Calcio

A Sky sport decidono cosa non farci sapere: la censura preventiva sul razzismo

28 Dicembre 2018

C’è un dislivello sin troppo doloroso tra la veemenza istituzionale con cui il questore Cardona ha consegnato i delinquenti di San Siro al pubblico ludibrio, con le definitive sanzioni che seguono, e il baloccamento della giustizia sportiva che assesta il suo benevolo scappellotto ai barbari dello stadio, negando alle curve tre misere partite, mentre due assenze toccheranno all’intera comunità nerazzurra. Le anime belle, al solito, ci raccontano che così si colpiscono le persone buone e civili, rispetto ai “pochi” delinquenti e come non annoverare, tra le anime belle, anche il ministro Salvini. Non dibatteremo la questione, avendo visto troppo e da troppi anni: semplicemente gli infami, lo stadio non lo devono vedere più.

Piuttosto, è interessante capire cosa è arrivato ai cittadini di tutto questo. Il tramite  sarebbe ancora l’informazione. Nel caso in questione, cioè Inter-Napoli, il tramite è stato Sky sport. Sky ha una grande responsabilità per tutto quello che riguarda l’evento sportivo, essendone monopolista. In questo caso, al racconto puramente sportivo si sono unite questione molto più complesse, come le violenze tra tifosi e gli atti di inciviltà come gli ululati razzisti all’indirizzo dei giocatori. Ovviamente, niente di tutto questo cade dal cielo così, in maniera inaspettata. Il (tele)cronista che va a lavorare in uno stadio sa di non essere più semplicemente un giornalista di settore, lo sport, ma di dover garantire alla comunità che lo ascolta l’intero appannaggio dei sentimenti giornalistici, compresi i fenomeni sociali di cui sopra. Siamo certi che sotto   questo cielo Sky abbia formato dei buoni giornalisti.

In regime di monopolio, l’impegno di Sky è, se vogliamo, ancora più delicato. Perchè non si rivolge solo alla sua comunità di abbonati, che pure è copiosa. La platea è molto più ampia, ogni televisore acceso porta generalmente molte più persone. Ecco, la domanda è semplice: cosa ha percepito questa grande comunità di tutto quello che stava accadendo dentro e fuori da San Siro? Sostanzialmente nulla. Eppure dentro lo stadio è successo molto, in termini sociali. Un giocatore è stato continuamente preso dai mira dai razzisti. Noi da casa questo non lo abbiamo capito. Eppure eravamo attenti, eppure siamo anche del mestiere (ma potemmo essere degli incapaci o peggio insensibili, per cui abbiamo chiesto in giro, niente anche lì). Ci è arrivato distintamente solo una sottolineatura (inappuntabile) di Trevisani sugli ululati a Kuolibaly, delle tre volte plateali in cui lo stadio si è macchiato di questa infamia. In uno scambio su Twitter con il direttore De Bellis, lui ci ha garantito che il telecronista lo ha fatto per tre volte, ogni volta che è accaduto. Non ne dubitiamo, diciamo che gli effetti a casa non sono arrivati. Ma non è neanche questo il punto.

Il punto è Sky ha deciso di sterilizzare preventivamente la questione razzista, privandoci dunque del nostro diritto a essere pienamente informati su quello che di  osceno stava accadendo. Lo ha formalizzato senza troppe cerimonie proprio Caressa nei minuti iniziali del ”Club”, quando all’improvviso un Carlo Ancelotti dalla precisione millimetrica ha mostrato che il re era nudo: “Per tre volte abbiamo posto ufficialmente al direttore di gara la questione degli ululati razzisti a Koulibaly”. Nello studio è calato il gelo, nessuno degli autorevolissimi ospiti, da Bergomi a Costacurta, ad Ambrosini, si era accorto di nulla. A quel punto Caressa, completamente spiazzato, ha formalizzato la teoria Sky, secondo cui «Noi preferiamo non enfatizzare certe manifestazioni, per non dare sponda agli imbecilli».

Quindi. All’interno di Sky sport, il problema è stato preventivamente dibattuto. Immaginiamo una discussione molto franca, persino accesa. In cui, alla fine, ha prevalso una linea tranquillizzante, la via giornalistica alla rassicurazione. Il dovere di informare si è trasformato nella valutazione se informare o no. E nel caso di fenomeni razzisti, probabilmente la cosa più grave che può accadere all’interno di uno stadio, si è deciso di “non enfatizzare”. Certo mossi da lodevoli intenzioni, Sky ha operato una clamorosa censura preventiva. Può magari andare bene mille volte, ma ci sarà sempre quella volta che la ciambella riesce male. Questa è stata la volta. Avete fatto un cattivo lavoro. Sarebbe semplice riconoscerlo. Sarebbe semplice interrogarsi sul perchè non siamo stati informati delle tre occasioni in cui il Napoli ha posto ufficialmente la questione sul campo. E molto altro.

Ancora un punto sul nodo di una scelta, la scelta di non enfatizzare. Quando si prende una decisione così delicata, che comporta un carico di responsabilità enorme, come privare i cittadini a casa di alcune, fondamentali, informazioni, si pensa generalmente alla platea a cui ci si rivolge. Che, nel caso, non era una platea di facinorosi all’interno di un’arena inferocita, ma gente che sta a casa con le patatine e un bicchier di vino o un’aranciata. Cosa pensavate di scatenare, raccontando semplicemente quello che stava accadendo all’interno dello stadio, una rivolta degli abbonati? Ma siamo seri.

Un’ultima questione, forse la più indecorosa. Decidendo in via preventiva cosa era meglio per noi, e negandoci ciò che voi credevate il peggio, ci avete considerati dei poveri coglioni in balia di un’instabilità emotiva. Noi siamo tutte persone che sanno ragionare con la propria testa e voi, cari ragazzi di Sky, ci dovete considerare per quello che siamo, gente adulta che valuta, che ponderato, che trae civilmente le sue conclusioni. Non è più il giorno di negarci alcunchè che riguardi il diritto primario all’informazione.

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