Diritti

27 Gennaio: la fragilità della memoria

25 Gennaio 2019

Il mese di Gennaio è dedicato ormai da anni alla organizzazione di iniziative ed eventi volti a ricordare la Shoah. Il 27 Gennaio 1945 il lager di Auschwitz venne liberato dall’esercito russo e per questo il 27 Gennaio è stato istituito il “Giorno della Memoria”.

Ma oggi che cosa significa “memoria”? Il governo italiano invita le scuole a commemorare le vittime dell’Olocausto e di politiche di epurazione razziale che infestarono l’Europa nel secolo scorso. Tuttavia, nel contempo, lo stesso governo opera scelte che sembrano porre gli esseri umani su gradi diversi di dignità: prima gli italiani, poi “gli altri”; e se gli altri naufragano nel mare d’inverno ci sarà sempre una convinzione autoassolutoria: non è razzismo … non possiamo accoglierli tutti … l’Europa deve prendere coscienza che il problema dei migranti è un problema comune … Intanto, però, le persone naufragano e con loro si inabissano anche le speranze di un mondo diverso. Recentemente è stato ricordato il caso del quattordicenne del Mali morto nella strage del Mediterraneo del 2015: aveva la pagella cucita addosso, credeva che i buon voti scolastici gli avrebbero garantito la stima del popolo italiano, una buona accoglienza e forse anche un lavoro. Non è andata così, perché l’Italia non è un Paese civile: della cultura e delle pagelle importa poco a un governo che pare focalizzato solo verso orizzonti pragmatici e che ha fatto della semplificazione il diktat di ogni strategia politica. E, appunto, semplificando ha trascurato che tra i porti chiusi e la violazione dei diritti umani il passo è breve, perché quello che manca è la cultura, la capacità, cioè, di considerare le conseguenze dell’agire e non solo i vantaggi immediati, le questioni di principio, le lotte muscolari per apparire forti.

Oggi che cosa significa “memoria”? Non si tratta di solo di compiangere le vittime dell’Olocausto, ma di essere consapevoli dell’humus nel quale si consumò la Shoah: leggi razziali, ostilità diffusa contro lo straniero-ebreo pregiudizialmente stigmatizzato come capro espiatorio di disagi sociali.

Che cosa significa “memoria” se non si ha il coraggio di ammettere che oggi il clima non è poi così dissimile rispetto al passato? Demonizzazione dello straniero, sentimenti di intolleranza che spesso sfociano in atti di aperta discriminazione, politiche di sicurezza e di chiusura nazionalistica che si traducono in una totale cecità verso i bisogni e le paure di chi sfida il mare e l’ignoto nella speranza di salvarsi dall’orrore di una vita intollerabile, dalle guerre, dalla povertà: storie di cronaca.

Dunque che cosa significa “memoria”? Ai nostri alunni e ai nostri figli che cosa spiegheremo? Forse saremo costretti a dire, come ha scritto Zygmunt Bauman nel saggio Le sorgenti del male, che siamo incorreggibili e continueremo a percorrere le strade già battute. Assoggettati come siamo, per natura o per addestramento, a cercare di trovare la via più breve verso l’obiettivo che perseguiamo e che crediamo meriti di essere perseguito, le sventure (e in particolare le sventure sofferte da altri) non ci appaiono come un prezzo eccessivamente alto da pagare per abbreviare il percorso, tagliare i costi e aumentare gli effetti.

Se per tagliare i costi occorre tagliare vite, va fatto: la chiamano semplificazione, è un effetto della crisi epocale, dell’emergenza in atto.

Dopo gli orrori del passato non siamo stati capaci di immaginare e realizzare un presente migliore.

Bauman precisa ancora: la calamità morale del nostro tempo non nasce da perfidia o da disonestà, bensì da  un deficit di immaginazione, che, naturalmente, è un deficit di cultura.

 

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