Agroalimentare
Caporalie Hebdo
Lo chiedo a chi è rimasto scioccato dalla vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto: quanto vi indigna la stessa macabra rappresentazione applicata ad un’altra vicenda drammatica? Spero quanto basti almeno per sollevare il tema. Perché anche qui non c’è niente da ridere (condizione, abbiamo capito, non necessaria per la satira), ma da riflettere sì. Però si tratta di immigrati sfruttati (tema apparentemente meno sensibile), costretti a marcire nei campi, spesso intossicandosi per via dell’uso scriteriato di pesticidi. Molti ci lasciano le penne (qualche decina di morti solo nel 2015). E qui non c’entra alcuna fatalità, il che rappresenta certamente una aggravante. Di cosa stiamo parlando? Del triste fenomeno del caporalato, una di quelle realtà che non guadagna facilmente titoloni sui giornali, se non fosse per l’attività di uomini come Marco Omizzolo, che da anni si (pre)occupa di questa piaga difendendo i diritti dei lavoratori dallo sfruttamento e dal dominio della grande distribuzione organizzata. Lotta al fianco degli immigrati nell’agro pontino (tra Sabaudia e San Felice al Circeo), dove molti di questi braccianti sono indiani della comunità sikh.
Ebbene, il sociologo e presidente di “In Migrazione”, pochi giorni fa ha subito la quarta intimidazione nel giro di pochi mesi. Questa volta, “ignoti” gli hanno squarciato le gomme della macchina. Ma come ironizza lui stesso su Facebook, “di sicuro si tratta di animali”. Insomma, le sue battaglie, i suoi studi, i suoi dossier, danno molto fastidio. Non solo, in alcuni casi provocano anche risposte sconclusionate da parte di organizzazioni del settore, come successo recentemente con “Italia Ortofrutta” in merito alla polemica sul “caso Latina” e riportata sul sito Possibile.com . Nella lettera aperta inviata al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che interviene dopo una serie di controlli effettuati in provincia di Latina, si legge: “Crediamo di non meritarci l’appellativo di schiavisti e sfruttatori e la denigrazione di intere aree di produzione – in cui si ha il meglio dell’agricoltura italiana – a ghetti per immigrati da sfruttare. Anzi rivendichiamo con forza il ruolo essenziale svolto dalle nostre OP anche per le politiche di integrazione. Aziende che pur avendo difficoltà economiche danno lavoro agli immigrati contribuendo a impiegarli in un’attività produttiva e a limitare comportamenti sociali negativi e la delinquenza”. Come dire, o lavorano qui o rubano. Proprio un bel messaggio, come lo stesso studioso ha sottolineato.
In ogni caso, a Marco Omizzolo non dobbiamo solo un gesto di solidarietà per l’intimidazione subita, ma è necessario un sostegno concreto. Serve, innanzitutto, che la politica e le istituzioni diano un seguito alle numerose denunce che ha sollevato. Non va lasciato solo.
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