Diritti
Aumenta la povertà, tra loro tanti italiani (anche giovani)
Basta farsi un giro a Pane Quotidiano per capire cosa sta accadendo in Italia. Pane Quotidiano è una Onlus apolitica e no profit che ormai da oltre 20 anni distribuisce cibo ai poveri della città di Milano. La grande Milano. La città da bere, la locomotiva d’Italia. Quella in cui gli affitti partono da almeno mille euro, ed in cui il costo” calmierato” al metro quadro per l’acquisto di una casa è di 2500 Euro al metro quadro. Il che vuol dire che una casa in periferia non costa meno di 250.000 Euro, ovvero mezzo miliardo di vecchie lire.
Qui in questa oasi di solidarietà, chi non ha da mangiare, chi non ha di che vivere, chi ha qualcosa ma non abbastanza per sopravvivere oppure coloro che devono scegliere se pagare una bolletta oppure da mangiare, trova di solito un pacco di
Yogurt, formaggio, frutta, pane, verdura. Che può raddoppiare se ci si presenta
con più figli.
Nel capoluogo lombardo ha due sedi: in Viale Monza e in Viale Toscana. Apre alle 7.45 del mattino ma già dalla 6.30 si possono trovare centinaia di persone in attesa, in fila.
Sono circa 1900 persone al giorno in Viale Monza e le persone servite possono aumentare fino a 2500 nel giorno del sabato.
È un paradigma economico dello stato dell’arte in città. Venti anni fa erano soprattutto immigrati e stranieri a bussare alle porte di chi offriva cibo a chi ne aveva bisogno. Adesso invece osservando le persone che si mettono in fila, si riconoscono soprattutto italiani. Uomini e donne, in pensione, che con la minima o con somme di poco superiori non ce la fanno a mettere insieme il pranzo con la cena. Poi ci sono i clochard, i senza tetto, gli immigrati, da poco anche i rifugiati ucraini.
Negli ultimi due anni, dopo la pandemia, la situazione si è ulteriormente aggravata. In fila si riconoscono decine di donne giovani con i loro bambini, la cui condizione economica impedisce d’iscriverli in un asilo.
Si vedono centinaia di giovani ciascuno con la propria storia. Sono ragazzi italiani padri di famiglia, o neo mamme, che vanno a prendere quello che il welfare milanese offre. E giovani che studiano e lavorano, che se la cavano da soli, con un sostegno parziale da parte della famiglia, il cui welfare sono realtà come queste. Oppure ancora ragazzi che un’occupazione non ce l’hanno e vivono di espedienti: lavoretti in nero, oppure pagati pochissimo.
Ci sono ragazzi senza scarpe con ciabatte da mare, quando fuori il freddo picchia. Si vedono signore comunque truccate che entrano con grande pudore “a fare la spesa”, l’unica che possono permettersi. Si vedono anziani tremolanti, poveri di strada, qualcuno afflitto dal maldipancismo da telecamera.
La gran parte di loro riesce comunque a sorridere. Il padre di famiglia, il cinesino con il deambulatore, il ragazzo giamaicano che studia in Italia e lavora da precario e non riesce a sbarcare il lunario.
Una platea di umanità varia in cui si riconosce la persona che ha veramente bisogno, sono i più, e quelli che millantano una difficoltà e poi vanno a rivendersi il poco che hanno avuto come dono.
Fuori all’aperto fa un freddo tremendo ma la gran parte delle persone sorride. Uno dei volontari della Onlus milanese, attualmente senza lavoro, e volontario per scelta, dice: “a me fa bene stare qui”.
Il senso della precarietà e della sua paradossale gioia si coglie da queste sfumature. “Mi fa star bene quando riesco a dare, anche se ho poco”.
Quanta differenza e quanta dignità rispetto a certi “palazzi.”
Ecco le immagini
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