uomini, maggior penetrazione nel Sud e nel Nord Est, nelle fasce meno scolarizzate e meno giovani della popolazione italiana.

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Ma è l’analisi socioculturale a riservarci delle sorprese. Se in passato il fenomeno si associava a una lettura interpretativa di tipo conservativo, chiusura, insicurezza, attaccamento alle tradizioni, oggi il razzismo si presenta in forma diversa: vocazione autoritaria, particolarismo, attenzione spasmodica all’aspetto e all’apparenza, pragmatismo che si ancora a una totale disaffezione ideologica e valoriale. Per fare solo un esempio curioso, i ‘razzisti’ sono anche più sensibili alla pubblicità rispetto agli altri. In pratica, quello che resta del consumismo edonista con tutto il suo impoverimento simbolico. Sono questi gli ingredienti, il mix letale, della pancia xenofoba del paese. Non lasciamoci confondere dalle etichette di facciata, dai simboli di casa Pound, confonderemmo il mezzo con il fine.

Non è possibile sconfiggere questa tendenza (ripeto, più qualitativa che quantitativa) senza contrapporsi alla sua cultura di riferimento. Il razzismo somiglia a un animale addormentato che qualcuno, probabilmente più di uno, è riuscito a risvegliare. E non solo con i proclami contro gli stranieri, ma soprattutto con la sua immagine brillante, che contrappone la praticità alla cultura, l’egoismo alla solidarietà, la prepotenza alla competenza. E’ su questi termini che si giocherà la capacità di politica e istituzioni di risvegliare anche la ‘parte buona della società’ e di darle il giusto peso.

Non ci resta molto altro da fare, la crisi e il sentimento sempre più diffuso di sofferenza e di rabbia soffiano sul fuoco alimentandolo sempre di più, e non ci sono previsioni realistiche di calo.

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