Diritti

Caini d’Italia. Vercelli non è una città per gay, poveri e invalidi

22 Luglio 2019

La Vercelli istituzionale, non facendosi disturbare in alcun modo da qualsivoglia forma di intelligenza o di civiltà, in queste ultime ore, ha provato a far chiarezza sulla sua nuova linea politica. Impavida, naturalmente. Come solo le linee politiche della destra intestinale nostrana sanno essere, a ogni latitudine.

Per farci un’idea, così si è espresso, su Facebook, Giuseppe Cannata, medico e vicepresidente del Consiglio comunale vercellese in quota Fratelli d’Italia, a proposito del Pride: “E questi schifosi continuano imperterriti. Ammazzateli tutti ste lesbiche, gay e pedofili”. Insoddisfatto, ha poi aggiunto: “Feccia d’Italia, lesbiche e gay”.

Ricapitolando, ci troviamo al cospetto dell’invocazione di molteplici assassinii, sulla base delle preferenze sessuali e in pubblica piazza, da parte di un uomo delle istituzioni. Dal profondo senso delle istituzioni, diremmo. E, per giunta, medico.

Data l’appartenenza partitica e prendendolo sul serio (l’impostazione cannatiana non ci è parsa tra la fumisteria e il mattacchionico), potremmo definirlo, più che un generico fratello d’Italia, un Caino d’Italia. Un Caino per interposta persona, ovviamente. Portavoce di quella primogenitura intrisa di orgoglio patrio incapace di tirarsi indietro quando ci sono dei confini da difendere. Che siano essi nazionali, socio-economici, culturali, sessuali, storici o religiosi. Primogenitura non anagrafica, ma, a sentir loro, ontologica. Cainica, all’occorrenza, se la secondogenitura, sempre ontologica, pretende diritti. In sintesi cannatiana: “Ammazzateli tutti”. Robetta, no?

Quel genere di erroruccio di “comunicazione” (non di sostanza, eh, mai sia!) che, in fondo, ci diranno più in là, va compreso, perché a commetterlo è stato l’esponente di una classe dirigente, nuova di zecca, che ama sintonizzarsi per tentativi ed errori, proponendosi come fumantina e sopra le righe, con i controcazzi, pur di parlare lo stesso linguaggio del popolo.

Fidatevi, il sacrosanto popolo, durante la fase di post-indignazione, verrà tirato in ballo ancora una volta nelle sedi problematizzanti simil-giustificazioniste e in quelle controcazziste, appunto. È la creatura retorica più inseguita, più fantomatica, più vuota e, per questo, più comoda. Creatura retorica che, a detta dei timorosi, tenderebbe a premiare tali encomiabili toni gonfiando nei sondaggi, quasi in automatico, le percentuali di coloro che li praticano.

Creatura retorica, il popolo, che, per definizione, sembrerebbe nutrirsi esclusivamente di esigenze retoriche. In quanto, una volta bypassata la martellante macchina propagandistica dei propri referenti politici – che non hanno in programma nessun serio miglioramento delle esigenze materiali dei più ma solo categorie antropologiche da discriminare –, può unicamente prendere atto dell’integro permanere, per niente scalfito da tanto sbraitare reazionario, della propria condizione disagiata di partenza. Ammesso che una creatura retorica possa avere una coscienza e prendere atto di alcunché.

Ma, attenzione, il nostro racconto non finisce qui. Infatti, la Vercelli istituzionale, memore del Machiavelli che dice “le iniurie si debbono fare tutte insieme, acciò che, assaporandosi meno, offendino meno”, qualche ora prima “dell’ammazzateli tutti”, aveva già dato prova della propria indole gentile, esponendo al pubblico ludibrio un invalido rivoltosi al comune in cerca di sostegno.

In questo caso, l’artefice dell’erroruccio di “comunicazione”, sulla medesima piattaforma social, è stato Emanuele Pozzolo, assessore alle Politiche Giovanili, nonché segretario provinciale di Fratelli D’Italia. Foriero anch’egli di una concezione di “fratellanza” piuttosto originale, sebbene non cainica per interposta persona. Un gaffeur, per gli ottimisti.

Ecco il post: “Occupante abusivo di casa. Reddito di cittadinanza in saccoccia. Vengono, ovviamente, tagliate le utenze (…). Ah, ecco l’Italia. Quella dove imprenditori, professionisti e famiglie vengono munti dallo Stato fino al sangue: ma dove migliaia di parassiti vivono alle spalle degli altri”. In chiosa, il colpo da maestro: “#poverapatria”.

La risposta della compagna del cittadino vilipeso: “Il mio compagno è un invalido civile al 100 %, trapiantato di midolleo osseo, che spera di sopravvivere ancora per qualche anno (siamo ancora nella fase di verifica del rigetto). Non è un parassita, come lei lo ha nominato (…). Per le sue gravissime condizioni di salute non è assolutamente in grado di lavorare, né tantomeno di andare in vacanza. Grazie al reddito di cittadinanza sopravvive, ma non riesce a pagare né le bollette, né l’affitto di una casa. Viviamo senza luce, acqua e gas e siamo italiani. Stupisce che un assessore che viene interpellato per risolvere il caso umano di un invalido civile al 100 %, risponde su Facebook, mettendo in piazza notizie nemmeno veritiere. Grazie per il servizio che ha reso ad un cittadino che si è rivolto a lei per un problema serio”.

Ricapitolando: prima gli italiani, ma solo se maschi, bianchi, eterosessuali, classe media, di sana e robusta costituzione. Gli omosessuali “sono feccia” e vanno “ammazzati”, i poveri e gli invalidi nostrani sono dei “parassiti” che vanno abbandonati e umiliati pubblicamente, mentre i poveri d’oltremare vanno aiutati a casa loro, e sappiamo come.

La parola, ormai sfinita, è pronta a sciogliersi in bile. Per la millesima volta. Eh si, povera patria.

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