Diritti
Come ti criminalizzo lo studente
A. esce di casa per andare a scuola, come tutte le mattine. Davanti alla scuola il solito assembramento di studenti che chiacchierano un po’ prima di entrare, ma questa volta c’è anche qualcos’altro. Poliziotti e un cane. “Saranno qui per qualcuno”, pensa. Salvo scoprire, presto, che sono lì anche per lui.
A. è un quindicenne dolcissimo, di quelli che in classe preferiscono tacere e incassare piuttosto che rispondere ad una provocazione. Ma ha i capelli di uno o due centimetri più lunghi della media. Noto la cosa nel tentativo di spiegarmi perché i poliziotti siano attirati da lui. Perché A. viene fermato e perquisito; gli chiedono di svuotare lo zaino e di togliere le scarpe. Davanti a tutti gli studenti, che guardano e commentano. Non occorre che spieghi cosa significa questo per un quindicenne.
Non trovano nulla, naturalmente. Mi sorprenderei se scoprissi che nella sua vita di quindicenne A. ha fatto un solo tiro di sigaretta. Me lo vedo venire in classe in ritardo. Confuso, stordito. Umiliato. Ma non protesta: va al suo posto e comincia la sua giornata scolastica quotidiana, pacifico come sempre.
Al pomeriggio leggo il comunicato della Questura. Apprendiamo che è stato approfondito il controllo su quattro studenti. La polizia ci fa sapere che il pastore tedesco si chiama Cora ed ha quattro anni. Quanto ai ragazzi fermati, informa che: “Nessuna sostanza stupefacente è stata trovata, probabilmente perché al circolare della notizia del controllo in atto gli studenti se ne sono disfatti.”
Dunque: perquisiscono A. perché ipotizzano che faccia uso di droghe. Non c’è nulla che li autorizzi ad ipotizzarlo, ma loro ipotizzano lo stesso. Del resto, hanno dalla loro la maggioranza benpensante, che dice che le leggi vanno fatte rispettare, che se uno è a posto non ha nulla da temere, eccetera. Ma c’è qualcosa che non va. A. è a posto, non dovrebbe avere nulla da temere. Ma oltre ad essere umiliato davanti a tutti, viene poi pubblicamente calunniato. Si insinua che sia drogato anche se non ha la droga addosso. Che se ne sia disfatto prima dei controlli. Dopo aver assistito alla scena ed aver letto quel comunicato, chiunque è autorizzato a pensare che A. sia una persona poco raccomandabile. Non lo crederà mai chi lo conosce, ma sono pochi quelli che lo conoscono bene.
Se un adulto fosse sottoposto ad un simile trattamento, si parlerebbe di violazione dei diritti umani. Si ricorderebbe che esiste un diritto all’onore e alla reputazione, che chiunque è innocente fino a quando non si dimostri il contrario, eccetera. Ma A. non è che un quindicenne. Questa, a ben vedere, è la sua colpa. Avere quindici anni è una macchia che fa aggio su qualsiasi qualità positiva. Si può toccare la santità, ma in quanto adolescenti si è sempre soggetti poco raccomandabili. Liberamente, pubblicamente perquisibili. Liberamente, pubblicamente umiliabili. Colpevoli contro ogni evidenza.
Domani A. si alzerà come sempre per venire a scuola. Mi chiedo cosa penserà, nel tragitto. E mi chiedo cosa gli dirò io, rappresentante di un mondo adulto che ha paura di lui e di quelli come lui, con i quali non riesce più a dialogare.
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